Home Notizie Gigi Proietti è morto: dal varietà alla fiction, ha raccontato l’Italia agli italiani

Gigi Proietti è morto: dal varietà alla fiction, ha raccontato l’Italia agli italiani

L’attore romano è morto nel giorno del suo 80° compleanno: nella sua carriera tanti personaggi iconici, come il Maresciallo Rocca in tv.

pubblicato 2 Novembre 2020 aggiornato 3 Novembre 2020 10:42

 

 

Gigi Proietti è morto nella prima mattina di oggi, 2 novembre 2020, poche ore dopo aver compiuto 80 anni. Come riporta l’Ansa, l’attore era ricoverato da giorni in una clinica romana per accertamenti quando è stato colpito da un grave scompenso cardiaco. La morte, stando a RaiNews 24 è avvenuta alle 5.30 di questa mattina.

“Nelle prime ore del mattino è venuto a mancare all’affetto della sua famiglia Gigi Proietti. Ne danno l’annuncio Sagitta, Susanna e Carlotta. Nelle prossime ore daremo comunicazione delle esequie”

è il messaggio con cui la famiglia ha dato notizia della sua scomparsa. Già nella serata di ieri erano arrivate le prime notizie di un suo aggravamento, date in diretta da Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa, aggiornamenti che si intrecciavano agli omaggi per il suo compleanno.

Ieri, infatti, erano ufficialmente iniziate le celebrazioni per gli 80 anni di un attore magnetico e poliedrico, dalla voce e dalla mimica insuperabile, che ha segnato il costume e l’immaginario italiano spaziando con egual successo e con pari forza iconica su tutti i mezzi dello spettacolo, dal teatro – e A me gli occhi, please resta un capolavoro, oltre che aver offerto un repertorio di figure e personaggi sempre attuali da cui si è continuato a pescare nei decenni successivi – al cinema, con quel Mandrake così popolare e amato che ha diffuso la Febbre da Cavallo a generazioni intere.

E poi il lungo rapporto di Gigi Proietti con la tv, iniziato con gli sceneggiati della Rai monopolista – e viene subito in mente Il Circolo Pickwick di Ugo Gregoretti del 1968 – e terminato con la collaborazione nella realizzazione dei programmi di Alberto Angela, da Ulisse a Meraviglie cui ha partecipato puntellando con le sue interpretazioni il racconto per immagini. Nel mezzo alcuni dei titoli più iconici della produzione fictional italiana, da Villa Arzilla (1990) a Un figlio a metà (1992 e 1994), da Italian Restaurant (1994) all’Avvocato Porta (1997) fino al più recente Una pallottola nel cuore (2014). Nel mezzo però c’è stato quel Maresciallo Rocca che ha segnato l’immaginario italiano, diventato un fenomeno per ascolti e per capcità di raccontare un personaggio – e una provincia – che poi Don Matteo ha cercato di inseguire. Nelle cinque stagioni del poliziesco all’italiana (in onda dal 1996 al 2005 – ora su RaiPlay – con una miniserie conclusiva nel 2008 arrivata fuori tempo massimo), il maresciallo Giovanni Rocca con i suoi amori, le sue indagini, la sua paternità diretta e ‘indiretta’, rivolta agli uomini della sua Caserma, ha raccontato un’Italia esemplare e desiderabile ai telespettatori, così come con alcune delle sue caricature teatrali, in perfetto stile Petrolini che era stata una sua grande ispirazione, aveva rappresentato i vizi e i malcostumi più grotteschi degli stessi italiani.

Gigi Proietti Il Maresciallo Rocca

Negli ultimi anni era tornato anche al palcoscenico televisivo con Cavalli di Battaglia, adattamento del suo show teatrale andato in onda nel prime time di Rai 1 nella primavera 2017: una chicca, una collezione dei suoi personaggi, un best of della sua carriera cui si era riusciti a inserire anche ‘duetti’ e collaborazioni che hanno offerto momenti di spettacolo preziosi per la tv. Tra gli ospiti di quelle 4 puntate l’amico Renzo Arbore (e il loro Come Pioveva – A domanda risponde, fa sorridere al solo ricordo), Nino Frassica, Corrado Guzzanti, Renato Zero, Fabrizio Frizzi.

In quello show accolse anche molti degli allievi formatisi nel suo Laboratorio e oggi volti noti anche del piccolo schermo, da Insinna a Cirilli, passando per Enrico Brignano, Nadia Rinaldi, Max Giusti, giusto per fare un paio di nomi. E tra i palchi calcati in una carriera poliedrica e densissima c’è stato anche quello del Teatro Ariston per Sanremo 1995, al quale arrivò in qualità di cantante in gara con Ma che ne sai… (…se non hai fatto il piano bar) insieme a Peppino di Capri e Stefano Palatresi, con cui formò per l’occasione il Trio Melody.

Riassumerne la carriera è un’impresa titanica e in fondo inutile, perché spunterebbe sempre uno sketch, un’inquadratura, un dialogo che ne ricorderebbe la grandezza. E mentre si moltiplicano i messaggi di cordoglio di amici, colleghi, allievi e semplici spettatori, non possiamo che pensare a quanto ha dato allo spettacolo italiano. Vederlo andar via ora, con i teatri chiusi – e lui ha combattuto sempre per farli vivere, dal Brancaccio all’esperienza del Globe Theatre romano -, nel mezzo di una pandemia che avrebbe saputo raccontare come pochi con i suoi personaggi, fa ancora più male.