Home Notizie Olimpiadi 2012, Marco Lollobrigida a Tvblog: “Mai prendersi troppo sul serio nelle telecronache, non siamo inviati di guerra”

Olimpiadi 2012, Marco Lollobrigida a Tvblog: “Mai prendersi troppo sul serio nelle telecronache, non siamo inviati di guerra”

Marco Lollobrigida sarà il telecronista delle competizioni di canottaggio per Raisport alle Olimpiadi di Londra 2012: Tvblog l’ha intervistato

24 Luglio 2012 11:36

Marco Lollobrigida, nato a Roma il 3 aprile del 1971, maturità al liceo classico, studi di Giurisprudenza non finiti, una moglie e due figli. Alle Olimpiadi di Londra 2012, commenterà le gare di canottaggio per Raisport.

Come a Pechino 2008.

“Esatto, da quando Giampiero Galeazzi ha lasciato. Diciamo che come compito è stato più che impegnativo: non sono andato a sostituire uno bravo, ma un mito. Ho preso il posto di un maestro, semplicemente, di un pezzo di storia. Nell’immaginario collettivo sportivo oggi ci si ricorda di due esultanze: il triplice ‘Campioni del mondo’ di Nando Martellini, e la telecronaca di Giampiero a Seul ’88. Praticamente Galeazzi ha inventato un tipo di telecronaca che prima non esisteva. Credo che tutti noi dovremo sempre ringraziare Giampiero, e non lo dico per piaggeria: ha dato un’anima alle telecronache, le ha personalizzate. Ha capito, insomma, che il telecronista ha un ruolo”.

Quindi, secondo te, nel racconto di un evento sportivo il telecronista deve “farsi sentire”.

“Certo. Io credo che sia sbagliato prendersi troppo sul serio in questo lavoro. Non bisogna dimenticarsi che stiamo parlando di sport, e ciò di cui hanno bisogno le persone è, innanzitutto, entusiasmo. Non sei in Africa o in Afganistan come inviato di guerra: puoi anche permetterti la battuta. Lo sport, anzi, deve regalare sorrisi. Ci sta il disincanto, ci sta il lasciarsi andare. Naturalmente con moderazione, anche perché nel momento in cui ti lasci andare aumenta il rischio che tu commetta un errore”.

Come ti stai preparando per Londra?

“Guarda, commentare il canottaggio è una bella avventura. È uno sport particolare, devi conoscerlo bene, sono stato anche in barca con un maestro per provare a capirci di più. A Pechino è andata bene, nel senso che non sono stato massacrato! No, scherzi a parte, non ho ricevuto particolari contestazioni, né dai critici televisivi né dagli addetti del settore e dagli esperti del canottaggio. Poi va beh, le critiche degli spettatori ci sono sempre, ed è anche normale”.


Commenterai il canottaggio, quindi, ma tu vieni dal calcio e dall’atletica. A proposito di calcio, ti abbiamo visto agli Europei. L’atletica, invece, non la commenti più. Come mai?

“Perché nel 2009, quando il mio direttore mi ha indirizzato verso il calcio, ho deciso di lasciare l’atletica. Io credo che non si possano seguire in maniera adeguata due sport ‘primi’, come il calcio o l’atletica. O uno o l’altro, anche perché se prendi tutto rischi di non fare bene niente. Sostituendo Franco Bragagna, mi sono reso conto che l’atletica è uno sport complicato, richiede un aggiornamento costante. E non solo perché un semplice meeting dura quattro ore. È una questione di correttezza, anche nei confronti di altri colleghi che magari hanno l’ambizione di seguire lo stesso sport e potrebbero dedicarci più tempo. E infatti Luca Di Bella, il “secondo” di Bragagna, sta facendo un ottimo lavoro”.

Hai nominato Franco Bragagna, non posso non chiederti un’opinione sulla querelle con Fabio Caressa.

“Non mi sottraggo. Inizio col dirti, però, che nella famosa intervista in cui Caressa contestava l’operato della Rai agli Europei, per me ha speso belle parole, quindi sono in difficoltà. Io non lo conosco di persona, per cui ho incassato con piacere i complimenti ricevuti dalla prima voce della concorrenza. Detto ciò, veniamo alla polemica. Io non dico se sia giusta o no. Dico, però, che così come in Rai sarebbe lecito piccarsi per le dichiarazioni di un uomo Sky, la stessa cosa potrebbe valere adesso a parti inverse. Fermo restando che per me Franco Bragagna è un fenomeno, credo si tratti di polemiche un po’ sterili, che per altro noi dovremmo essere in grado di gestire, visto che lavoriamo nel mondo della comunicazione. Insomma, fa tutto parte del gioco, l’importante è saper accettare tutto senza trascendere. Non bisogna stupirsi quando gli altri parlano, e non bisogna aspettarsi che gli altri si stupiscano quando parliamo noi”.

Parliamo di telecronache. C’è una linea guida all’interno della Rai?

“No, ognuno lavora come crede, come è nelle sue corde. Per esempio, le mie telecronache hanno un certo ritmo, ma raramente io parlo di numeri. A me i numeri non piacciono. Preferisco comunicare agli spettatori una curiosità (per esempio, perché un giocatore viene soprannominato in un certo modo), piuttosto che dire loro quanti palloni hanno toccato Tizio e Caio nel primo tempo”.

C’è un commentatore tecnico con cui ti trovi meglio?

“Sì, con Ubaldo Righetti mi trovo molto bene: interviene spesso ma in maniera secca, andando dritto al punto. Si prepara molto, studia i giocatori e li conosce. Insomma, sa di cosa parla, e parla di cose che sa. Non cerca mai di inventare niente. E in più capisce molto di calcio (non a caso ha il patentino di allenatore), quando si verifica una certa azione spiega sempre il perché. Infine, ha i tempi televisivi, e si adegua molto bene al mio ritmo. Insomma, con lui non ho mai paura che dica cose che si potevano evitare”.

Ci parli un po’ della tua carriera?

“Sono arrivato in Rai nel 2001, dopo aver lavorato nelle tv locali sin da quando avevo vent’anni. Anche per questo motivo non sono riuscito a completare gli studi di Giurisprudenza. Mi mancano quattro esami, spero di laurearmi prima o poi. D’altra parte a quei tempi studiavo e lavoravo, non era facile. Poi a ventisette anni è arrivato l’esame di Stato da giornalista. Insomma, se non sei raccomandato devi lavorare molto e fare delle scelte, ma sono assolutamente contento così. Anche perché ho una grande famiglia alle spalle: ogni volta che parto per un grande evento so che al ritorno mi aspettano mia moglie e i miei figli, ed è questa la forza più grande”.

Ti trovi bene in Rai?

“Mi trovo bene e penso che la Rai sia un’azienda grandiosa. Fatta questa premessa, penso che qui dentro ci sia bisogno di rinnovamento. Sai, più un’azienda è grande, più i difetti vengono percepiti”.

E quali sono i difetti della Rai?

“Tra gli altri, il più importante è che segue l’andamento culturale del Paese. Il che significa che quando si verifica un innalzamento culturale, la Rai migliora, e quando la cultura in Italia sembra decadere, la Rai si adegua. E poi negli ultimi dieci anni abbiamo visto pochissimi prodotti Rai. Che fine ha fatto un programma come La notte della Repubblica di Sergio Zavoli? Perché la Rai deve mandare in onda L’Isola dei Famosi?
Io credo che lo stile Bbc che una volta la nostra tv di Stato aveva – e che ci veniva invidiato nel resto d’Europa – sia andato perduto. Mi auguro che la Rai torni a investire nel servizio pubblico, a maggior ragione con il digitale terrestre. Poter contare su molti canali è un’opportunità fondamentale: Rai4 e Rai5 sono già prodotti di qualità, e la stessa Raisport 1 sta mostrando belle cose”.

A proposito: è vero che il contenitore mattutino di Raisport 1 verrà proposto anche su Raidue?

“Sinceramente non lo so. Ti posso dire, comunque, che anche io ho avuto modo di lavorare al programma, ed è stata una bellissima esperienza. Credo che si tratti di un prodotto su cui si può lavorare, un esempio di informazione contaminata dall’entertainment dal quale è possibile ripartire”.