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Sanremo 2023, il monologo di Paola Egonu: “La mia diversità è la mia unicità”

L’intervento di Paola Egonu durante la terza serata del Festival di Sanremo, un cono di luce sul racconto di se stessa.

10 Febbraio 2023 00:43

Paola Egonu lo aveva preannunciato nella conferenza stampa di oggi alla viglia della terza serata del Festival di Sanremo 2023: “Parlerò di me” e così è stato. Il suo obiettivo d’altronde era quello sin dal principio: essere al centro della scena per raccontare qualcosa in più di se stessa. Questo, con tutte le consapevolezze che porta essere non solo una campionessa del volley italiano, ma anche un personaggio entrato a piccoli passi in un terreno parecchio distante dai campi di pallavolo. Rompere gli schemi anche come personaggio d’impatto sui social ha comportato anche molte difficoltà e critiche sulla quale Paola ha cercato di lavorare per essere più coraggiosa.

Il suo monologo è una pagina di diario personale letto con un’emozione che tradisce qualche piccolo inciampo, ma che non scalfisce il suo obiettivo:

Questa sera non sono qui a dare lezioni di vita, perché alla mia età sono più le cose che posso imparare di quelle che posso insegnare. Cerco di ricavare da ogni giorno un insegnamento e così è stato anche nelle settimane di avvicinamento al Festival.
Spesso in passato sono stata definita ermetica, così nel tempo mi sono impegnata a raccontarmi di più, provando a ridurre al minimo lo spazio di interpretazione. Questo non ha evitato comunque che alcune frasi venissero strappate dal contesto, tagliate, incollate in senso casuale e fiondate sui giornali come titoli usati per far rumore“.

Consapevolezze, appunto. “Ho imparato che ogni pensiero, una volta che si trasforma in parola e viene condivisa con qualcuno, non è più sotto il pieno controllo di chi l’ha pronunciata. Questo mi ha ricordato che dovremmo sempre cercare di risalire all’origine“.

Paola Egonu: “La mia famiglia mi ha aiutato a trovare il mio percorso, li ringrazio”

Spende delle parole di gratitudine per la sua famiglia: “Io sono la prima di tre fratelli, e devo tutto a mamma Eunice e papà Ambrose. Sono loro che mi hanno permesso di vivere un’infanzia felice, che mi hanno sostenuta e che mi hanno insegnato che se vuoi qualcosa devi guadagnartela. Senza temere i sacrifici. Mi hanno aiutata a trovare il mio percorso, anche se questo ha significato per loro vedermi andare via di casa a 13 anni. Non sono madre, sogno di diventarlo un giorno, ma sono certa che nessun genitore sia felice che la propria figlia cresca lontana dal suo amore e dal suo sguardo“.

Dunque i ringraziamenti ai suoi genitori : “Che per amore verso di me, avete rinunciato a me. Certo, le vostre carezze e le vostre attenzioni mi sono mancate e continuano a mancarmi. Ma sapevo, sapevamo e so che questa è la mia strada“.

Paola Egonu: “Perché io sono io? Perché io sono io!”

Fin da piccola – spiega – si è sempre fatta tante domande, soprattutto tanti perché tanto da diventare una vera fissazione anche da grande “Perché sono alta? Perché mio nonno vive in Nigeria? Perché mi chiedono se sono italiana?“, la maturità poi ha portato a punti interrogativi certamente più pesanti: “Perché mi sento diversa? Perché vivo questa cosa come una colpa? Perché ogni volta mi sono punita dando una versione sbagliata di me stessa?

Con il tempo ho capito che questa mia diversità è la mia unicità. E che nella domanda “Perché io sono io???” c’è già anche la risposta: “Perché io sono io!!!”

Siamo tutti uguali oltre le apparenze”

Il tema del razzismo – ripreso stamattina in conferenza stampa – spesso è entrato a gamba tesa nella vita di Paola per episodi infelici.

Io sono quella che quando oggi ancora mi fanno una domanda sul razzismo, rispondo così:
Prendete dei bicchieri di vari colori e metteteci dentro l’acqua. Vedrete che la maggior parte delle persone sceglierà il bicchiere trasparente, solo perché il suo contenuto è più limpido. Eppure se proverete a bere da uno dei bicchieri colorati, scoprirete che l’acqua ha sempre lo stesso gusto, fresco e vita…” perché siamo tutti uguali oltre le apparenze. E se questo non è ancora abbastanza…in Veneto noi diremmo”Moeghea” ossia “Dai, smettila!”“.

“Sono quella a cui lo sport ha dato tanto. Ma sono anche quella che non crede che la sconfitta sia solo quando perdi una partita. Quando sono in campo e commetto troppi errori, anche se vinciamo, può succedere che io la viva come una sconfitta.
Io gioco in attacco ed il mio obiettivo è quello di riuscire ad avere tra le mani la palla decisiva da schiacciare, quella che farà punto. A volte ci riesco, altre volte sbaglio e sto imparando ad accettare l’errore. Perché quella palla che scotta, quella che fa paura, è il motivo per cui di fatto io sono lì.

Sono quella che viene anche criticata. Le critiche non sono mai mancate e non mancheranno, sono inevitabili: alcune sono costruttive, la maggior parte gratuite, altre – e non voglio fare la vittima – sono dei veri macigni. Io – a fatica – ho imparato che sta a noi dare il giusto peso”.

“Sono stata accusata di non avere rispetto per il mio paese, ma io amo il mio Paese”

La conclusione del monologo è a tutti gli effetti una difesa dalle critiche piovute addosso: “Sono quella che come tutti ha dovuto affrontare dei momenti brutti ma che non ha smesso per questo di godersi quelli belli. Sono stata accusata di vittimismo, di drammatizzare e di non avere rispetto per il mio Paese. E questo per aver raccontato esperienze brutte che ho vissuto, per aver mostrato le mie debolezae le mie paure in vista del futuro“.

Infine, la chiusura dedicata alla maglia azzurra  “che per me è la più bella del mondo e ho un profondo senso di responsabilità nei confronti di questo Paese in cui ripongo tutte le mie speranze di domani“.

“Sono quella che spesso ha sbagliato gli appuntamenti importanti. Nella mia storia di giocatrice sono infatti più le finali che ho perso di quelle che ho vinto. Eppure questo non fa di me una perdente. Cosi come non è perdente chi a scuola prende il voto più basso e non è perdente chi non riesce a realizzare il proprio sogno al primo colpo”.

“E poi, visto che siamo a Sanremo, non è perdente nemmeno chi arriva nelle ultime posizioni in classifica… Ve lo ricordate? Era il 1983 quando Vasco Rossi arrivò penultimo proprio su questo palco. Un altro non-perdente, che ci ha insegnato che dalle sconfitte più dure possono nascere i successi più grandi. Ognuno col suo viaggio, ognuno diverso“.

Il suo segmento si chiude proprio sulle note di Albachiara di Vasco Rossi.