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R.I.S. per Malaparte

Ho un’insana, endemica avversione per i R.I.S., e le cose non sono migliorate con questa terza stagione. Ora voi mi chiederete perché, penserete che è il solito pregiudizio nei confronti delle fiction italiane, mi accuserete di esterofilia, magari direte che si tratta di puro spirito di contestazione e che non faccio altro che tener fede

24 Gennaio 2007 11:54

Ho un’insana, endemica avversione per i R.I.S., e le cose non sono migliorate con questa terza stagione. Ora voi mi chiederete perché, penserete che è il solito pregiudizio nei confronti delle fiction italiane, mi accuserete di esterofilia, magari direte che si tratta di puro spirito di contestazione e che non faccio altro che tener fede al personaggio e al nickname che mi porto appresso.
Non è così, e vado a spiegare.
R.I.S. è sicuramente un prodotto interessante, che – cosa che capita raramente in Italia – ha avuto il pregio di trattare un caso di attualità come quello di Unabomber. Questa scelta, come prevedibile, ha suscitato una marea di polemiche, ma tant’è: è passata, e ieri sera ci siamo trovati addirittura con l’emulo, e con un interrogatorio che ai malati cinefili avrà ricordato – fatte le dovute proporzioni – il famosissimo interrogatorio di Clarice Sterling a Hannibal Lecter ne Il Silenzio degli innocenti.
C’è anche il gusto per le citazioni, dunque.
Il problema allora dov’è? Il problema è che non si fa il grande salto di qualità, che si usano quei benedetti split screen in maniera assolutamente accessoria – per capirci, in 24 hanno un senso narrativo ben preciso, visto che la serie è girata in tempo reale. In R.I.S. no -, che si avverte la scrittura e la sua pesantezza tutta italica che (non me ne vogliano i creatori né i fan) rende il prodotto fin troppo simile a una fotocopia sbiadita di modelli alti.
A peggiorar le cose, il fatto che sappiamo bene che i R.I.S. veri non sono quelli della fiction e che fin troppe situazioni sono alterate (i RIS non sparano) per introdurre quell’elemento di “action” senza il quale sembra non sia possibile creare una situazione d’atmosfera, intrigante e interessante. Io credo che sia possibile, invece.
Onore al merito, perché almeno a quei modelli prova a rifarsi. Prova, appunto. Ma la strada da percorrere è lunga e impervia, ahimé.