Home Il collegio Il Collegio 7, il prof. Maggi a TvBlog: “Quest’edizione è una grande sfida. E vi farò piangere…”

Il Collegio 7, il prof. Maggi a TvBlog: “Quest’edizione è una grande sfida. E vi farò piangere…”

No, non abbiate paura: il prof. Maggi non ha cambiato mestiere né attitudine in quest’edizione de Il Collegio: diciamo che ha in serbo qualcosa di speciale

18 Ottobre 2022 08:00

È tutto pronto per la settima edizione de Il Collegio, il reality show di Rai 2 dedicato ai teen che è ormai uno dei titoli di punta della rete e del prime time della Rai, oltre ad essere uno dei programmi più forti sul fronte web, tra le esclusive di RaiPlay, i contenuti disponibili su YouTube e l’engagement social grazie al target di riferimento. Di questa settima edizione – che debutta con un doppio appuntamento in onda questa sera, martedì 18 ottobre, e domani, mercoledì 19, ovviamente in prima serata – abbiamo avuto già notizia delle principali novità, ovvero la voce narrante di Nino Frassica e l’ambientazione nel 1958, che porta con sé, però, una sostanziale innovazione, ovvero la separazione degli allievi in due diversi indirizzi: la scuola Media, per un eventuale prosieguo degli studi, e l’Avviamento professionale. Una differenziazione che potrebbe portare a ulteriori dinamiche tra i ragazzi, oltre a quelle ‘canoniche’ che li vedono ‘opposti’ ai docenti e che li coinvolgono sul piano degli affetti personali.

Di tutto questo abbiamo avuto il piacere di parlare col prof. Andrea Maggi, veterano de Il Collegio, dal momento che fa parte del corpo docente fin dalla sua prima edizione. Sette anni di ‘collegio’ che si uniscono ai 18 di insegnamento nelle scuole italiane, quelle ‘vere’, quelle di fatto attive tutti i giorni, e tutto l’anno, e che sono state la principale palestra per avere a che fare con i protagonisti del reality di Rai 2. Anzi, a sentirlo parlare, sembra proprio che il programma tv sia una ‘passeggiata di salute’ rispetto all’impegno, alle responsabilità e alle difficoltà quotidiane vissute nella scuola pubblica. E non facciamo alcuna fatica a credergli.

Se non avete ancora avuto il piacere di conoscerlo, per darvi un’idea della sua autorevolezza anche ‘a distanza’, vi basti sapere che abbiamo avuto difficoltà ad abbandonare il ‘Lei’ per tutta la durata di questa – per noi di certo – piacevole chiacchierata. Tono calmo, stile asciutto, prosodia autorevole fanno sì che si diventi subito ‘allievi’, pur senza mai avere la sensazione di avere di fronte una controparte ostile. E allora partiamo proprio dal ruolo del professore ne Il Collegio… e non solo.

Professor Maggi, ben ritrovato. Nonostante sia il settimo anno che insegna ne Il Collegio, ogni anno fa storia a sé. E allora presentiamoci al pubblico: chi è, e com’è, il prof. Maggi del 1958? C’è qualche differenza di atteggiamento e di condotta rispetto alle precedenti edizioni?

Beh, il professor Maggi del 1958 insegna nell’anno in cui suo padre aveva 14 anni e ascoltava in radio Nel blu dipinto di blu per la prima volta… Fa senza dubbio fa un balzo indietro nel tempo davvero straordinario e ha a che fare con una scuola molto diversa da quella a cui siamo abituati, con questa diversa impostazione tra scuola media e avviamento professionale. Quest’anno Il Collegio è veramente una grande sfida perché ci porta in una scuola e in un mondo scolastico davvero molto lontano e molto diverso da quello che conosciamo oggi. Il professor Maggi è un professore intransigente, ma come sempre sul lato umano non avrà la sua parte.

Diciamo, però, che questo mix di intransigenza e disponibilità si mantiene costante nelle varie edizioni…

Questo è vero, anche perché io sono effettivamente così (ride, anzi ridiamo). Nel mio primo anno d’insegnamento, il 2004, per decidere quale classe assegnarmi il dirigente che mi accolse mi chiese: “Ma lei ha il pugno di ferro o il guanto di velluto?”. Io risposi: “Entrambi uno sopra l’altro”. Ovviamente mi diede la sezione peggiore (Ridiamo ancora). Fu un banco di prova molto, molto interessante.

Beh, avere a che fare con le sezioni peggiori ti ha preparato per Il Collegio, no? 

Ma infatti! In fondo Il Collegio per me è una situazione all’ordine del giorno. Certo, nel corso degli anni la scuola è cambiata e non mi sono capitate solo classi difficili, ovviamente, altrimenti c’è di che andare fuori di testa. Ma al Collegio ci sono arrivato allenato, molto allenato.

A favore di chi non bazzica quotidianamente le scuole, quanto una classe de Il Collegio è lontana da una classe ‘media’ di coetanei? 

Guarda, devo dire che la classe de Il Collegio mi dà la sensazione di essere effettivamente in una classe ‘reale’ perché i ragazzi che compongono la classe del Collegio rispecchiano perfettamente le dinamiche e i caratteri che ha una classe ‘normale’. Nella realtà ce ne sono anche di peggio, di molto peggio, soprattutto in determinati contesti. La cosa interessante della classe de I Collegio è che porta sullo schermo televisivo ogni tipo di studente. Ciascun collegiale rappresenta un diverso tipo di studente che possiamo incontrare in una classe comune.

Una sorta di ‘sintesi’ della scuola pubblica, intendi?

In una qualsiasi classe italiana c’è lo studente che viene dal quartiere bene, quello che viene dalla campagna, c’è quello che viene dalla periferia metropolitana… Ogni classe raccoglie un panorama di situazioni molto vasto e assolutamente interessante: per me, come insegnante, è un arricchimento fantastico. Con Il Collegio hai a che fare in un colpo solo con tutti gli studenti d’Italia ed è un’occasione che, sia professionalmente che umanamente, mi arricchisce moltissimo. Poi, chiaro, i collegiali ti fanno arrabbiare (ride), ma non tanto in più di quanto ti fanno innervosire quelli ‘reali’.

Qui però ci sono anche le telecamere: questo ‘carica’ i loro comportamenti?

Beh, i ragazzi del Collegio sanno di essere in un programma televisivo, ne sono consapevoli. Questo è un reality, non è la realtà, sia ben chiaro, altrimenti sarebbero filmati a loro insaputa. Loro, dunque, sanno che andranno in tv. Il gioco del reality, però funziona, e riesce a mantenere quella spontaneità propria dei ragazzi perché riesce a mescolare le carte, a spiazzare, a creare situazioni alle quali i ragazzi non erano preparati. Dopo 6 edizioni i ragazzi ormai fanno dei ‘piani’ sul loro percorso, entrano immaginando di tenere un determinato comportamento, ma c’è sempre qualcosa che scombina i loro piani. Del resto è una cosa che capita anche a me, facendo lezione: magari entri in classe con una lezione in mente, ma ti rendi conto che è in atto una certa dinamica o è successo qualcosa di particolare. E allora cambia tutto e ti ritrovi a fare lezione su tutt’altro o a gestire una situazione inattesa. Nel momento in cui entri in classe può cambiare tutto. Devi avere un forte spirito di adattamento, altrimenti non sopravvivi…

Il fatto che Il Collegio raccolga i vari archetipi dello studente della scuola di oggi è il motivo che lo fo amare tanto ai giovanissimi? Sappiamo infatti che è straordinariamente seguito non solo dai teens, ma anche da bambini di 7/8 anni…

Altrochè! Mi è capitato di incontrare delle bambine mie ‘fans’ e dopo la foto di rito ho chiesto loro se seguivano Il Collegio. “Sì, sì! Noi giochiamo a fare le Fazzini!*” mi hanno risposto (e si sorride). Non solo, dunque, i ragazzi de Il Collegio rappresentano degli archetipi, dal leader al fannullone, al secchione etc., ma diventano addirittura dei punti di riferimento. Anche perché quel che fanno nelle puntate rimbalza sui social, il medium preferito per i ragazzi. Così li conoscono, si affezionano e li trasformano in icone. Questo è il segreto, secondo me, del successo e della popolarità del programma tra i giovani, ovvero che non è ‘solo’ un programma televisivo, ma è qualcosa di più. Questa è la grande novità del programma. E fintanto che rimbalzerà sui social network lo sarà.

Il collegio 7

Meno entusiasti, magari, gli adulti. Un po’ di idiosincrasia c’è. Magari fanno fatica a relazionarsi con il programma un po’ per le modalità, un po’ per il linguaggio, un po’ perché non sono il target. 

Effettivamente un po’ di idiosincrasia c’è, per cui tanto il programma è popolare tra i ragazzi, tanto c’è diffidenza tra gli adulti. Però è anche vero che una parte degli adulti, e lo riscontro quotidianamente, riconosce al programma il fatto di essere una finestra molto interessante sul mondo degli adolescenti. Non solo genitori di adolescenti, ma soprattutto genitori di bambini ancora alle elementari, che vogliono capire chi sono gli adolescenti di oggi e anche capire, forse, come diventeranno i loro figli quando saranno adolescenti. C’è dunque una fascia di adulti che guarda il programma con molta attenzione.

Come racconterebbe agli adulti questo programma, dunque, e perché dovrebbero guardarlo, secondo lei?

Ecco, se dovessi dire qualcosa agli adulti per stimolarli a guardare Il  Collegio direi due cose: la primo è che un programma divertente; la seconda è che è una buona opportunità per entrare in contatto con il mondo dei giovani, perché attraverso Il Collegio si può percepire il loro, il loro linguaggio, il gergo, il loro modo di parlare, il loro modo di rapportarsi l’un con gli altri e a volte gli adulti restano scandalizzati dalle modalità o dagli approcci che hanno, però bisogna anche avere un approccio un po’ più rispettoso e guardare effettivamente cosa fanno e come si comportano questi adolescenti che per la prima volta forse nella loro vita si trovano in un ambiente in cui non ci sono schermi.

Non ci sono schermi tra loro? In tv?

Beh, sì, perché paradossalmente è la prima volta che sono nudi gli uni di fronte agli altri, senza devices a proteggerli: devono rapportarsi realmente gli uni con gli altri. Devono, quindi, attivare i ‘rapporti umani’, quella cosa che negli anni, anche a causa del Covid, hanno perso nel tempo. Per questo è davvero una finestra molto interessante che suggerirei a tutti gli adulti, soprattutto a tutti quegli adulti che fanno dei giovani di tutta l’erba un fascio, cioè che parlano sempre male di tutti i giovani. “I giovani sono apatici… i giovani sono irrispettosi…”. No, attenzione! Ci sono giovani e giovani. Io lo vedo tutti i giorni nelle classi, però non tutti hanno il privilegio di conoscere i giovani così come li conosco io, per il lavoro che faccio. Per cui magari guardate Il Collegio e rendetevi conto di che mondo sfaccettato sia.

Diciamo anche che Il Collegio vive un po’ di una contraddizione insita nel titolo stesso: si rimanda a una severità capace di ‘raddrizzare’ anche i più ribelli, ma alla fine si assiste a una generale condiscendenza verso i ragazzi. Insomma, per qualcuno le premesse potrebbero non essere rispettate, il che può creare ‘delusione’ o disorientamento.

Allora, partiamo col dire che le regole di questo gioco sono molto semplici: gli adulti fanno gli adulti e i ragazzi fanno i ragazzi. Noi adulti imponiamo le regole e le facciamo seguire; gli adolescenti, per definizione, sviluppano e creano la propria personalità sfidando le regole: sfidano l’adulto per capire qual è il limite. Questo è il gioco delle parti, questo determina la sfida e quindi crea lo spettacolo. Tutto qui. Paradossalmente questa è una cosa che per molti adulti è una novità nel senso che purtroppo, e lo dico come dato di fatto, i ragazzi hanno a che fare con adulti che non mettono limiti e questo è un danno per i ragazzi, perché non riescono a capire il senso del limite e rischiano di farsi molto male. Crescere, invece, vuol dire anche sbattere contro i muri della legge: bisogna far capire ai ragazzi che esistono delle regole e che bisogna sbatterci contro. Ne vien fuori una sorta di acceleratore di particelle: quello che vien fuori da questo scontro può diventare una risorsa per crescere.

Crescita, dunque, è una delle parole d’ordine de Il Collegio, insieme a regole. Ma come evidenziava anche nell’intervista concessa lo scorso anno a Fabio Morasca è soprattutto intrattenimento, col quale si può fare però anche cultura, vista la quantità di visualizzazioni che le clip sulle lezioni registrano online. Ecco, quanto è sentita questa responsabilità culturale in fase di scrittura autoriale? O il tutto è affidato solo alla sensibilità dei docenti?

Diciamo che c’è una volontà autoriale di far riconoscere Il collegio come ‘scuola’. C’è la volontà di portare sullo schermo anche contenuti culturali, non solo legati ai rapporti interpersonali tra i ragazzi. Gli autori, dunque, mi hanno sempre chiesto qualità nella scelta degli argomenti e ho sempre avuto totale libertà. Devo dire che come insegnante ho trovato nel Collegio uno stimolo davvero interessante per scovare quali potessero essere gli argomenti che potessero far breccia sui ragazzi, che potessero colpire la loro sensibilità, che potessero toccare determinate corde. L’aspetto culturale, dal punto di vista degli autori, dunque, è molto sentito. Vedo, però, che anche il pubblico apprezza tantissimo: ci sono lezioni che hanno ormai più di un milione di visualizzazioni. Io non ho mai avuto una classe così grande! Un milione! Devo dire che è una grande responsabilità.

Il collegio 7

A proposito di lezioni, la differenziazione tra scuola Media e scuola di Avviamento Professionale si annuncia come un’ulteriore fonte di scintille anche tra i ragazzi. Dobbiamo aspettarci qualche eco di ‘lotta di classe’? A cosa o a chi dobbiamo prestare più attenzione in questa edizione?

Entrambe le classi forniranno del materiale interessante ed entrambe hanno le proprie difficoltà. Abbiamo comunque a che fare con ragazzi che sono abituati a una scuola inclusiva e che ora devono misurarsi con una suddivisione… Ci saranno quelli più portati per l’una o per l’altra, ma si ritroveranno nella classe che avrebbero preferito? Chissà… Ci troviamo di fronte a un esperimento a mio avviso ben pensato dagli autori che servirà, secondo me, anche a capire e a valorizzare i progressi che la scuola ha fatto negli anni.

Un contenuto formativo anche per capire cosa è la scuola oggi e soprattutto cos’era la scuola ieri?

Beh, oggi l’opinione pubblica tende a parlare, anzi a sparlare’ della scuola come di un carrozzone scassato, ma alla fine, guardando Il Collegio, ci si renderà conto di quanto la scuola, anzi gli insegnanti, pur con i pochi mezzi a disposizione, pur essendo spesso bistrattati e demotivati, riescono a fare delle cose straordinarie. E quando la scuola di oggi sia molto diversa da quella di una volta: oggi si cerca di portare al successo formativo tutti, mentre una voltà era un po’ diverso…

Una scuola di oggi in meglio, dunque, e non in peggio rispetto al passato e rispetto soprattutto agli obiettivi formativi e di inclusione. Bene, io la ringrazio, ma ho ancora una domanda: c’è una lezione che ha preparato con più cura o che dobbiamo seguire con più attenzione?

Beh, diciamo che ce n’è una in particolare… Non posso andare troppo nello specifico e non posso anticipare nulla, ma diciamo che si tratta di una lezione nella quale sgorgherà più di una lacrima…

Bene, allora prepariamo i fazzolettini e auguriamo al prof. Maggi un ottimo anno scolastico, dentro, e soprattutto fuori, Il Collegio.

 

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