In principio fu Bridgerton, poi ci fu La legge di Lidia Pöet e ora Belcanto. La differenza? Se le prime due sono proprietà di Netflix, la terza è una serie tv made in Rai, e questa non è cosa da poco. Perché vuol dire che anche la tv pubblica ha capito che qualsiasi genere, vecchio o nuovo che sia, ha ragione di esistere sul piccolo schermo, purché si trovi il modo giusto di proporlo a un pubblico sempre più attento ai nuovi gusti.
La recensione di Belcanto
Il costume drama non è stata più vivo che mai. In un’epoca in cui il futuro spaventa, evidentemente rifugiarsi in storia ambientate un paio (o più) di secoli fa è un modo per allontanarsi dai possibili tempi cupi. Ma è anche un modo per raccontare il contemporaneo con lenti differenti. Come fa Belcanto, appunto, a cui se togliamo l’ambientazione Ottocentesca e la centralità della musica lirica risulta essere una storia di passione ed ambizione. E cosa c’è di più contemporaneo del monito a inseguire i propri sogni, a qualsiasi costo?
Carmine Elia fa muovere i personaggi sull’onda del talento: è questo il vero protagonista della serie, che attinge ai modernissimi (e inflazionati) talent show e li traduce in un racconto nazional-popolare che ci riportare alle radici del nostro essere artefici della migliore melodia al mondo.
Belcanto riesce a creare un mix tra patriottismo, coming-of-age e dramma in costume imparando dai più recenti successi nel mondo delle serie tv. Il risultato è un prodotto che s’incastra alla perfezione nel percorso degli ultimi anni di Rai Fiction, in cui ai racconti storici si sta cercando di dare un taglio più spigliato e orientato anche a un pubblico meno avvezzo agli sceneggiati di una volta.
Non è un caso che nel cast di Belcanto spiccano quattro attori provenienti dal mondo di Mare Fuori (Carmine Recano, Giacomo Giorgio, Vincenzo Ferrera e Serena De Ferrari), oltre al regista stesso che ne ha diretto la prima stagione; a loro si aggiungono le giovani Caterina Ferioli e Adriana Savarese e, a sigillo di tutto, un volto come quello di Vittoria Puccini, che a vederla nuovamente in abiti di un’altra epoca non può non riconquistare chi l’ha scoperta in Elisa Di Rivombrosa.
Il costume drama del 2025, insomma, non deve essere più pensato per un pubblico solo adulto, ma deve essere alla portata di tutti. Sia nei volti che lo interpretano, che nei contenuti e come questi devono essere veicolati. Belcanto debutta con un equilibrio quasi perfetto, non fosse per il dispiacere di vedere le giovani protagoniste non cantare con la propria voce (ma provateci voi a trovare due giovani attrici brave a recitare e cantare non musica moderna, ma classica…). Poco importa, però, se l’obiettivo è un altro, ovvero trasformare la fame di talento di oggi in una saga d’altri tempi che faccia sognare il pubblico più grande e intrigare quello meno abituati ad andare su Raiuno.