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L’Arena intervista Francesco Sicignano: “Ho fatto quello che dovevo fare”

L’Arena di Giletti dibatte sulla legittima difesa e sulla sicurezza partendo dal caso del pensionato di Vaprio D’Adda.

pubblicato 25 Ottobre 2015 aggiornato 2 Settembre 2020 09:10

L’Arena di domenica 25 ottobre si apre, senza preamboli, con un’intervista a Francesco Sicignano, il pensionato di Vaprio d’Adda al centro della cronaca italiana per aver sparato e ucciso un rapinatore che ha tentato di derubarlo in casa.

Iscritto nel registro degli indagati per omicidio volontario, il caso di Francesco Sicignano ha spaccato l’opinione pubblica, la politica e gli opinionisti. Non si fa che discutere sullo status giuridico della legittima difesa e sulla ‘necessità di sparare per difendere sé, la propria famiglia e i propri beni. E mentre l’eurodeputato Buonanno impugna una pistola in diretta tv, Massimo Giletti prende la telecamera e dà la parola a Sicignano, ormai un ‘eroe’ per molti cittadini esasperati da rapine e immunità, un ‘assassino’ per chi teme che si finisca per adottare una giustizia da “Far West”.

“Io un eroe? E’ una parolaccia! Ma non sono un assassino! Io mi son difeso, non ho sparato! (…)”

dice con veemenza Sicignano, che colpisce per la sua assoluta mancanza di ‘soggezione’ da telecamera.

“Io non ho pensato… in quei momenti lì non hai il tempo di pensare! ‘Spara in aria… Spara alle cosce… ma che stronzate dicono? Non sanno cosa vuol dire… Cosa potevo fare? Farmi violentare la moglie? Non sapevo neanche se erano armati. Sono arrivato qui e ho fatto quello che dovevo fare…”

aggiunge il pensionato, deciso, diretto, pur commuovendosi al pensiero di aver ucciso un uomo.

“Mi sono augurato che vivesse… son salito su a chiamare l’ambulanza”

ricorda Sicignano, che non si ‘pente’ per quanto fatto, sottolineando la differenza tra la sua reazione e un assassinio:

“Io vengo dalla scuola dei Salesiani… io non sono andato in giro a uccidere. Ma se non avessi avuto l’arma cosa avrei dovuto subire? Nessuno mi deve giudicare, la magistratura mi deve giudicare… sono tranquillissimo. Io mi faccio uccidere per i miei figli. Ho fatto quello che ritenevo giusto fare!”

Il concetto di giustizia e di ineluttabilità della reazione attraversa tutta l’intervista:

“Cosa succede se mi danno l’omicidio volontario? Mi dessero quello che devono. Ho fatto quello che ritenevo giusto!”

ribadisce Sicignano, il cui caso viene poi messo a paragone con quello del benzinaio Stacchio che ha sparato per difendere la commessa di una gioielleria ‘sotto attacco’. La sua determinazione e la sua chiarezza sono (paradossalmente) disarmanti, l’assenza della tipica cautela da intervista tv fanno sì che il suo racconto arrivi dritto al punto e rende ancor più vano il salottino ‘bon ton’ che vede l’un contro l’altro (dialetticamente) armati l’avv. Giulia Bongiorno, il deputato PD Emanuele Fiano, in collegamento l’onorevole della Lega Nord Massimiliano Fedriga, da La7 Myrta Merlino, quindi Alessandro Cattaneo e Stefano Zecchi.

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Caso delicatissimo, che sta sollevando questioni procedurali, giuridiche e politiche di peso nel nostro Paese. A colpire, però, la ‘forza’ dell’intervista di Sicignano (e la grandezza della grafica “Esclusiva L’Arena”, diciamocelo, per di più con il pensionato in diretta a Domenica Live nello stesso momento), molto diversa da quella rilasciata dal benzinaio Stacchio: il primo ‘ci mette la faccia’, diretto, convinto, deciso nell’inevitabilità della reazione armata; il secondo di spalle, tremante, pentito, costretto alla reazione per difendere una ragazza. Due modi diversi di raccontare (e vivere) un’esperienza comune: in fondo le due facce di un doppio dramma.

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E vale più l’intervista a Sicignano che quella pistola di Buonanno.