Home Rai 2 Terapia d’urgenza: tra il finto burbero ed il fascinoso, il ritmo rianima le storie. Ma i dialoghi sono da codice rosso

Terapia d’urgenza: tra il finto burbero ed il fascinoso, il ritmo rianima le storie. Ma i dialoghi sono da codice rosso

Si è appena conclusa la prima delle 18 puntate di “Terapia d’urgenza”, la nuova fiction ospedaliera made in Italy di Raidue. In un periodo in cui di medici in tv forse ce ne sono fin troppi, i medici dell’immaginario Morandini di sicuro non riabilitano il genere, ma neanche gli danno il colpo di grazia.Da questi

29 Agosto 2008 21:27

Terapia d'urgenza Si è appena conclusa la prima delle 18 puntate di “Terapia d’urgenza”, la nuova fiction ospedaliera made in Italy di Raidue. In un periodo in cui di medici in tv forse ce ne sono fin troppi, i medici dell’immaginario Morandini di sicuro non riabilitano il genere, ma neanche gli danno il colpo di grazia.

Da questi primi 95 minuti ci rimangono impressi alcuni aspetti, ovviamente non in modo definitivo, ma già da adesso possiamo capire che la direzione non è né sarà quella di emulare i serial americani. Nessuna colonna sonora, nessuna voice over, tanto spazio ai pazienti, i cui casi non sono neanche così imprevedibili come capiterebbe oltreoceano. Il tutto viene gestito da una regia fluida, di nuova generazione, che segue gli attori ed aiuta il ritmo del racconto, che appare in buona salute.

A questo apprezzabile approccio ad un realismo maggiore, però, fa da contraltare il nutrito assortimento di personaggi: dal burbero chirurgo (Rodolfo Corsato) di cui bastano poche scene per capire che è un timido tenerone, allo spagnoleggiante Palombo (Sergio Muniz: forse un omaggio al format originale della serie, iberico?), tanto affascinante quanto messo in corsia per attirare il pubblico femminile, passando per lo specializzando -con tanto di somiglianza fisica- alla O’Malley (Michele Cesari), i ritratti finora proposti non sono certamente all’altezza di una mega produzione come questa. Si poteva osare di più, soprattutto nei dialoghi, prevedibili e già sentiti in altre occasioni dalla prima all’ultima battuta.

E’ l’interpretazione generale che lascia a desiderare: dizione poco chiara, sguardi monotematici, pare non ci sia interesse a dare del proprio, a colorire il ruolo recitato, ma solo a rispettare il copione, tanto per andare sul sicuro.

Non mancano le storie di vita vissuta di medici ed infermieri, con tanto di scontro tra caposala (Daniela Scarlatti) e primario (Cesare Bocci), che si risolve con un appuntamento galante in ascensore. E, una volta sentita lei che dice a lui “Sei pazzo!” e la risposta “Sono il primario, faccio quello che voglio”, siamo certi che Meredith e Derek si saranno rivoltati, nel loro lettone matrimoniale, a fare cose di cui non staremo qui a spiegarvi.

Ma non possiamo, e non vogliamo, cadere nel tranello del paragone con le serie oltreoceano. D’ispirazione spagnola, “Terapia d’urgenza” non parte come “risposta italiana a”, ma è consapevole che il nemico da fronteggiare c’è, e ci sarà nelle prossime settimane. Allora cosa fare? Fuggire verso italici orizzonti della medicina nazionale, raccontandone disservizi e burocrazie, o sfidare Golia, e buttarsi nella mischia di cotanta serialità stetoscopica?

Per ora, la decisione sembra essere una via di mezzo: “ok, inventiamoci qualcosa, ma cerchiamo di restare coi piedi per terra”, questo pare lo scopo. Ma così si rischia di confondere e confondersi, e creare un guazzabuglio di situazioni piacevoli da seguire ma che non fanno urlare al fenomeno.

Restiamo in attesa di capire se questa era solo una falsa partenza, o se la strada ormai è selciata, e se dalla via di non ritorno del già visto e sentito non si potrà più fare marcia indietro.

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