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Sanremo 2022, Drusilla Foer tra autoironia, sarcasmo e il monologo sull’unicità

Drusilla Foer regala al Festival di Sanremo 2022 uno dei migliori momenti di questa edizione: ecco come abbracciare una co-conduzione

pubblicato 4 Febbraio 2022 aggiornato 4 Febbraio 2022 11:31

Il progetto di co-conduzioni al femminile voluto da Amadeus per il Festival di Sanremo 2022 ha carburato con molta calma, forse troppa essendo arrivati alla terza serata. Abbiamo avuto una Ornella Muti quasi impaurita dal palco dell’Ariston di Sanremo, poco percepita e sulla quale in tanti si aspettavano qualcosa di più (levate le polemiche). E’ arrivata Lorena Cesarini, attrice alle prime armi con un futuro roseo (ce lo auguriamo) davanti. La sua comprensibile timidezza ha fatto a botte con le parole forti caratterizzanti il bel monologo sul razzismo (seppure tecnicamente troppo lungo).

Drusilla Foer, invece, con una zampata irriverente ha lasciato un’impronta più profonda di ciò che abbiamo visto e sentito sul fronte co-conduzione fino ad ora. E’ chiaro che se poniamo un personaggio che di sarcasmo e autoironia ne mangia a colazione, pranzo e cena si fa bingo. Drusilla porta una ventata di originalità, lo fa con brevi interventi durante l’arco della serata fino a culminare con un monologo da applausi (e sul posizionamento in scaletta di questo monologo ci torneremo, ci torneremo sì).

L’ingresso di Drusilla Foer: un’artista in gara…mancata!

Amadeus chiama la co-conduttrice al suo fianco, scende le scale senza minimamente guardarle come se le sapesse a memoria (più avanti ammetterà: “i primi scalini sono 7 e i secondi sono 8”). Drusilla saluta di passaggio il conduttore e si porta al centro del palco, l’orchestra fa partire un brano come se l’attrice fosse in gara con gli altri 25 artisti.

Amadeus interrompe: “Drusilla non è una cantante, non è in gara. Sarà pure brava però…” lei risponde: “Senta coso, come si chiama? Io sono venuta qui per cantare, non per presentare” Amadeus: “Lei è la mia compagna di viaggio per tutta la serata. Dovrebbe presentare con me le canzoni” Drusilla non cambia opinione (“Coletta (dir. Rai 1) ma non si può fare niente? Nemmeno se vengo a darle bacini?”) ma Amadeus ci mette poco e viene convinta a lanciare l’arrivo di Massimo Ranieri sul palco. E’ già tutta un’altra musica…

Drusilla nelle vesti di Zorro e lo scambio di battute con Iva Zanicchi

Entrata d’effetto a sorpresa (prevista) di Drusilla vestita da Zorro accompagnata dall’orchestra del maestro De Amicis: “Io l’ho riconosciuta!” dice Amadeus “Ma sì dai, per fare qualcosa di eccentrico ma anche per gentilezza – risponde Drusilla Foer – e tranquillizzare tutte le persone che avevano paura e che pensavano “ah un uomo vestito da donna” e allora mi sono travestita“. La co-conduttrice si leva il costume, Amadeus finge la preoccupazione: “Si deve denudare?” ma lei ha la risposta più che pronta: “No dai, farei delle grandi sorprese…

Dopo aver ricevuto belle parole da Michele Bravi: “Sono felice che tu sei qui, la tua presenza vuol dire meritocrazia“, Drusilla incrocia Iva Zanicchi. Fra di loro ne nasce un breve scambio di battute “quanto sei alta?” chiede la cantante, Drusilla risponde “parecchio”, a quel punto Iva ne fa una delle sue: “…ma hai anche altre cose più di me” col doppio senso servito il pubblico rumoreggia, Iva corregge: “Sei molto colta”, la co-conduttrice la segue: “sì, sono colta“.

Il monologo di Drusilla Foer sull’unicità della persona

Quando ci stiamo portando verso la fine della lunga serata, al teatro si crea un momento di confidenza tra Drusilla e il pubblico, che è anche un pò il suo. Resta da sola sul palco: “Cantare mi è passata la voglia… Potrei parlare, tanti temi affollano la mia mente e la società, ma non posso ammorbare il pubblico con temi come la fluidità, l’integrazione la diversità. Forse dovrei… Che poi la parola diversità non mi piace, ha una distanza che non mi convince e non mi piace”

Quando la verbalizzo sento che tradisco qualcosa che sento o che penso. Trovo Le parole sono come gli amanti: quando non funzionano vanno cambiati subito. Ho cercato e ho trovato un termine convincente: unicità.

A Drusilla (e non solo a lei) piace questa parola:

Sì, tutti siamo capaci di notarla nell’altro e tutti noi pensiamo di essere unici no? Facile! No, per niente. Per comprenderla è necessario capire di cosa è fatta, di cosa siamo fatti. Di cose belle, ambizioni, valori, ambizioni, talenti. Sì, ma talenti però vanno seguiti, delle proprie convinzioni bisogna avere la responsabilità, delle proprie forze bisogna avere la cura. Immaginate quando bisogna affrontare le paure: mica è facile entrare in contatto con l’unicità.

Come fare, dunque, per riuscire ad abbracciare la nostra unicità. Un modo, per l’attrice, esiste:

Si prendono per mano le cose che ci abitano e si portano in alto. Si sollevano con noi nella purezza dell’aria, in un abbraccio innamorato. Gridiamo: “Che bellezza! Tutte queste cose sono io!” sarà una figata pazzesca e sarà bellissimo abbracciare la nostra unicità (si commuove, riceve un applauso) …allora io credo che sarà più probabile aprirsi all’unicità dell’altro contro il conflitto che ci allontana.

L’appello ad un “atto rivoluzionario” per eliminare qualsiasi traccia di pregiudizio: saper ascoltare

Sapete, io sono fortunata ad essere qui, date un senso alla mia presenza e tentiamo l’atto rivoluzionario: l’ascolto di se stessi e degli altri. Doniamoci all’altro, ascoltiamoci per essere certi che le convinzioni non siano delle convenzioni. Facciamo scorrere i pensieri in liberta senza pregiudizio e vergogna e liberiamoci dalla prigionia dell’immobilità.

In conclusione, fra gli applausi scroscianti della platea, Drusilla conclude con la ciliegina cantando un brano dal titolo Guerra. Qui il testo:

Se un viaggiatore girasse su se stesso
se ogni istante fosse uguale a questo
se tutti fossi un migrante mai salvato
se non fosse il sorriso il modo più sensato
se un bambino sapesse già che fare
se ogni sesso avesse un verso giusto
se ogni bocca amasse un nuovo gusto vorrei portarti ad inciampare
Si nasce dietro un muro ma se un muro fosse un muro
se il giusto avesse un verso
se fossi come ero non sentiremmo altro che la guerra

Quando guardiamo l’orologio è ormai l’una e mezza passata. La scaletta parla chiaro ma anche un pensiero lo è altrettanto: Perché relegare un momento così bello a quest’ora? Scelta incomprensibile per uno dei momenti più belli registrati fino ad ora in tre serate di Festival.

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