Home Notizie Domenica Live, 14enne seviziato a Napoli: fino a che punto l’informazione è legittima (e rispettosa)?

Domenica Live, 14enne seviziato a Napoli: fino a che punto l’informazione è legittima (e rispettosa)?

Dove dovrebbe fermarsi il dovere di cronaca per lasciare spazio al rispetto (soprattutto nei casi che riguardano un minore)?

di grazias
pubblicato 12 Ottobre 2014 aggiornato 2 Settembre 2020 23:24

Non la lasciano mai tranquilla. Volevo dire che la chiamano a qualsiasi ora per farla parlare di quello che è successo. Voi siete una redazione serissima, non ce l’ho con te Barbara. Ma non tutti sono altrettanto seri. Lei si è sentita così male stamattina più per le telefonate pressanti che per la situazione del figlio.

A dire queste parole in diretta tv a Domenica Live è Ivan, nipote di Stefania. Stefania è la mamma di Vincenzo, il quattordicenne che è stato seviziato a Napoli con il tubo di un compressore. I suoi carnefici sono tre ragazzotti di ventiquattro anni. L’autore materiale dello sconsiderato gesto, già padre di una bambina, ha trovato fin dall’inizio l’appoggio dei suoi famigliari pronti a difenderlo pubblicamente perché è stato solo uno scherzo. Uno scherzo, dicono. E allora serve un commento da parte di Stefania, la mamma di Vincenzo. Facciamo solo una telefonata, dicono.

Così, a quanto pare, il telefono di questa donna suona incessantemente da giorni. Da quel tragico giorno in cui il suo bambino, così lo chiama perché questo è quello che è, sorridente e cicciottello si è trasformato in una creatura terrorizzata, tanto terrorizzata che nemmeno parla più, si limita a fissare il soffitto. Il soffitto di una stanza d’ospedale. È un dolore troppo grande, dice Stefania in diretta tv, a Domenica Live, con la voce rotta dai singhiozzi.

E io, da telespettatrice, sono terribilmente dispiaciuta. Per la storia, certo, una storia assurda che mi ha sconvolta dal primo giorno. Ma quel particolare lì, quello del telefono di Stefania che continua a squillare è un tassello nuovo e altrettanto agghiacciante in questo puzzle dell’orrore. Quando succede qualcosa di grave, perfino i parenti a volte si fanno scrupoli a chiamare chi ha subito una disgrazia perché immaginano (e comprendono) il dolore, il dolore troppo grande che sta attraversando chi piange un lutto o una tragedia famigliare. L'”informazione” italiana, evidentemente, non ha questo tatto.

Una persona sotto choc come sicuramente è Stefania può chiudersi a riccio. Oppure raccontare ogni particolare di ciò che le è successo, magari anche qualcosa che, col senno di poi, si sarebbe tenuta per sé. Sto cercando il modo meno brutale possibile per dirlo ma temo non sia possibile data la brutalità della situazione quindi il punto è: c’era bisogno di sapere quanto in profondità fosse entrato quel maledetto tubo nel corpo di Vincenzo? Stefania l’ha detto e non in risposta ad una domanda diretta di Barbara d’Urso. L’ha detto per raccontare, per sfogarsi, l’ha raccontato in preda al pianto. Non la si può certo biasimare perché, come detto, era lo choc a parlare. Non lei e nemmeno Barbara d’Urso, per la prima volta, forse, davvero commossa e senza parole.

Ma, in una settimana che definire assurda tra Genova e brutalità varie è dire poco, almeno questo non si potrebbe prevedere? Dobbiamo assistere anche a Massimo Giletti che, stizzito, annuncia il mancato collegamento con la mamma di Vincenzo per sentirla poco dopo in diretta telefonica con Barbara d’Urso? Questo scippo, questa gara, non è a suo modo terribile quanto il telefono di Stefania che continua e, purtroppo, continuerà a squillare?

Io, in questo momento, so tutto sull’assurda tragedia che ha colpito Vincenzo. E mi sento in colpa. Mi sento in colpa perché quel ragazzo non lo conosco. Ma so troppo di lui ora, so cose che probabilmente non avrebbe voluto vedere spiattellate in diretta nazionale, alla mercé di chiunque. Non riesco ad evitare di mettermi nei suoi panni. E sono profondamente triste. Per la seconda, maledetta volta il rispetto si è preso una pausa dalla coscienza di tutti.