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L’Ispettore Coliandro va di fretta

Non avevo ancora avuto l’occasione di dirvi la mia sull’Ispettore Coliandro e, visto che stasera va in onda l’ultima puntata, non posso fare a meno di sottolineare un dato piuttosto sconcertante: la programmazione lampo. Perchè silurare un prodotto così interessante e avvincente in soli dieci giorni è davvero un peccato. La serie di ispirazione “lucarelliana”

5 Settembre 2006 11:32

ispettore coliandro morelli Non avevo ancora avuto l’occasione di dirvi la mia sull’Ispettore Coliandro e, visto che stasera va in onda l’ultima puntata, non posso fare a meno di sottolineare un dato piuttosto sconcertante: la programmazione lampo.
Perchè silurare un prodotto così interessante e avvincente in soli dieci giorni è davvero un peccato. La serie di ispirazione “lucarelliana” (volendo alludere all’ottimo giallista e non all’omonima opinionista) è stata anticipata rispetto al periodo di garanzia per le perplessità manifestate sul suo appeal televisivo.
Realizzando al debutto, giovedì 24 agosto, un discreto 12.91%, ha peraltro goduto degli apprezzamenti di Agostino Saccà, direttore di Raifiction, che si è detto entusiasta di aver colto nel segno di un pubblico giovane, più maschile e più nordico (?!?).
Proprio quando i media hanno iniziato a esprimere termini lusinghieri su questo ispettore così atipico eppure surrealmente realistico, in grado di suscitare umorismo e coinvolgimento, non c’è stato più il tempo materiale per parlarne e apprezzarne globalmente la portata.
Ve lo dice un telespettatore per caso, normalmente non avvezzo al genere poliziesco, che si è talmente appassionato alle vicende del personaggio da guardare la prima puntata con enorme trasporto e recuperarne i tasselli mancanti, a una prima visione, con il filesharing.
Coliandro è una di quelle sorprese che non ti aspetti e torna a farti incuriosire davanti alla tv.
Per poi passare in sordina, nel bailamme dei palinsesti autunnali, costringendoti a inseguirlo vorticosamente prima che arrivi il settembre inoltrato e dominato dai grandi colossi…
La forza di Giampaolo Morelli e della sua interpretazione, per quanto mi riguarda, vale da sola le ragioni di un successo seriale non adeguatamente valorizzato.
E che, proprio perchè di serialità si tratta, andava “educato” e non bruciato come un tappabuchi qualsiasi.
Ve lo dice uno che è fermo a metà vhs della seconda puntata e preferisce il gusto dell’attesa e della riflessione nel tempo al vizio del telefilm usa e getta.
Che poi qualche pecca strutturale ci sia (primi fra tutti certi racconti un po’ stereotipati), non saremo qui a negarlo. Ma, se vogliamo a tutti i costi criticare un esperimento così innovativo e ben orchestrato, dalla regia alla musica passando per i dialoghi brillanti, allora dovremmo perdere ogni speranza nei confronti della scatola parlante…

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