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Report, dopo lo speciale su Capaci la DIA perquisisce redazione e casa di un inviato

La Procura di Caltanissetta indaga sul reato di rivelazione di segreto d’ufficio: la DIA perquisisce casa dell’inviato di Report e redazione.

pubblicato 24 Maggio 2022 aggiornato 25 Maggio 2022 08:39

Report ha dedicato la puntata di lunedì 23 maggio alla Strage di Capaci, nel giorno stesso del trentennale dell’Attentatuni che ha ucciso il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e tre uomini della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Tra le inchieste presentate nel corso della serata “La bestia nera di Paolo Mondani realizzata con la collaborazione di Marco Bova e Roberto Persia e la consulenza Andrea Palladino, che ha aperto la puntata. Paolo Mondani ha raccolto testimonianze e documenti secondo i quali nella strage sono stati coinvolti estremisti di destra, tanto da parlare della presenza di Stefano Delle Chiaie, allora leader di Avanguardia Nazionale, in un sopralluogo sul luogo dell’attentato. Una pista quella della massoneria, dell’estremismo di destra coinvolti in alcuni degli attentati della mafia emergenti dalle carte dello stesso Falcone e che starebbero emergendo dall’ennesimo processo in corso sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980, così come afferma Sigfrido Ranucci nell presentare l’inchiesta. E potete rivedere la puntata su RaiPlay.

I fatti

All’indomani della messa in onda del programma, la DIA ha perquisito la casa dell’inviato di Report Paolo Mondani e la redazione del programma, su mandato della Procura di Caltanissetta, come denunciato dallo stesso Ranucci con un post su Facebook.

Report Ranucci Capaci

La risposta della Procura di Caltanissetta

La Procura di Caltanissetta ha diffuso una nota stampa poco dopo, firmata dal Procuratore Salvatore De Luca, spiegando le ragioni delle perquisizioni a carico dei giornalisti di Report. Di fatto nella nota si smentiscono due delle testimonianze raccolte, ovvero quelle dell’ex Carabiniere Walter Giustini e Maria Romeo, ex compagna del pentito di Mafia Alberto Lo Cicero, autista del boss Troìa detto ‘O mussolini, come dice Report, per le sue note ‘simpatie’ di estrema destra. Di quel che dicono, afferma la Procura, non c’è traccia negli atti dei Carabinieri, nelle intercettazioni di Lo Cicero prima del suo pentimento, nei verbali in possesso della Procura.
“Nell’ambito della trasmissione televisiva Report sono state inserite le interviste al Luogotenente dei Carabinieri in congedo Walter Giustini ed alla signora Maria Romeo, dalle quali è emerso complessivamente che, nel corso delle indagini condotte nel 1992 dai Carabinieri del Gruppo 1 – Palermo, coordinate dalla Procura di Palermo, sono state fornite da parte di Alberto Lo Cicero, prima quale confidente e poi quale collaboratore di giustizia, preziose informazioni circa la preparazione della strage di Capaci […] Tali dichiarazioni sono totalmente smentite dagli atti acquisiti da questa Procura sia presso gli archivi dei Carabinieri, sia nell’ambito del relativo procedimento penale della Procura di Palermo. Il riscontro negativo emerge dalle trascrizioni delle intercettazioni ambientali fatte nei confronti del Lo Cicero, prima della sua collaborazione, nonché da tutti i verbali di sommarie informazioni e di interrogatorio dallo stesso resi prima dei su indicati eventi”.
La Procura smentisce anche i ricostruiti link tra Lo Cicero su Delle Chiaie nel corso della puntata di Report:
“Allo stesso modo il Lo Cicero, sia nel corso delle conversazioni intercettate che nel corso degli interrogatori da lui resi al Pubblico Ministero e ai Carabinieri, non fa alcuna menzione di Stefano Delle Chiaie […] Qui si intende solamente affermare che sono del tutto destituite di fondamento le affermazioni circa la sussistenza di specifiche e tempestive dichiarazioni rese dal Lo Cicero sugli argomenti sopra indicati e, quindi, che sarebbe stato possibile evitare la strage di Capaci ed anticipare di alcuni mesi la cattura di Salvatore Riina”.
Da qui la scelta della Procura di intervenire:
“Per tali motivi questo Ufficio, che si era imposta la rigorosa consegna del silenzio, è costretto ad intervenire per smentire notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei prossimi congiunti delle vittime delle stragi, che si verrebbe a sommare al tremendo dolore sofferto. Ed è proprio per verificare la genuinità delle fonti che questa Procura ha disposto una perquisizione a carico di un giornalista di Report, che non è indagato (grassetto nostro, ndr).”
La Procura, quindi, sottolinea che la perquisizione “non riguarda in alcun modo l’attività di informazione svolta da tale giornalista, benché la stessa sia presumibilmente susseguente ad una macroscopica fuga di notizie” ma dovuta al fatto che alla Procura risulta che la testimonianza di Giustini sia risultata dalla consultazione di materiale in possesso del giornalista “in modo che lo stesso Giustini fosse preparato per le imminenti sommarie informazioni da rendere a questa Procura. E’ necessario verificare la natura di tale documentazione posta in lettura al Giustini, che presumibilmente costituisce corpo del reato di rivelazione di segreto d’ufficio relativo alla menzionata attività di altra autorità requirente”.
Si indaga, quindi, sul reato di rivelazione di segreto d’ufficio. La Procura sottolinea che “tale accertamento è tanto più rilevante in considerazione dell’importanza che Giustini attribuisce a tale documentazione, nonché a seguito delle contraddittorie versioni fornite da quest’ultimo in materia di comunicazione nel 1992 delle informazioni da parte dell’Arma all’Autorità Giudiziaria di Palermo“. L‘intero comunicato stampa della Procura di Caltanissetta è riportato su FB da Sigfrido Ranucci.

Le reazioni sulle perquisizioni a Report

Rispondendo all’ANSA, Ranucci dichiara che da parte sua e della redazione di Report “c’è la massima collaborazione” ed evidenzia che il decreto di perquisizione è stato firmato il 20 maggio 2022, tre giorni prima della messa in onda della puntata:

“Siamo contenti se abbiamo dato un contributo alla magistratura per esplorare parti oscure. Il collega Paolo Mondani aveva già avuto un colloquio con il procuratore. Noi siamo sempre stati collaborativi con la giustizia, pur garantendo il diritto alla riservatezza delle fonti. Il decreto di perquisizione riporta la data del 20 maggio, cioè tre giorni prima della messa in onda del servizio. Ovviamente abbiamo messo al corrente l’ufficio legale, l’ad Fuortes e il nostro direttore”.
Vittorio Di Trapani, già Segretario nazionale UsigRai, in un tweet ricorda che “sentenze della Cassazione e della Cedu hanno già acclarato che sequestrare pc e telefonini dei giornalisti, ancor di più con copie “indiscriminate” dei contenuti, è illegittimo. L’unico risultato che resterà della perquisizione a Report è il timore delle fonti di essere “svelate”“.
Report Capaci Vittorio Di Trapani

La replica di Paolo Mondani, inviato di Report

Nel primo pomeriggio arriva anche la replica di Paolo Mondani, autore de La bestia nera, l’inchiesta finita nel mirino della Procura di Caltanissetta. La sua nota è sul sito di Report. In essa di ribalta completamente quanto affermato dalla Procura di Caltanissetta e in maniera decisamente perentoria, dal momento che la nota si apre con una secca contro-smentita:

“Le dichiarazioni di Alberto Lo Cicero e della sua compagna Maria Romeo sono da tempo note alla Direzione Nazionale Antimafia e alla Procura di Caltanissetta”.

Rilancia poi, specificando come nel decreto di perquisizione che ha portato la DIA questa mattina nella sua abitazione la Procura di Caltanissetta abbia chiesto di
“esibire i primi verbali dei colloqui investigativi nei quali Lo Cicero inizialmente raccontava molti più particolari che non riporterà, per motivi da accertare, nei successivi verbali di indagine”.
Ribadisce peraltro che anche la compagna di Lo Cicero, Maria Romeo, era stata sentita più volte durante le indagini e che quello che è stato riferito in puntata era stato già affermato dalla donna, ma sottolinea come nel frattempo molti documenti siano spariti, salvo poi essere ritrovati dalla Procura Generale di Palermo: una circostanza che avrebbe portato la DIA ad aprire un’inchiesta.
Mondani, dunque, farebbe pensare nella sua ricostruzione anche a una ‘guerra’ tra Procure in questo giro vorticoso di testimonianze e smentite, di documenti agli atti e non, di verifica delle fonti e di ‘fughe’ di notizie. In ogni caso per Mondani “sorprende che 30 anni dopo i fatti di Capaci si indaghi su quelle dichiarazioni solo ora”. 
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