Home Ascolti TV #WIDG – Io & l’Auditel – Paolo Bonolis: “Con l’Auditel ho raggiunto la pace dei (con)sensi”

#WIDG – Io & l’Auditel – Paolo Bonolis: “Con l’Auditel ho raggiunto la pace dei (con)sensi”

Paolo Bonolis in esclusiva a TvBlog racconta il suo pensiero ed il suo rapporto con l’Auditel

di Hit
pubblicato 2 Marzo 2012 aggiornato 21 Gennaio 2021 16:25


Nell’ambito di WIDG – La tv che vorrei, la piattaforma orizzontale che, per una settimana, raccoglie i contributi di ben 27 fra blog e forum che si occupano di televisione, TvBlog ospita la rubrica Io & l’Auditel, con i pareri di personalità di spicco della televisione italiana. Dopo Pippo Baudo, Carlo Freccero, Renzo Arbore e Gianni Boncompagni, oggi tocca al golden boy dei conduttori televisivi italiani, Paolo Bonolis

    Io & l’Auditel – Paolo Bonolis

    Premesso che con l’Auditel ho raggiunto la pace dei (con)sensi, penso che sia un metro di valutazione commerciale e di conseguenza per un azienda che commissiona un lavoro sul quale investe del denaro, l’Auditel è un riscontro che poi gli permette di commercializzare il tal prodotto. L’Auditel è quindi un dato commerciale estremamente importante, forse anche l’unico possibile, che non è solamente “quanti telespettatori fai” ma ti permette di capirne la tipologia, la frammentazione, ti offre anche un analisi minuto per minuto del tal programma. Permette quindi sia una valutazione commerciale che una valutazione autorale sui contenuti e di valutare gli ingredienti che hai messo nel programma, l’ordine in cui li hai messi in scena e capire se nell’economia futura della trasmissione sia il caso di riproporli. L’auditel è quindi uno dei tanti reagenti che servono per realizzare un prodotto televisivo.

    WIDG - La tv che vorrei Come ho detto all’inizio, io ho raggiunto da tempo la pace dei consensi, nel senso che io vedo la trasmissione come è fatta in funzione di ciò che ti passa per la testa, in funzione di quello che è il tuo intento di racconto. L’Auditel è una conseguenza, non può essere la determinante del racconto, cioè se io ho una storia da raccontare, provo a raccontarla pensando di conoscere parzialmente i meccanismi della televisione, ma non distorcendola in funzione del “risultato d’ascolto”. Questa misurazione degli ascolti ti può permettere di realizzare degli accorgimenti, delle piccole aggiustature, però non deve stravolgere il contenuto di ciò che vuoi raccontare, né il meccanismo che vuoi adoperare per raccontare la tal storia. Purtroppo nella televisione si fa il contrario cioè: quanto vogliamo fare di ascolto, tanto? Allora mettiamo determinati tipi di sapori. Io non sono d’accordo su questo, non credo che devo fare per forza ascolto, io devo fare un programma, che troverà chi lo apprezzerà e troverà chi non lo apprezzerà e questo rientra nella logica di qualunque proposta tu possa fare.

    Se l’Auditel non determina nella salute mentale di chi lavora nella televisione, né la narrazione, né il pensiero, né l’idea che si vuole portare con il linguaggio televisivo, allora non diventa assolutamente un aspetto – per cosi dire – cupo del prodotto realizzato. Diventa cupo quando non è, appunto, solo uno degli elementi con i quali si lavora, ma diventa l’elemento determinante per il quale lavorare.

    Io personalmente non faccio della televisione una logica commerciale, quella spetta all’azienda che te la commissiona, faccio una trasmissione che propongo ad un azienda televisiva, la quale mi dice – vai a noi l’idea va bene, prova a farla- e io la confeziono in base a quello che credo sia nascosto nel DNA dell’idea che ho in mente senza pensare agli ascolti. Molto spesso l’Auditel poi alla fine rende contenti tutti, talvolta rende contenti taluni e non tal’altri e talvolta non accontenta nessuno. Da quel risultato non ti puoi esimere: l’Auditel c’è e va rispettato per quello che è. Un po’ come il risultato di una partita di calcio, puoi sicuramente giocare bene ma se perdi sempre 2-0 evidentemente c’è qualcosa che non va. Quando leggo quei numeri la prendo per quello che è, tanto so che quei dati valgono per tutti.

    Un esempio recente che mi riguarda sul fatto che il dato Auditel va letto non solo nel suo totale ma anche nel dettaglio è su “Avanti un altro” che è stato un prodotto televisivo che ha portato un grosso risultato a Mediaset che mancava da tantissimo tempo nel preserale, l’ha portata a “vincere” anche spesso su una corazzata del calibro dell’Eredità, ma soprattutto ha portato un target privilegiato commercialmente parlando per Canale5 su valori decisamente alti. Ecco quindi che l’Auditel in alcuni casi ti paga con risultati eccezionali, come anche nell’ultima edizione di Darwin, che pur essendo alla sesta serie in 14 anni ha portato a casa in alcuni casi anche il 32% di share. Il Senso della Vita invece è un tipo di prodotto che in seconda serata portava a casa un risultato che andava dal 24% in su, in prima serata invece faceva dal 14 al 16% di share. Questo perché è un prodotto che per quell’orario ha dato già tutto quello che poteva dare in termini di numero di ascoltatori, però magari ti dava un tipo di target particolarmente privilegiato, che credo un’azienda come Mediaset debba ogni tanto ricercare attraverso i suoi programmi.

    Io & L’Auditel – Paolo Bonolis

    Tecnicamente poi non conosco a fondo i meccanismi dell’Auditel, è certamente una scienza statistica, io quando ho studiato Statistica nell’università avevo un professore molto carino che ci diceva che la Statistica è la scienza che ti permette di dimostrare quello che ti serve di dimostrare. Nel futuro me lo immagino più sofisticata nella sua analisi nei vari target e nelle rilevazioni.

    In conclusione io faccio una trasmissione quando credo in un idea, la porto fino in fondo, non la faccio condizionare da quelli che dovrebbero essere i risultati di ascolto da ottenere, perché poi nella vita quello che ti sconfigge sono generalmente le aspettative. Lascio che la trasmissione abbia la sua natura, abbia la sua storia così come è stata pensata da me e da chi lavora assieme a me, poi con l’auditel puoi porre delle micro correzioni che però non possono e non devono stravolgere la trama del racconto.

    Nel mio futuro immediato c’è la famiglia, c’è la possibilità di riflettere su cose nuove da fare, semmai verranno poi accolte. C’è la elaborare dei piccoli ritocchi e di miglioramenti di quello che sarà il prodotto di Avanti un altro che ricomincerà la prossima stagione in autunno. Quando hai a disposizione una famiglia con tanti figli, quando hai a disposizione un esistenza con tante cose che ti piace fare, quando hai a disposizione la possibilità di immaginare qualcosa di nuovo e altro da migliorare, credo che sia davvero abbastanza.

    Per la primavera c’è bisogno di scrivere, c’è bisogno di lavorare, perché credo che dopo 32 anni che faccio questo lavoro e a questi ritmi, ininterrottamente e su tutte le fasce del palinsesto ottenendo risultati enormi dappertutto e con grande entusiasmo. Quando dopo 32 anni l’entusiasmo inizia naturalmente a scemare c’è bisogno di dare una ritmica differente al proprio lavoro, dedicare quindi più tempo al pensiero, alla possibilità di scrivere e ricaricarti, per poi quando bussi dal vetro della televisione non dare una fregatura al pubblico.

    Paolo Bonolis

    Foto | © TM News