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Casa e bottega, la comicità di Pozzetto e Frassica aiuta (non sempre) la fiction a raccontare la crisi

Casa e bottega racconta la crisi provando a far ridere. Pozzetto e Frassica riescono a tenere il ritmo, ma la fiction non riesce subito a trovare la sua forza, a causa di una sceneggiatura a volte lenta e dialoghi banali

pubblicato 17 Dicembre 2013 aggiornato 3 Settembre 2020 10:32

Il ritorno di Renato Pozzetto in tv è sicuramente una bella notizia. Lo è un po’ di meno se si considera che l’attore comico che ci ha fatto ridere in passato con la sua ironia surreale ed i suoi tormentoni da milanese doc, per “Casa e bottega”, il film-tv di Raiuno, ha ripiegato su una trama di difficile gestione, che diventa ancora più complessa nella lavorazione se si deve tenere conto delle variabili non sempre eccellenti della fiction italiana.

Innanzitutto, il tema della crisi affrontato con leggerezza ha una doppia valenza. Se da una parte è lodevole che la Rai si adoperi per raccontare l’attualità che purtroppo ha a che fare con numerosi imprenditori nel nostro Paese, dall’altra è difficile raccontare una situazione così dura, spesso tema di approfondimenti da daytime e da seconda serata, cercando di far ridere senza essere troppo semplici.

Pozzetto, anche sceneggiatore del film-tv, prova a rendere in chiave comica un argomento di cui il pubblico sa ormai molto. Purtroppo, però, quando la fiction affronta la crisi economica e le difficoltà del protagonista nel poter pagare gli straordinari ai suoi operai l’interesse cala, come se mancasse quel ritmo necessario a dare fluidità alla narrazione.

Invece, quando a Pozzetto si lascia carta bianca per tornare ad essere l’attore comico di sempre, “Casa e bottega” riesce a strappare qualche sorriso: le facce confuse del protagonista che non ricorda cosa ha fatto la sera prima, il tentativo di giustificare la “pillola blu” trovata dalla moglie Teresa (Anna Galiena), e la corsa ai debitori con il cognato Erminio (Nino Frassica) ci fanno ricordare il Pozzetto degli anni Ottanta, le sue smorfie e le sue perplessità.

E’ con Frassica che Pozzetto si trova a più a suo agio: i siparietti tra i due, non sempre riuscitissimi, dimostrano ancora che i due sanno far ridere: così, il cognato -a sorpresa omosessuale, ma senza rendere il personaggio troppo macchietta- che ospita Mario a casa sua si rivela una delle scene più divertenti della fiction.

Raccontare la crisi in chiave dolceamara era un azzardo, e “Casa e bottega” ci ha provato, raggiungendo qualche obiettivo ma non centrandone altri. La verve comica di Pozzetto e Frassica si conferma come una garanzia, ma le briglie imposte da una trama eccessivamente lenta (tipica da fiction) e da dialoghi inutili e vuoti -soprattutto con il resto del cast- frenano la forza di una storia che avrebbe potuto osare di più, soprattutto nella prima parte.

Una volta ingranata, infatti, la storia rivela aspetti che riescono meglio ad inquadrare il discorso, e “Casa e bottega” riesce in extremis ad evitare l’effetto noia assoluto. Non fosse, però, per Pozzetto e Frassica, la fiction avrebbe avuto numerose lacune: se la tradizione aiuta la contestualizzazione di ciò che è attuale, allora bisognerebbe lavorare di più sulla seconda per poterla rendere più indipendente.


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