Home Maria Corleone Maria Corleone, lo sceneggiatore Mizio Curcio: “Personaggio più complesso di Rosy Abate. Quel cognome? Nulla a che vedere con la città”

Maria Corleone, lo sceneggiatore Mizio Curcio: “Personaggio più complesso di Rosy Abate. Quel cognome? Nulla a che vedere con la città”

Abbiamo chiesto a Mizio Curcio, tra gli sceneggiatori di Maria Corleone, del confronto tra questo nuovo personaggio e Rosy Abate, ma anche di quel cognome così “pesante” e de Il Patriarca 2

pubblicato 14 Settembre 2023 aggiornato 4 Ottobre 2023 14:15

La stagione della fiction di Canale 5, nella primavera scorsa, si è chiusa con Il Patriarca (di cui vedremo una seconda stagione); quella autunnale si è aperta con Maria Corleone. Entrambi i titoli appartengono al mondo Taodue ed hanno, tra i loro sceneggiatori, Mizio Curcio: dopo l’intervista che ci ha rilasciato nei mesi scorsi per la serie tv con Claudio Amendola, siamo tornati a sentirlo a proposito di Maria Corleone.

“È una responsabilità piacevole e forse inevitabile”, ci dice a proposito della coincidenza che lo ha visto chiudere prima ed aprire poi la stagione delle serie tv Mediaset, “visto che sono cresciuto col principale produttore di ‘mafia dramas’ italiano, Pietro Valsecchi. In passato con Il tredicesimo Apostolo e Rosy Abate mi sono trovato nella stessa situazione e per fortuna è andata super bene!”.

Ma parliamo di Maria Corleone, cominciando dall’elefante nella stanza: le similitudini con Rosy Abate. Sia le locandine della serie che i promo di Canale 5 citano “La Regina di Palermo”, di cui sei stato sceneggiatore: come vivi questo confronto, non temi che ci sarà inevitabilmente chi dirà “Ma allora a questo punto perché non proseguire con Rosy Abate”?

“Al contrario di Rosy, che malgrado gli studi all’estero è sempre rimasta parte del clan Abate, Maria ha cercato disperatamente di staccarsi dalle sue radici, al punto da cambiarsi il cognome”.

In Squadra Antimafia le origini di Rosy Abate erano state raccontate sì, ma non erano centrali alla narrazione. In Maria Corleone sembra quasi che si voglia “recuperare” quel tassello, ovvero il dilemma etico di chi deve scegliere tra l’onore della propria famiglia (con tutte le conseguenze del caso) e una vita lontana dalle proprie radici…

“Il suo dualismo nelle nostre intenzioni non è dissimile da quello di Viggo Mortensen in “A History of Violence”: anche lei, affermata stilista milanese cerca di rimuovere un passato da cui, come scoprirà a proprie spese, non si può sfuggire. Maria insomma ci sembra un personaggio più complesso di Rosy Abate, e – speriamo – altrettanto affascinante”.

Tra l’altro la protagonista di Maria Corleone, Rosa Diletta Rossi, somiglia a Giulia Michelini… L’avete scelta anche per questa somiglianza e per la sua capacità di aggiungere qualcosa di suo al personaggio?

“La somiglianza è casuale, abbiamo provinato anche attrici fisicamente diversissime come Giusy Buscemi e Francesca Chillemi… Poi il produttore, quando ha visto il provino di Diletta Rossi, non ha avuto dubbi. Dopo aver lavorato per tanti anni con Giulia Michelini non è stato facile scrivere un personaggio su un’altra attrice, ma devo dire che Rosa Diletta è stata bravissima nel far suo un personaggio difficile e complesso come Maria Corleone”.

Continuiamo a parlare del cast: Fortunato Cerlino, Vittorio Magazzù (che ha interpretato il figlio di Rosy Abate), ma soprattutto Bruno Torrisi. Per i fan di Squadra Antimafia lui rimarrà sempre il Questore Licata: non ti nascondo che sono rimasto un po’ sotto choc quando l’ho visto stare dall’altra parte, alleato di un uomo vicino alla mafia come Don Luciano…

“La bravura di un attore dovrebbe permettergli di affrontare ruoli opposti a quelli che l’hanno reso famoso, e Bruno ci sembra aver colto in pieno la doppiezza e la perfidia del ‘consigliori” di Don Corleone…”

Nei primi due episodi Maria sta “prendendo le misure”: entra sì in azione, ma l’impressione è che debba ancora tirare fuori gli artigli. Scopriamo però qualcosa di molto importante su di lei: la sua parte oscura c’è sempre stata, come dimostra il flashback che la riguarda…

“Non voglio spoilerare nulla, ma ti posso dire che chi ha impugnato una pistola prima o poi sparerà ancora…”

Prima di Maria Corleone, la serie ha avuto altri due titoli: Lady Corleone e La ragazza di Corleone. Il sindaco di Corleone, con una diffida, ha costretto la produzione al cambio del titolo. Nello scrivere la prima stagione avete mai tenuto conto del rischio di poter incontrare delle polemiche circa la scelta di quel cognome?

“In realtà la diffida ce l’aspettavamo dagli eredi di Mario Puzo, visto che è stato lui ad aver ‘brevettato’ quel cognome nel 1969. Come avete potuto vedere Corleone in questa serie è solo il cognome della famiglia, nulla a che vedere con la città”.

Maria Corleone ha una “gemella”: la Mary Corleone interpretata da Sofia Coppola nella saga de “Il Padrino”. La fiction non ha nulla a che fare con quel personaggio, ovviamente, ma a chi o cosa vi siete ispirati nel tessere la trama della prima stagione?

“Più che un’ispirazione è un doveroso omaggio al capostipite di tutte le ‘mafia operas’, il ‘Godfather’ di Francis Coppola: ti svelo che in origine anche il personaggio di Fortunato Cerlino si chiamava Michele, come Michael Corleone…”

Con questa serie torna in tv il mob drama puro, in cui le vicende ruotano intorno alle mosse della mafia e dei clan. Un genere in cui l’Italia negli anni si è resa protagonista assoluta. Ma così come la mafia nella realtà ha cambiato modo di agire, anche la sua rappresentazione in tv si è dovuta adeguare. Alla luce di tutto questo, rispetto a qualche anno fa raccontare queste storie è secondo te più semplice o difficile?

“Senza dubbio più difficile, perché la criminalità organizzata del terzo millennio è molto più sfuggente e meno ‘onorata’ della vecchia Mafia dei padrini alla Marlon Brando… Il personaggio di Fortunato Cerlino è un vecchio dinosauro fuori dal tempo, che vive secondo codici e leggi che i nuovi boss non riconoscono più: in questo senso abbiamo cercato di raccontare la transizione dalla Cosa Nostra dei summit nei casali abbandonati a quella odierna che gioca in Borsa e non disdegna red carpet e passerelle…”

Maria Corleone (ma anche Il Patriarca) è una storia che ha sì una protagonista centrale, ma il cuore del racconto sta nella famiglia. E mi viene in mente che ai tempi di Squadra Antimafia, Rosy Abate e Solo, in un’altra intervista che mi hai rilasciato, mi dicesti che Calcaterra & co. erano un po’ come dei supereroi. Oggi quell’idea può dirsi superata a favore di una narrazione più “domestica”, forse influenzata da saghe familiari pluripremiate come Succession?

“Succession è senza dubbio tra le mie serie preferite! Sto lavorando ad un progetto simile su una famiglia di cui non posso fare ancora il nome! Spero che vedrà presto la luce. In Maria Corleone la dimensione familiare è certo più presente rispetto a Rosy Abate-La Serie, se non altro perché il vero antagonista di Maria è suo padre… Però non la definirei una serie corale, Rosa Diletta Rossi è costantemente al centro dell’azione”.

Vi siete lasciati delle porte aperte nel finale per una seconda stagione?

“Il sequel si mette sempre in cantiere, dipende tutto dalla risposta del pubblico.”

Il Patriarca 2 si farà

A proposito di seconde stagioni, sappiamo invece, che Il Patriarca tornerà. Cosa puoi anticiparci sui nuovi episodi, e quali sono le tempistiche per le riprese e un’eventuale messa in onda?

“Si, posso confermare che il Patriarca tornerà, le sceneggiature sono state consegnate. Le riprese dovrebbero iniziare a gennaio, posso anticipare che nella seconda stagione farà il suo ingresso un nuovo personaggio che darà del filo da torcere al nostro Nemo Bandera”.

Un’ultima domanda, che ci fa uscire dall’Italia ed andare negli Stati Uniti, dove è in corso lo sciopero degli sceneggiatori. Sicuramente stai seguendo l’evolversi della situazione: che opinione ti sei fatto e, soprattutto, la loro mobilitazione avrà delle ripercussioni anche in Europa e in Italia sul rapporto sceneggiatori-produttori?

“Il discorso è complesso, ma al di là delle motivazioni condivisibili o meno mobilitazioni compatte come quelle delle Guilds americane in Italia sono impensabili: la nostra categoria è da sempre troppo frammentata in associazioni e corporazioni per organizzare scioperi così paralizzanti come quello che Hollywood sta portando avanti ad oltranza…”

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