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I talk-show della domenica e l’esigenza del ritorno al varietà

Troppi talk la domenica pomeriggio, dopo che per l’intera settimana veniamo ammorbati da chiacchiere da mattina a sera

pubblicato 10 Ottobre 2011 aggiornato 5 Settembre 2020 02:57


Con la messa in onda di Domenica In, ieri, è ripresa la sfida dei contenitori domenicali, che mai come quest’anno, almeno sulle due ammiraglie, hanno lasciato da parte l’intrattenimento più leggero per dare spazio al talk vero e proprio. Ore di chiacchiere sugli argomenti più disparati, con ospiti di diversa provenienza ed estrazione sociale (e culturale) che si sono lanciati in racconti ed opinioni sui massimi sistemi.

L’assenza di Quelli che il calcio – unica vera novità della stagione da poco iniziata – a causa dello stop del campionato, ha costretto gli spettatori a scegliere non tra tipi di programmi diversi, ma semplicemente tra argomenti diversi, fatto salvo chi, “controcorrente”, ha deciso di lanciarsi nella visione di Alle falde del Kilimangiaro. Dove comunque le chiacchiere non mancano, sia chiaro, ma sono intervallate dalla visione di servizi interessanti e ben realizzati.

Guardateli, i talk della domenica: tutti uguali a se stessi, tutti monopolizzati da parole su parole che nulla aggiungono a quanto già detto nei giorni feriali. Sì, perché la settimana televisiva non è più “quella di una volta”. Ora si conversa dalla mattina alla sera e su tutte le reti, nei salotti mattutini, in quelli pomeridiani, fino alla prima e alla seconda serata, anche quando i programmi dovrebbero riguardare tutt’altro. E gli argomenti, gira che ti rigira, sono sempre gli stessi, sviscerati fino al midollo.

Non si fa riferimento alla sola cronaca nera, in voga come non mai, ma alla totalità dei “dibattiti” nei vari programmi, che se non parlano di diete, parlano di gossip; se non parlano di problemi intimi o familiari, parlano di reality. Oppure celebrano questo o quel personaggio del momento, sempre e comunque attraverso tante, inutili, chiacchiere.

La domanda che mi sono posta ieri, facendo zapping tra Domenica In e Domenica Cinque, è stata: a che cosa servono i talk anche la domenica? E’ davvero quello che la gente vuole, dopo che per un’intera settimana ha avuto la possibilità di sentir ciarlare fino allo svenimento? E i talk fatti in questo modo sono informativi o servono solo a stordire lo spettatore?

La risposta, almeno quella che mi sono data, è che la loro utilità sia più o meno pari allo zero. Lo dimostra proprio l’interesse mediatico verso Quelli che il calcio, che se andiamo a vedere non è nulla di particolarmente nuovo o originale, ma è intrattenimento allo stato puro, quello di cui una persona ha bisogno per svagarsi, almeno la domenica.

E allora permettetemi un pizzico di nostalgia verso quel genere che sembra ormai completamente dimenticato: il varietà, quello vecchio stile, dove si alternavano momenti seri a momenti più divertenti, dove si potevano vedere siparietti, canzoni, giochi; dove il pubblico non veniva relegato a mero spettatore passivo ma si sentiva parte del programma; dove alla fine non rimaneva un senso di vuoto e di inutilità.

Senza andare troppo in là negli anni, riproporre qualcosa nello stile della Buona Domenica della coppia Cuccarini-Columbro, è pura utopia? Riuscire a dare un pizzico di spensieratezza agli spettatori è davvero impensabile? Basterebbe un minimo sforzo da parte degli autori per riportare la domenica pomeriggio a quello che dovrebbe essere: intrattenimento leggero e relax. E invece la direzione presa sembra esattamente l’opposto.

Un’inversione di tendenza è assolutamente necessaria, o si rischia di diventare schiavi di una tv priva di idee, continua fotocopia di se stessa. Questo non significa mettere completamente da parte i momenti talk, ma semplicemente usarli con moderazione, alternarli ad altri tipi di intrattenimento, proponendo argomenti che non siano triti e ritriti.

Vuole essere un appello, il mio. Senza troppe speranze o illusioni.