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Marconi, non c’è equilibrio tra biografia e spy-story: l’uomo che ha connesso il mondo lascia confusi. La recensione

L’ibrido tra biografia e spy-story funziona per ritmo, ma lascia l’impressione che, in fondo, del “vero” Marconi si sia voluto raccontare poco

21 Maggio 2024 09:19

Di film-biografici che cercassero di mascherare la loro vera natura mescolandosi ad altri generi ne abbiamo già visti. Ma un film-tv che avesse una funzione divulgativa e che al tempo stesso proponesse una spy-story ci mancava: è quello che ci propone Marconi-L’uomo che ha connesso il mondo, la serie tv di Raiuno e RaiPlay dedicata, appunto, a Guglielmo Marconi nel 150esimo della sua nascita.

Marconi film, la recensione

Diciamo che, però, così facendo, la domanda “Chi era Guglielmo Marconi?” non trova una risposta completa. Certo, direte voi, se uno non sa chi sia Marconi, che ha “solo” inventato il telegrafo senza fili e posto le basi per la futura radio e televisione oltre che per tutte le comunicazioni wireless di cui disponiamo oggi, non è colpa di una fiction. Vero, ma diciamo allora che questo film-tv non estende la conoscenza che abbiamo di Marconi rispetto a quello che -chi più chi meno- sapevamo prima di vederlo.

La scelta in fase di sceneggiatura è stata, questo va detto, molto netta: evitare il biopic duro e puro e cercare una via di mezzo, trovando un linguaggio più accattivante e meno predisposto all’agiografia, rischio di tutte le fiction dedicate a personaggi realmente esistiti.

Da qui, la decisione di “inventarsi” una trama spionistica, che rendesse Marconi oggetto di attività di spionaggio da parte del regime fascista: rivelazioni, scoperte, e tanto di cliffhanger al termine della prima serata apparecchiano uno storia sì accattivante, ma che liquida in fretta il motivo per cui si è realizzato un film-tv su Marconi, ovvero celebrarne la figura e il lavoro.

Così, titolo e sottotitolo ci ricordano che il protagonista è, sì, colui che ha connesso il mondo di allora e quello futuro, ma nei fatti la storia si sofferma lo stretto necessario su quel genio. Tocca soprattutto al giovane Marconi (Nicolas Maupas) regalare al pubblico i momenti salienti della vita dell’inventore, con le fasi cruciali che hanno portato poi a farlo diventare il Premio Nobel per la Fisica nel 1909.

Si corre così al 1937, ultimo anno di vita di Marconi: Stefano Accorsi dà sempre il meglio di sé, ma qui il problema non sta nell’interpretazione. Piuttosto, la sensazione è che tutto sia stato scritto per ridisegnare la figura di Marconi che, per via della sua vicinanza al regime fascista, è sempre apparsa controversa, al netto del riconoscimento più che dovuto per le sue opere e il suo genio. Ci si ispira a fatti realmente accaduti (Marconi ha avuto davvero contatti con una giornalista americana, che poi ha aiutato a fuggire dall’Italia) e a documenti che permettono al film-tv di non deragliare in termini di credibilità, ma il risultato lascia confusi.

Soffermarsi sugli ultimi eventi della vita di Marconi aiutano sì a capirne i dubbi da cui era tormentato, ma lasciare andare frettolosamente gli anni in cui inventò il telegrafo senza fili crea poco equilibrio nel racconto. Un racconto che giunge senza problemi fino alla fine ma che, per eccesso di timore di finire nel genere agiografico, diventa qualcos’altro dal biopic che un personaggio come Marconi avrebbe dedicato.