Home MasterChef Italia MasterChef, Cracco Barbieri e Bastianich ‘confessano’: noi, cattivi per necessità. Ma lo sono ancora?

MasterChef, Cracco Barbieri e Bastianich ‘confessano’: noi, cattivi per necessità. Ma lo sono ancora?

Cracco, Bastianich e Barbieri raccontano a la Repubblica il segreto di Masterchef: la loro cattiveria. Un ingrediente sostanziale per far veri fuori il talento dei concorrenti. Ma in questa seconda edizioni sono davvero così cattivi?

22 Gennaio 2013 15:30

“Sono un meridionale del nord, solare, ma faccio la faccia feroce. Mia madre, che ha 78 anni, mi sgrida: ‘Ti ho visto in tv, non pensavo di aver messo al mondo un figlio così stronzo”. Allora le spiego: nella seconda edizione devo giocare un ruolo così sostenuto perché i concorrenti sono più scafati. Anche noi abbiamo dovuto raddrizzare il tiro”

così Bruno Barbieri, chef da 7 stelle Michelin, spiega a la Repubblica le ragioni dell’atteggiamento spietato dei giudici di MasterChef, cooking show di SkyUno che ha fatto dei giudizi tranchant, della mortificazione e della schiettezza un marchio di fabbrica. Dopo il successo della prima edizione, dunque, Cracco, Barbieri e Bastianich si sono ripromessi di aumentare la dose di cattiveria:

“La cucina non è un gioco e spesso i concorrenti non ascoltano. Sono in tv per imparare, non per fare i fenomeni”

dice Carlo ‘sguardo penetrante’ Cracco, cui fa eco il buon Barbieri:

“Succede che la gente fiuti la vittoria e diventi più dura. Abbiamo una responsabilità”.

Una responsabilità che sente anche Bastianich, figlio di emigranti italiani e di un American Dream cucinato ‘a puntino’ dai genitori che Joe ha condito con una buona dose di istinto imprenditoriale:

“Una volta t’imbarazzavi a dire che eri figlio di ristoratori, oggi è cambiato tutto, il cuoco è una star. Il cibo funziona in tante maniere. In questo caso ti può cambiare la vita; non possiamo sbagliare nella scelta”.

Cattivi per amore dei concorrenti e dell’arte culinaria, dunque, un po’ come accadeva ad Amici nei primissimi anni, quando il sacro fuoco dell’arte valeva più delle liti. Nonostante le dichiarazioni che alimentano il ‘mito’, i giudici quest’anno ‘sembrano’ più disponibili, più condiscendenti verso i concorrenti, verso se stessi e verso lo show: e il mancato spargimento di sangue di fronte alla canzoncina di Agnese sul leprotto che incontra le more (“e more”) porterebbe a dimostrarlo.

Che i tecnici siano diventati ‘politici’? Beh, intanto domani il trio è ospite di Daria Bignardi a Le Invasioni Barbariche, tra un Matteo Renzi e un Tiziano Ferro… Ma al di là di tutto i giudici, per quanto ‘televisivizzati’, assicurano: a MasterChef è tutto vero. E ci spiegano il perché…

Nell’intervista, i giudici si concentrano sul segreto del successo di Masterchef:

“Il successo è meritato perché è un programma di qualità e racconta una cosa semplice: chiunque può cambiare la propria vita. Io la definirei ‘aspirational tv’

spiega Bastianich, che passa per il più ‘televisivamente’ bravo del gruppo, forte delle sue esperienze nel MasterChef Usa accanto a un maestro del genere come Gordon Ramsay. Per lui la cattiveria è necessaria perché nella vita

“nessuno ti regala niente. La gente pensa: quel concorrente potrei essere io. È più che un reality, i rapporti sono veri. Quando i concorrenti fanno cose stupide allora sì, mi arrabbio. È un po’ come gestire i bambini, se reciti se ne accorgono subito”.

Sulla stessa linea, ovviamente, Barbieri:

“nel programma vince il gioco dei ruoli, ma è tutto vero. L’autorevolezza dei giudici ha dato forza, il grande lavoro degli autori è stato mettere insieme tre personaggi forti nello stesso pollaio. MasterChef piace perché dietro c’è un sentimento, offre la possibilità di cambiare vita”.

Nessuna finzione, insiste Cracco:

“Se mi sento di parlare parlo, se no sto zitto. Un programma così funziona se ognuno fa quello che si sente, anche se cerchiamo di gestire tutto. Io, per esempio, sono serio e non do confidenza, ma perché sono così. Chi vince porta a casa centomila euro, se li dovrà pure guadagnare, no? Il nostro compito è tirare fuori il talento, cercare di capire se uno ha stoffa o se ti racconta palle, se pensa di avere già vinto”.

Una cosa è indiscutibile per Cracco:

“Cuochi si nasce e non si diventa, nelle vene deve scorrere il cibo non il sangue… “

e per convincerlo ai casting sappiate che bisogna sapersi sporcare le mani:

“Nei casting riesco a capire chi ho davanti da come tocca un prodotto, se ha il coraggio di mettere un dito nel sedere di una gallina”,

requisito ‘necessario’ per essere un Masterchef. La cucina stellata non è un passatempo per nobildonne annoiate. Non ancora, almeno.

Insomma, tutti cattivi per amore della cucina e dei concorrenti, non per un calcolo televisivo. Eppure qualche differenza rispetto alla prima edizione l’avverto. Masterchef sembra non sottrarsi alla dura legge del reality, che alla seconda edizione vede concorrenti ben consapevoli di quel che li attende fuori e dentro lo studio. E’ può anche capitare che i giudici più intransigenti della tv, travolti da un insolito successo nel tranquillo mare della tv satellitare, finiscano per addolcirsi.

Diciamoci la verità, qualcuno l’anno scorso avrebbe mai osato far ciò al cospetto di Cracco? E Cracco l’avrebbe mai accettato senza sbraitare cose irripetibili?

Come spiegare, ancora, alcuni ingressi, alcune eliminazioni e soprattutto ‘l’oilgate’, la mancata punizione all’avvocato Tiziana per il filo d’olio aggiunto a prova terminata? Anche qui va detto che proprio l’avvocato ha cambiato le regole del gioco, ‘rinnegando’ Cracco fin dalle primissime puntate e portando in cucina la sua vita da ‘civile’, quella precedente all’assegnazione del grembiule di ordinanza: da allora niente è stato più lo stesso.

E così ci tocca constatare che anche i giudici più cattivi della tv hanno un cuore tenero, come un tortino al cioccolato caldo. E noi che volevamo un po’ di rigore in tv ci ritroviamo pure di fronte ai faccia a faccia ‘trash’ tra concorrenti, mentre il buon Bastianich viene ‘bippato’. Qualcosa non torna…

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