Home Notizie Carlo Lucarelli a TvBlog: “Fiduciosi sul ritorno di Coliandro, la fretta è il difetto della cronaca nera in tv”. E sul caso di Yara che diventa film-tv: “E’ sensazionalismo”

Carlo Lucarelli a TvBlog: “Fiduciosi sul ritorno di Coliandro, la fretta è il difetto della cronaca nera in tv”. E sul caso di Yara che diventa film-tv: “E’ sensazionalismo”

Carlo Lucarelli, intervistato da TvBlog, ha parlato della Summer School, corso di scrittura seriale organizzato dalla Bottega Finzioni, da lui fondata, ed anche de L’Ispettore Coliandro e della cronaca nera in tv e nelle fiction

pubblicato 27 Giugno 2014 aggiornato 3 Settembre 2020 02:58

In un periodo in cui la cronaca nera è tornata ad essere uno dei temi portanti dei palinsesti televisivi -complici i recenti aggiornamenti su alcuni fatti che hanno scosso l’opinione pubblica-, Carlo Lucarelli è consapevole che l’informazione non si possa fermare, ma anche che gli approfondimenti da prima serata, a volte, siano eccessivamente frettolosi nel trarre conclusioni.

TvBlog ha sentito lo scrittore per parlare della “Summer School”, una scuola di scrittura seriale per la televisione organizzata dalla Bottega Finzioni, di cui Lucarelli è co-fondoratore (con Giampiero Rigosi, Michele Cogo e Beatrice Renzi) e che avrà come obiettivo finale la scrittura di un episodio da cinquanta minuti de L’ispettore Coliandro, la fiction con protagonsta il personaggio creato proprio da Lucarelli e di cui la Rai ha annunciato la produzione di nuovi episodi (qui tutte le informazioni su come partecipare alla Summer School).

La nostra chiacchierata con Carlo Lucarelli, però, ci ha anche portato a chiedergli cosa ne pensa di come la televisione sia tornata a trattare la cronaca nera nelle ultime settimane, seguendo così l’intervista di Daniela di qualche giorno fa a Gianluigi Nuzzi, fino ad arrivare a parlare di come lo stesso genere sia trattato dalla fiction italiana.

Durante l’intervista, abbiamo anche chiesto a Lucarelli di dire la sua a proposito della recente cancellazione del suo programma La tredicesima ora, in onda su Raitre. Qui potete trovare le sue dichiarazioni a proposito.

Iniziamo parlando della Summer School, una sei giorni che si terrà ad agosto presso La Torre di Jano, dove si parlerà di scrittura seriale prendendo spunto dall’Ispettore Coliandro. Quali sono gli obiettivi di chi parteciperà come docente e quali dovrebbero essere quelli di chi vuole partecipare come allievo?

“Questo è un corso della Bottega Finzioni, noi abbiamo sempre avuto una filosofia abbastanza particolare, che è quella di lavorare direttamente su progetti concreti, quindi di non fare delle lezioni ‘universitarie’, in cui si raccontano delle teorie, quanto di metterci lì e prendere uno spunto, una prospettiva concreta e di lavorarci attorno, tra ‘docenti’, che sono le persone che hanno già affrontato questi problemi nel corso della loro carriera, ed ‘allievi’, che vogliono invece capire come superare certi problemi. Quello che dovrebbe venire fuori poi alla fine è qualcosa di concreto, nel caso nostro sceneggiature, soggetti che poi useremo”.

La Bottega Finzioni esiste da tre anni, e le avrà permesso di avere a che fare con molti giovani autori: nota una continuità col passato nelle loro idee o ci sono elementi di novità?

“Sicuramente emerge un nuovo modo e nuove storie da raccontare. Io direi che comunque esiste una continuità con il passato, nel senso che sono storie, volontà di sperimentare e volontà di fare che c’erano prima, che avevamo anche noi. Il problema è che a volte questa voglia di sperimentare, questi nuovi modi di raccontare, queste nuove idee non trovano uno sbocco, nel senso che magari molte volte il committente, la televisione ed a volte anche il cinema, non va alla ricerca di cose nuove ma preferisce fare cose vecchie. Quello che noi abbiamo visto sono tante nuove idee, tanta gente in grado di scrivere cose nuove. Speriamo che ci sia qualcuno che ascolta e che poi ci dia la possibilità di fare queste cose”.

Manetti Bros.Scopo della Summer School, come detto, è quello di scrivere un episodio da cinquanta minuti de L’ispettore Coliandro (nella foto in alto, un momento di una lezione tenuta alla Bottega Finzioni dai Manetti Bros., registi della fiction). Ma questo episodio sarà successivamente proposto alla Rai per realizzarlo o resterà come semplice esercitazione?

“Tutte e due le cose. Infatti la logica della Bottega Finzioni è questa: se non ci riusciamo a fare qualcosa di concreto, sarà comunque servita come una concreta ed utile esercitazione. In realtà noi abbiamo intenzione di proporla, all’interno di una proposta generale che è quella di cercare di resuscitare Coliandro, e nel caso dovessimo fare una nuova serie di Coliandro, se il risultato della Summer School è buono, quello diventa una puntata di Coliandro sicuramente”.

Qual è la situazione dell’Ispettore Coliandro? E’ confermato che si saranno nuovi episodi?

“Noi siamo molto fiduciosi, poi è chiaro che non si può mai dire con la Rai, perchè una volta ci sei, una volta no, io sono un esempio di questo. Noi siamo molto fiduciosi, abbiamo una buona percentuale di ragionevole certezza che tornerà Coliandro.”

Lei si è spesso occupato di cronaca nera. Visti i recenti fatti ed il ritorno della tv ad occuparsi di questo genere con programmi in prima serata, secondo lei è cambiato il “circo mediatico” o la tv continua a trattare l’argomento sempre allo stesso modo?

“Io sono un po’ fuori da questo perchè non me ne sono più occupato di cronaca nera, non per snobismo o perchè venga fatto male, perchè la mia personale ricerca di autore e ‘divulgatore’ di queste cose ha preso un’altra piega. Mi sono occupato di Misteri italiani, mi sono occupato con La tredicesima ora di casi criminali che avessero un respiro divero, non più importante o più grave, diverso, affrontavamo problemi sociali. E questo continuo a farlo, difficilmente mi capiterà, anche perchè sono un po’ fuori dal giro, di mettere le mani sulla cronaca nera pura, com’era una volta. Io vedo che anche qui c’è chi lo fa bene e chi lo fa male, naturalmente. Non vedo una grande differenza con quello che una volta si chiamava il circo mediatico, non è che sia cambiato più di tanto. Non lo criminalizzerei, perchè molte volte fa bene, certo va fatto bene. Io credo che uno dei difetti più grossi che abbiamo nel raccontare la cronaca nera è la fretta, cioè inseguire con programmi di approfondimento quello che invece è l’informazione giornalistica. E’ chiaro che il quotidiano ti deve dare la notizia, e te la deve dire subito, e deve dirti anche uno scampolo di notizia. Il programma di approfondimento tratta l’approfondimento e non può avvenire la sera stessa in cui è avvenuto un caso. Non possiamo metterci a parlare di Dna due ore dopo. Io so per esperienza che le indagini sono lunghissime, hanno i loro tempi, non possiamo trovare a parlarci di Dna, di effrazioni, di possibilità, di perizie e poi quindici giorni dopo arrivano i risultati delle perizie e dobbiamo dire l’opposto. E’ un problema, quello della fretta. L’approfondimento non deve avere fretta”.

Daniela nei giorni scorsi ha intervistato Gianluigi Nuzzi, che ha spiegato di non vedere differenza tra il telegiornale che mostra i bombardamenti di guerra in diretta ed un approfondimento sul femminicidio, definendoli entrambi informazione. In un’altra intervista, Franca Leosini chiedeva di non usare più il termine “curiosità morbosa”. Lei come si inserisce in questo dibattito? Esiste un limite oltre il quale l’informazione diventa morbosità, ed è un limite fisso o mobile?

“Parto dalla morbosità. Io ho sempre pensato questo, come scrittore: finchè un dettaglio, per quanto terribile sia, serve alla narrazione, non è morboso. Quando quel dettaglio non serve, è in più, potresti benissimo farne a meno, ma ce lo metti soltanto perchè ti piace metterci un effetto forte, quello è morbosità. Io posso mettermi a raccontare, come ho fatto, la morte di una ragazza per annegamento, o in un altro caso di strage di mafia, la morte di due fratellini in una macchina e l’ho fatto in un modo che mi ha dato fastidio mentre lo dicevo, però l’ho fatto perchè avevo uno scopo, e mi sembrava che ci stesse in quel momento, perchè volevo far percepire l’orrore di certi eventi. Se non avete avuto quello scopo, non ne avete avuto bisogno, raccontare cosa succede al volto di un bambino quando esplode una bomba, è morboso. E’ un confine che si sposta, è naturale. Quante coltellate dobbiamo nominare? Se serve per ricostruire la dinamica dell’omicidio, allora io le conto. Quando facevo i casi di cronaca, prendevo l’autopsia ed andavo a contarle. Se invece non ne ho bisogno, se invece lo dico soltanto perchè spero che lo spettatore spalanchi la bocca e rimanga con gli occhi fuori perchè queste cose tirano sempre, allora lì sono morboso. E’ un confine molto sottile, dipende dagli autori. Succede anche con i libri: si possono scrivere casi orrendi oppure opere di letteratura. Io sono dell’idea che il programma di approfondimento è anche un programma di informazione, però ci sono certe notizie che per essere date devono essere approfondite. Allora la fretta di certi programmi è di dare per certe alcune cose che non lo sono”.

Oltre ai programmi di approfondimento, anche la fiction si occupa di cronaca nera. La Taodue ha annunciato la produzione di un film-tv sul caso di Brembate: anche questa è morbosità o è una scelta legittima, quella di portare la cronaca nella fiction?

“Credo che più di morbosità si possa parlare di sensazionalismo. Una fiction sul caso di Brembate o l’annuncio di una fiction sul caso di Brembate serve a livelli pubblicitari. Io credo che sia impossibile farla adesso. Un conto è fare quello che facciamo noi scrittori di romanzi, ciòè ipotesi possibili della realtà, allora io piglio il caso di Brembate, lo prendo come un libero spunto, e comincio ad elaborare certi meccanismi partendo da un fatto di cronaca. Allora posso inventare, magari arrivo anche a raccontare la verità. Ma fare una fiction che dovrebbe essere una fiction ispirata ad un fatto vero, io lo trovo molto difficile, soprattutto con un mezzo come quello della fiction televisiva, che ha tanti pregi ma anche tanti difetti. Uno dei difetti è quello di non poter approfondire, in maniera non contraddittoria, le cose, e quindi di dover per forza fare un racconto superficiale.”

La Taodue, però, già in passato aveva realizzato una fiction su un caso di cronaca, quello dell’omicidio Cesaroni, ricevendo numerose polemiche…

“Capisco che uno non deve fermarsi alle polemiche, perchè sennò non faresti niente, però sono tutte cose complicate, che vanno approfondite da un punto di vista psicologico, dal punto di vista criminale, dal punto di vista della trama. C’è bisogno di fare un lavoro molto approfondito che molto spesso nella fiction italiana non viene fatto. Non basta mettere in scena gli episodi uno dietro l’altro”.

Mi pare di capire, insomma, che tra il programma d’informazione che si occupa di cronaca ed il film-tv lei comunque preferisce il primo.

“Sì. Sono due meccanismi diversi, non cominciamo a confonderli, se pensiamo che guardare un film mi faccia capire tutto, allora preferisco il programma di informazione, per come facciamo i film adesso. Se invece vogliamo parlare di due cose diverse, cioè il film serve a mettere in scena un meccanismo suscitando delle emozioni benissimo, allora posso vedere anche delle cose diverse. Se poi mi viene dichiarato che questo fatto è ispirato ad un fatto vero, benissimo, lo faccio anche io tutte le volte che scrivo romanzi. Se invece mi devi dire ‘guardate quel film e saprete la verità sul caso’ questo no, non credo che avvenga in una fiction televisiva”.