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Disincanto, la recensione in anteprima Blogo della nuova serie Netflix di Matt Groening

La recensione in anteprima Blogo di Disincanto, la nuova serie di Matt Groening in arrivo su Netflix

pubblicato 16 Agosto 2018 aggiornato 31 Agosto 2020 22:39

La locandina di Disincanto recita “Dal creatore de I Simpson ma, in realtà, avrebbe fatto meglio a dire “Dal creatore di Futurama. Perché la nuova serie tv di Matt Groening, in arrivo su Netflix dal 17 agosto 2018, è più un diretto discendente di quanto imparato dalle avventure di Fry, Leela e Bender piuttosto che dalle dinamiche mostrate da Homer e dalla sua famiglia.

Disincanto parte da una premessa molto semplice: dimenticatevi la Springfield portavoce dei malesseri contemporanei e la New New York tanto futuristica quanto vicina ai nostri vizi. Ora siamo nel passato, in un’epoca medievale connotata da alcuni elementi fantastici (un po’ alla Game of Thrones, per intenderci).

Nel regno di Dreamland vive la principessa Tiabeanie, per tutti Bean, giovane donna ben diversa dalla sue coetanee. Amante dell’alcool (perché Groening se non mette un simpatico alcolista nelle sue serie non è contento) e delle scorribande nei peggiori locali del regno, è però destinata a cambiare vita quando il padre, il Re Zøg, decide che debba andare in sposa al principe di un regno vicino, non per amore ma per stringere un’alleanza che darà frutti economici a tutto Dreamland.

Qui entrano in gioco gli altri due protagonisti della serie: uno è Elfo, un vero e proprio elfo che sfugge dal magico mondo in cui è sempre vissuto per scoprire cosa si trova oltre i confini della sua terra; l’altro, invece, è Luci, una strana creatura che si dichiara essere il demone personale di Bean, pronto a darle i peggiori consigli che possa sussurrarle.

Inizia così l’avventura di Bean, in cerca di un’emancipazione dal proprio ruolo di principessa, tra personaggi ispirati alle leggende ed altri alle credenze popolari. Disincanto (di cui Netflix metterà in catalogo primi dieci episodi, ma altri dieci ne sono già stati prodotti) di simile ad I Simpson ha solo lo stile dei disegni, una linea unica che è di Groening.

Il resto, è chiaramente ispirato ai motivi del successo di Futurama: il tentativo di volersi adattare in un mondo che ti vuole diverso, l’esplorazione dell’ignoto che diventa un viaggio dentro di sé e qualche elemento di contemporaneità riadattato però al linguaggio proprio del racconto. Groening non propone nulla di nuovo sul fronte dell’animazione, confermando invece il proprio stile ed andando a realizzare un prodotto accessibile a più persone possibili.

Sono lontani i tempi della provocazione vera e propria della famiglia animata più famosa della tv: dalla combinazione Groening-Netflix ci si sarebbe aspettato qualcosa di più rivoluzionario, ma la scelta è stata diversa. Preso da questo punto di vista, quindi, si potrebbe restare un po’ delusi da Disincanto. Eppure, la serie non va assolutamente bocciata.

A salvare il lavoro fatto da Groening con The Ululu Company, The Curiosity Company e lo studio di animazione Rough Draft Studios è piuttosto l’universo creato intorno ai tre protagonisti. C’è da dire che Groening ed il suo team hanno sempre avuto questa capacità di costruire interi mondi ricchissimi di personaggi e quindi spunti per raccontare un numero di storie davvero vasto. Fin dalle prime puntate, ci si rende conto che Disincanto ha molto da dire: basta osservare quei personaggi di cui ancora non sappiamo il nome ma che vengono mostrati, dietro a cui c’è già la possibilità di costruire nuove storyline e nuove avventure. Proprio come successo, nell’arco degli anni, con Futurama.

Non sarà una rivoluzione, ma Disincanto sembra volersi far scoprire con calma, come un vecchio libro di miti e leggende tutto da sfogliare. Bisogna solo capire se basterà al pubblico di Netflix.

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