Home Piazzapulita Corrado Formigli a TvBlog: “Il mio rivale non è Del Debbio, ma Rai3. Su La7 libertà e indipendenza. A Mediaset possono dire lo stesso?”

Corrado Formigli a TvBlog: “Il mio rivale non è Del Debbio, ma Rai3. Su La7 libertà e indipendenza. A Mediaset possono dire lo stesso?”

Intervista a Corrado Formigli, che riparte con Piazzapulita: “Il giovedì soffriamo le pene dell’inferno, ma resta un giorno storico. La figurina di Vannacci ospite in studio mi fa sorridere. Non criminalizzo chi protesta per l’ambiente. A condannarli sono gli stessi che negli anni settanta lanciavano molotov”

pubblicato 13 Settembre 2023 aggiornato 30 Novembre 2023 16:01

Nessuna voglia di cambiare, nessuna voglia di staccarsi dalle proprie radici. Piazzapulita inaugura giovedì la sua quattordicesima stagione e lo fa con la consapevolezza di aver consolidato un brand. “E’ nettamente il programma di approfondimento di prima serata più longevo – evidenzia Corrado Formigli a TvBlog – siamo in onda dal 2011 e le cose che funzionano si ritoccano il meno possibile. Per questo la formula rimarrà quella del talk, sommato alle inchieste, ai reportage e ad un grande lavoro sulle immagini”.

Le novità salienti saranno rappresentate da due new-entry: Romano Prodi e Michele Serra. L’ex premier verrà spesso interpellato su geopolitica ed economia, mentre lo scrittore aprirà gli appuntamenti dialogando col padrone di casa. “A loro si aggiungeranno figure ricorrenti come Tito Boeri, Mario Calabresi, Francesco Specchia, Francesco Borgonovo, Alessandra Sardoni ed Emiliano Fittipaldi. Col quotidiano Domani abbiamo avviato anche una collaborazione sulle inchieste che rafforza sia noi che loro. Inoltre, anche Roberto Saviano avrà modo di affacciarsi in trasmissione”.

Un rapporto, quello tra Formigli e La7, più saldo che mai. Il contratto del giornalista, che sarebbe scaduto nel settembre 2024, è già stato rinnovato per altri due anni. “Purtroppo Giorgia Meloni dovrà sopportarmi fino al 2026. Scherzo, naturalmente. Anzi, nei giorni scorsi le ho mandato un messaggino per chiederle un incontro e invitarla in diretta. Non mi ha risposto, ma ammetto di averglielo spedito quando era in partenza per il G20. Avrà avuto pensieri più importanti, magari mi risponderà. In fondo, un caffè assieme ce lo possiamo prendere”.

Il nuovo accordo con la rete va di pari passo allo sdoppiamento che avverrà a partire da gennaio.

Sì, stiamo lavorando a Cento Minuti, un prodotto nuovo e autonomo che andrà di lunedì, su cui stiamo concentrando tutta la nostra creatività. Lo studio sarà differente, così come la grafica e la scenografia. Sarà assente il talk e saranno, per l’appunto, cento minuti di inchiesta pura. Di fianco a me avrò Alberto Nerazzini e godrò dell’importante contributo di Davide Savelli.

Non teme l’effetto saturazione e il rischio di ‘annacquare’ i contenuti del giovedì?

Se Piazzapulita prevedrà 35 puntate complessive, in questo caso saranno solo 8-9. Non ci sarà la sovrapposizione per l’intera stagione. Cento Minuti sarà più documentaristico, con un’impostazione registica diversa. Sarà un’altra cosa, sia per la lunghezza che per la mancanza di interruzioni pubblicitarie, per quanto possibile.

La collocazione del lunedì non è per lei inedita.

Quando Santoro approdò a La7, Piazzapulita si spostò proprio al lunedì, per poi tornare al giovedì quando se ne andò. E’ una serata complessa, come ormai lo sono tutte. Tuttavia, ritengo che il lunedì sera sia il posto giusto per le inchieste.

Potrebbe essere la prova generale per un nuovo spostamento di Piazzapulita?

Il giovedì soffriamo le pene dell’inferno. C’è di tutto, tra la fiction di Raiuno, Del Debbio e il calcio, ma non abbiamo alcuna intenzione di spostarci. Il giovedì resta un giorno storico e, soprattutto, se vuoi stare molto sull’attualità confezionando dei servizi lunghi, è complicato pensare ad una messa in onda al lunedì. Nel weekend avresti poco tempo per realizzarli.

La7 si è accesa una settimana dopo rispetto a Rete4. Questo ritardo potrebbe penalizzarvi?

La stagione televisiva è lunga, non possiamo porre tutte le aspettative sulla prima puntata. Certo, un po’ si sconta il fatto di essere stati spenti per tre mesi, devi ricostruire il rapporto col pubblico, il nostro ascolto è sempre un pochino diesel. Ma ti dico una cosa: il mio problema non è Rete4, bensì Rai3. Ho sempre guardato all’offerta di Rai3, perché tra la Rai – e in special modo la terza rete – e La7 avviene uno scambio maggiore. Lo spettatore sceglie per affinità di rete. Se da Rai3 uno spettatore cambia canale, passa da noi e viceversa. Sono mondi più contigui. Motivo per cui per me è molto più importante vincere la sfida con Rai3. Poi se riesco a catturare del pubblico a Rete4 sono felice, ma credo che siano universi più separati.

L’estate è stata più movimentata del solito, tra emergenza stupri, clima impazzito e l’esplosione del caso Vannacci. Ha mai sentito il desiderio di essere in onda?

Un giornalista ha sempre voglia di stare sul pezzo. A mio avviso il fatto più eclatante dell’estate è stato quello degli incendi. Si è certificato una volta per tutte il cambiamento climatico. Il racconto di un territorio sempre più abbandonato andava fatto.

E lo ha trovato da qualche parte?

Nei telegiornali. Ma ammetto che d’estate guardo poca televisione, cerco di disintossicarmi e di ricaricarmi.

Citavo il generale Vannacci. Affronterà il tema in trasmissione?

La figurina di Vannacci ospite in studio mi fa sorridere. E’ diventato un tuttologo, tra un po’ gli chiederanno un parere anche sul Superbonus. Questo meccanismo di spolpamento del personaggio non mi piace. Al contrario, mi interessa molto il suo mondo. Mi incuriosisce sapere chi ha comprato il suo libro e perché. Vorrei cercare di intercettare questo popolo che per anni si è sentito marginalizzato.

Dopo quasi un anno, sembra continuare la luna di miele tra gli italiani e il governo. I talk di ‘opposizione’ come il suo ne stanno risentendo.

Il boom delle vendite del libro di Vannacci ci dimostra che c’è un Paese che ha desiderio di rivalsa e che si è sentito per anni sottorappresentato. Questa voglia di esistere, di contare e di prendersi una rivincita rispetto ad un blocco di potere di sinistra si riverbera nei programmi di Rete4. Il desiderio di rivalsa ha tenuto alto il pubblico di Mediaset. Alle ultime elezioni, obiettivamente, si è verificata una rottura storica, nel bene e nel male. Questo fatto epocale si sta consumando sulle reti Mediaset e non ne sono stupito. Sono soddisfatto degli ascolti che totalizza La7, un’emittente che non ha una potenza economica e tre reti come Mediaset. In compenso, siamo una realtà totalmente libera, indipendente rispetto al potere politico. Dall’altra parte possono dire lo stesso? Direi di no.

Ha ancora senso gridare al pericolo fascista, o si corre il rischio di alimentare una narrazione ormai superata?

Che ci sia anche un problema legato alla memoria è evidente. Non sopporto chi si infastidisce perché si solleva il problema del fascismo. Abbiamo esempi eclatanti, a partire da un presidente del Senato che non festeggia il 25 aprile e che ha affermato che quelli uccisi in via Rasella erano musicanti semi-pensionati. Per non parlare dell’ex portavoce della Regione Lazio che ha affermato che Mambro, Fioravanti e Ciavardini non furono gli autori della strage di Bologna. Senza dimenticare che i saluti fascisti continuano a fioccare nelle basse sfere di Fratelli d’Italia, ogni tanto ne esce qualcuno. Quando la Meloni si dichiarerà apertamente antifascista, secondo me le polemiche si chiuderanno. Ma a quel punto dovrà cacciare certi elementi dal suo partito.

Saviano apparirà a Piazzapulita, ma si è visto cancellare il suo programma in Rai.

E’ molto pericoloso cancellare programmi sulla base di un sedicente codice etico, perché attraverso il codice etico si può introdurre la censura. Per me lo stop a Roberto è stato un puro dispetto fatto agli spettatori e ai conti della Rai, visto che la trasmissione era già pronta e pagata. E’ stato uno spreco di denaro pubblico.

Prima di lui un’identica sorte era toccata a Filippo Facci.

Sono contrario a questa decisione, come per Saviano. Se vale il codice etico, allora chiediamoci se Giampaolo Rossi può fare il direttore generale della Rai dopo aver rilasciato determinate dichiarazioni su Putin. Bisognerebbe semplicemente applicare le regole editoriali e valutare Facci solo per la sua capacità di stare in video. E’ facile attaccarsi ad una frase. Così facendo, ad ognuno di noi potrebbero tirarne fuori una dal passato. Diventa una caccia alle streghe.

Diverso il discorso per Fabio Fazio.

A Fazio non è stato rinnovato un contratto che è stato per lungo tempo sul tavolo di Fuortes, ma anche Sergio non si è impegnato per trattenerlo. La Rai ci ha guadagnato o perso col suo addio? Questa battaglia l’avrebbe dovuta portare avanti la sinistra, ma ha dimostrato di essere debole in Rai e di non avere le idee chiare. I risultati li vediamo, abbiamo i palinsesti occupati dalla destra e non si capisce perché determinati programmi siano stati chiusi e alcune persone siano state messe da parte. Con quale criterio le hanno sostituite?.

Nel 2002 ad essere messo da parte fu lei. Era nella squadra di Michele Santoro e subì le conseguenze dell’editto bulgaro.

Quell’editto cambiò la mia vita. A ripensarci oggi è stato la mia fortuna, ma né Mauro Masi, né Silvio Berlusconi potevano saperlo. Avevo 34 anni e la carica di inviato speciale di Rai1 e Rai2. Rimasi per un anno chiuso in una stanzetta a non fare niente dalla mattina alla sera. Provai a traslocare al Tg3 ma me lo impedirono. Non riuscivo a muovermi, fu un vero episodio di mobbing. Nel 2003 passai a Sky, poco prima di ferragosto. In Rai avevo un contratto a tempo indeterminato e mi licenziai per andare a fare il precario sul satellite. Con il programma Controcorrente imparai a condurre e a confrontarmi con un editore. Lì costruii una mia squadra e ancora oggi alcune di quelle persone continuano a stare con me.

Quattro anni fa si appassionò al movimento delle Sardine, ora è il turno degli ambientalisti di Ultima Generazione. Dà a loro ampio spazio e, di fronte a certe azioni, utilizza un tono che pare assolutorio.

A me un ragazzo che si batte per l’ambiente, seppur con la sua ingenuità e irruenza, sta simpatico e non lo criminalizzo. E’ sempre meglio che stare a casa a rincoglionirsi su Tik Tok. Mi piace tanto questo ditino alzato contro dei ragazzi che lanciano vernice lavabile ai monumenti. A condannarli sono gli stessi che negli anni settanta teorizzavano la lotta armata e lanciavano molotov. Le proteste sono sempre estreme, preferisco loro a chi se ne frega.

Esisterà una via di mezzo…

Con le vie di mezzo si va da poche parti. Queste proteste vanno guardate con attenzione. Mi dà fastidio che vengano ridicolizzate. Ho dei figli e mi preoccupo del loro futuro. Fossi giovane sarei arrabbiato come o più di loro.

Da Piazzapulita è partita l’ascesa mediatica di Stefano Bandecchi. Nutre qualche pentimento in tal senso?

La tv ha ancora un suo potere, poi non so quanto il suo successo sia dipeso dalle partecipazioni a Piazzapulita. Penso abbia vinto a Terni perché c’è voglia dell’uomo forte. Un’idea che ha a che fare con la nostalgia verso un’epoca fortunatamente passata.

Alla Berlinguer contestano di aver pompato Alessandro Orsini, mentre a Floris ricordano ancora oggi di aver lanciato in politica Renata Polverini. Nel caso di Bandecchi è legittimo risalire a lei.

Io non ho preclusioni. Ho avuto in studio esponenti di Casa Pound, ho intervistato David Irving che affermò robe terribili sulle camere a gas. Non ho mai regalato nulla, faccio semplicemente il mio lavoro. Quando ho invitato Bandecchi l’ho fatto confrontare con persone che lo hanno attaccato. In consiglio comunale, a mio avviso, ha assunto atteggiamenti fascisti, non ho problemi a dirlo. I talk registrano quello che già c’è, siamo dei sismografi. Bandecchi lo conoscevo da tempo e si inseriva perfettamente nello spirito di quest’epoca.

Giuseppe Cruciani ha affermato, senza giri di parole, che i talk sono grandi rappresentazioni teatrali e che “se uno vuole informarsi non guarda un talk, ma gira da un’altra parte”. Un po’ di ragione ce l’ha.

E’ un ragionamento che condivido in parte. E’ vero che la polarizzazione è il sale dei talk, però non sono d’accordo quando dice che chi li guarda non cerca informazione. Penso che chi ci sceglie cerchi una bussola. I lavori giornalistici che realizziamo, con inchieste e reportage, sono elementi di conoscenza. A Piazzapulita non propongo solo lo scontro tra due fazioni, ma anche dei faccia a faccia tra me e l’ospite. Dipende dai momenti. Probabilmente Giuseppe quando dava quella lettura pensava a Dritto e rovescio, io invece penso al mio programma. Infatti siamo differenti. Come generi apparteniamo alla stessa categoria, ma siamo distanti.

Le è dispiaciuto non poter raccontare Silvio Berlusconi, in occasione della sua morte?

Non ero più in onda, ma non mi piace realizzare le trasmissioni sui morti. E’ qualcosa che non so fare. Non mi sono morso le mani, i coccodrilli mi mettono in difficoltà, ma riconosco che sia stato uno dei più importanti personaggi politici del dopoguerra, nel bene e nel male.

Pensa che la sua scomparsa abbia facilitato il superamento di certi steccati? Mi riferisco all’approdo a Mediaset di Bianca Berlinguer.

Credo che Berlusconi fosse diventato un fattore di blocco per Mediaset. La sua presenza rappresentava oggettivamente un freno. La mossa di Piersilvio è stata giusta, intelligente. Ha capito che il programma di Bianca è più adatto a Rete4 che a Rai3. E’ stata un’intuizione importante. Carlo Freccero parla di ‘tv a segmenti’ e ritengo che quella della Berlinguer sia proprio una trasmissione a segmenti: c’è Corona, poi Briatore, poi Orsini. Questi blocchi, piuttosto che una narrazione complessiva, si prestano molto al racconto di Mediaset.

A Mediaset ci andò anche lei, quando Silvio Berlusconi c’era.

Ma Forza Italia stava all’opposizione e c’era sul piatto un tema forte come la guerra in Kosovo. Berlusconi era sensibile all’argomento, non è mai stato un guerrafondaio e le ultime sue uscite sul conflitto in Ucraina lo dimostrano. La linea di Michele Santoro, con cui lavoravo, era critica. Diciamo che ci fu una comune sensibilità. Successivamente, quando affrontammo altre vicende e parlammo di Dell’Utri, il rapporto si guastò e ce ne tornammo in Rai.

A proposito di Dell’Utri, come mai lo scorso aprile non deste la notizia dell’assoluzione della Cassazione sulla presunta trattativa Stato-Mafia?

La comunicazione arrivò di giovedì pomeriggio e non avevamo abbastanza elementi per coprire la notizia. Dopodiché, non mi sono mai appassionato al tema della trattativa, non mi accende particolarmente. Ci sono colleghi che sull’argomento sono molto più titolati di me. Soprattutto uno lo era: Andrea Purgatori. Mi piace ricordarlo, ci manca molto.

 

Fotografia di copertina di Paolo Properzi

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