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Alessandra De Stefano: il racconto della famiglia la cifra del Circolo degli anelli

L’intervista all’ideatrice e conduttrice del programma di Rai Sport Il circolo degli anelli, il successo dell’estate sportiva legata alle Olimpiadi

di Hit
11 Agosto 2021 13:26

E’ stata la sorpresa televisiva dell’estate 2021, quella dei meravigliosi Giochi dell’Olimpiade numero trentadue di Tokyo. Già perchè le fantastiche 40 medaglie da record vinte dagli azzurri in terra nipponica sono state raccontate ogni sera nel Circolo degli anelli, il programma di prima serata di Rai Sport e diffuso da Rai2 che ha conquistato sera dopo sera ascolti, critica e simpatia del pubblico. Gran sacerdotessa di questo programma è stata Alessandra De Stefano che appesa solo per un momento la passione per la bicicletta, si è calata nei panni del direttore d’orchestra, dirigendo un gruppo di straordinari solisti, diventati per l’occasione elementi di una fantastica orchestra. Da poche ore tornata in famiglia per conquistare alcuni giorni di meritate vacanze, TvBlog l’ha disturbata per parlare di questa sua bellissima estate 2021.

Come stai ?

Stanchissima davvero. La tensione muscolare che si è sciolta dopo 17 giorni di lavoro si sta facendo sentire.

Quanto dormivi ?

Fai conto tre ore al giorno, fra le 7 e le 10 del mattino. Alcune volte anche meno, altre proprio per niente.

Qual è stata la prima telefonata arrivata dopo la prima puntata e la prima dopo l’ultima puntata del Circolo degli anelli ?

La prima telefonata dopo la prima puntata è stata quella del mio ex direttore di Rai Sport Giovanni Bruno, che mi ha detto che il programma avrebbe funzionato, la formula è perfetta, sarà un successo mi disse. Invece la prima dopo l’ultima puntata è stata quella di mio marito.

Hai sentito l’azienda al tuo fianco in queste settimane ?

Si alla fine si. Rai Sport non aveva mai fatto una prima serata. Salini è stato quello che ci ha dato l’opportunità di fare questo programma in prime time, in un primo momento era previsto solo in seconda.  Il “Circolo”  è stato un programma completamente realizzato da Rai Sport e noi non abbiamo certamente le risorse che può avere una Rete. La Rete ha i mezzi per fare un programma di prima serata, noi un po’ meno, ma ce la siamo cavata bene,

E come ci siete riusciti ?

Lavorando sul progetto. Io ho creduto molto sul progetto di mostrare le famiglie degli atleti, di raccontare cioè quello che non si vedeva in pista. Volevo mostrare che il sacrificio di un atleta ha dietro anche quello delle persone che gli stanno accanto.

Quindi il segreto, la forza, l’elemento centrale del programma è stata questo di mostrare le famiglie

Assolutamente si. Da questo siamo partiti. La voglia era quella di raccontare tutto ciò sdoganando un linguaggio diverso. Non avevamo voglia di alimentare polemiche, litigi, il fatto che ci deve essere sempre qualcuno che vince, ci interessava altro.

Cosa ti lascia il Circolo degli anelli ?

Mi lascia la soddisfazione di aver aspettato tanti anni, ma alla fine di aver dimostrato che questo tipo di modello televisivo può funzionare. Voglio ringraziare tantissimo i miei compagni di lavoro, Jury, Sara, Diego, Domenico e tutti quelli che hanno lavorato a questo programma, perchè è un successo di gruppo quello del Circolo degli anelli, da soli non si va da nessuna parte. Poi io ho sette sorelle ed un fratello, quindi la dinamica del gruppo la conosco bene da sempre (ride, ndr).

Qual è stato il tuo esempio di televisione ?

Ho iniziato a lavorare con Claudio Ferretti, prima a Telesogni e poi al Processo alla tappa al Giro d’Italia. Claudio mi diceva sempre di cercare qualcosa da dire, cioè cercare una angolazione diversa rispetto alla notizia. La notizia ha una vita breve, quello che resta è la storia che ci sta dietro. Se la medaglia tu la racconti conoscendo la storia di come ci si è arrivati a quel risultato, il prodotto che ne esce diventa qualcosa di diverso, di originale, di unico, di interessante.

Il  risultato sportivo viene sempre da molto lontano

Avevo proposto al CONI una trasmissione che seguisse gli atleti azzurri che andavano per la prima volta alle Olimpiadi. Poi non si è potuta fare per vari motivi, fra cui il Covid, gli sponsor degli atleti, ma sono convinta che sarebbe stato un modo molto interessante di raccontare ciò che sta dietro ad un evento importantissimo per un atleta: l’ Olimpiade.

Quella del Circolo degli anelli ti piacerebbe fosse una esperienza televisiva che avesse un seguito ?

Mi piacerebbe rivivere una esperienza come quella del “Circolo” con lo stesso gruppo. Siamo diventati come una famiglia. Andavamo a cena, ci sentivamo spessissimo al telefono, avevamo una chat frequentatissima fra di noi, ci si aspettava fino a tardi, insomma, la cosa che mi piacerebbe possa proseguire è l’amicizia e il rapporto che si è creato fra noi, indipendentemente da quello che il futuro ci riserverà.

I tavoli sembra vadano sempre più di moda in televisione, penso ad esempio a Che tempo che fa. In cosa si è differenziato il Circolo degli anelli rispetto agli altri esempi simili del piccolo schermo italico ?

Non c’è proprio da far paragoni. Fazio fa un altro tipo di trasmissione, lui è una corazzata. Noi abbiamo voluto proprio un tavolo diverso. Io per esempio, per dire una cosa squisitamente estetica e di come mi piaccia lavorare sui particolari,  ho voluto un tavolo a semi cerchio perchè ha un impatto visivo diverso in televisione, in questo modo in video si vedono più le facce rispetto al tavolo stesso.

Al termine di ogni esperienza si arriva sempre arricchiti rispetto a ciò che si è vissuto. Qualora dovesse iniziare domani il Circolo degli anelli, cosa toglieresti e cosa aggiungeresti alla luce di queste settimane in prime time su Rai2?

Aggiungerei un operatore e due turni di montaggio in più. Forse non avrei alternato troppo i volti in studio e avrei tenuto un cast fisso, ma sinceramente non ci sono davvero molte cose che non farei. C’è molta della mia storia professionale in questa trasmissione.

Cioè ?

Le storie del Tour. L’aver fatto tanta strada a piedi alla ricerca di quelle storie, arrivando a conoscere proprio quelle famiglie degli atleti che sono state la base del Circolo degli anelli. Tutti quegli anni a raccontare il ciclismo, uno sport speciale, unico che ho nel cuore.

Quanto ha influito il mito alimentato dai social sul successo del Circolo degli anelli, anche in considerazione del fatto che il programma non era reperibile su Rai Play ?

Ci ha fatto molto piacere l’entusiasmo dei social. E’ stato molto bravo Diego Antonelli che si è occupato di questo aspetto nel nostro programma. Non volevo che i social fossero messi in un angolo del “Circolo” e per questo l’ho voluto proprio fisicamente al tavolo.

Hai poi richiamato il professor Morelli dopo l’ultima puntata?

Certo ed era molto entusiasta della sua partecipazione, mi ha detto che si è divertito molto e noi con lui. Sono certa che ci rincontreremo in televisione.

Parliamo un momento di tennis, un tema sfiorato nel corso dell’ultima puntata del “Circolo” da Adriano Panatta. Che ne pensi di Sinner che ha rinunciato alle Olimpiadi dicendo che non  ha giocato il suo miglior tennis negli ultimi tornei, salvo poi partecipare (e vincere, bontà sua) nei giorni scorsi il torneo di Washington?

A Sinner abbiamo chiesto una intervista per la prima puntata del “Circolo” in cui gli avremmo chiesto i motivi di questa sua decisione, ma lui non l’ha voluta fare, abbiamo anche insistito, ma è stato irremovibile. Io penso che il senso di una Olimpiade ti abita, se non ce l’hai dentro di te non puoi capire cosa significa. Se tu chiedi a Paolo Bettini la sua vittoria più bella ti risponderà Atene. Una medaglia al collo ti da una sensazione che non ha eguali.

Cosa significa per Alessandra De Stefano essere anche vice direttrice di Rai Sport?

Zero. Significa nulla. La cosa più importante è far bene quello che fai.

Se ti proponessero di fare la direttrice di Rai Sport ?

Non lo so. A parte che non me le proporranno mai (ride, ndr).

Preferisci fare il soldato (o l’Ufficiale)  in campo?

L’importante è essere sul campo, poi il grado non è così fondamentale. Io sono stata per molto tempo soldato semplice.

Tutti (o quasi) siamo stati, o siamo, soldato semplice. Sono convinto che poi alla fine della fiera è quello che impari da soldato semplice che diventa parte integrante del tuo lavoro, con o senza gradi sulle spalline. 

La play list di Alessandra De Stefano

Chiudiamo con la musica, stai per partire per un viaggio in macchina, quali sono le canzoni della tua play list che ti accompagneranno lungo il percorso ? A te il microfono per presentarcele :

 

Partiamo con “Thunder Road” del Boss, di Bruce Springsteen. Perchè l’immagine di questa donna con questo vestito che sventola ti da proprio il senso di qualcosa che può succedere. «Lo so che è tardi, ma possiamo farcela se corriamo» dice Bruce. Ascoltiamola allora da un concerto live da Barcellona Thunder road, amici di TvBlog, the Boss, Bruce Springsteen:

 

Poi ti dico John Coltrane, qualsiasi cosa di John Coltrane,  perchè  in assoluto la sua musica è la colonna sonora migliore per un viaggio. John Coltrane ti può portare ovunque.  Ascoltiamolo dunque con la sua inconfondibile tromba in Blue Train:

 

 

Quindi “Time after time” cantata da Chet Baker, quando brano e interprete insieme fanno il Top.

 

 

Poi aggiungerei alla mia play list “Nature boy” del grande Nat King Cole:

 

 

E poi ancora Dinah Washington con  “What Difference A Day Makes“. Si vede che sono un’amante del Jazz, lo so. La differenza che può fare un giorno è praticamente la mia filosofia di vita. Mia mamma diceva che quello che non succede in una vita può capitare in un giorno, quindi occorre essere gentili sempre, perchè per essere cattivi ci vuole solo un minuto :

 

 

Chiudo questa mia play list con due brani italiani, il primo è “Città vuota” di Mina :

 

 

 

Il secondo è “A far l’amore comincia tu” della mia cara amica Raffaella Carrà, pezzo questo che cantavamo sempre a squarciagola insieme a Bennati e Garzelli durante i trasferimenti in macchina durante il Giro d’Italia :

 

 

 E adesso?

Spengo tutto e sto con mio marito.