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Grimilde: quando la mela… è marcia

Alba Parietti è Grimilde (dalla mela marcia…). Il programma che doveva consacrare il ritorno sulle scene dell’avvenente ex soubrette è stata una delle esperienze più inquietanti e destabilizzanti della televisione italiana. Di certo, si trattava di un numero zero e così va preso, sia in termini di confezione sommaria del prodotto che di precarietà del

19 Giugno 2006 11:12

Alba Parietti è Grimilde (dalla mela marcia…). Il programma che doveva consacrare il ritorno sulle scene dell’avvenente ex soubrette è stata una delle esperienze più inquietanti e destabilizzanti della televisione italiana. Di certo, si trattava di un numero zero e così va preso, sia in termini di confezione sommaria del prodotto che di precarietà del risultato. Eppure, la fantomatica caccia alle streghe è andata a buon fine: 2.577.000, 17,44%.
Sarà per un nutrito parterre di ospiti decisamente non ordinari, sarà per l’effetto curiosità, sarà per la totale insensatezza della missione che stimolava ancor più al termine della visione, la trasmissione ha tutti i numeri giusti per tornare a far parlare di sè. Ma, verrebbe da chiedersi, a che pro?

Voleva essere, per sua stessa autodefinizione, un esperimento graffiante (mentre ogni provocazione ha prodotto un esito imbarazzante), si è circondato di una cornice grottesca, con tanto di tribunale d’inquisizione dalla finalità censoria, e invece ha rasentato il ridicolo. Si sa, quando la cattiveria è ostentata finisce per produrre degli stridenti effetti macchiettistici, soprattutto se a fare le veci della coscienza della Parietti (sempre che televisivamente ne abbia mai avuta una) c’è Flavia Vento, dalla professione non precisata e del tutto allergica a scrupoli di natura etica. Lo stesso Alessandro Rostagno, unica presenza maschile nel cast, sembra aver definitivamente rinunciato alla bontà della propria missione critica per diventare un inflazionato battutista dal repertorio becero e prevedibile.
Le interviste, fulcro nevralgico su cui si incentra lo show-minestrone (scodellato per ben tre ore giusto per far alzare lo share), sono sicuramente insolite in virtù del loro carattere maldestro, frammentario e disturbato (dalle continue incursioni di un improbabile Tony Manero de’noantri, oltre che dall’annuncio irrispettoso dei blocchi successivi). E’ una trasmissione che contravviene a qualsiasi regola, del bon ton come della conversazione. L’intervistatrice è completamente in balia degli eventi, totalmente priva di presenza scenica, costretta a farsi consigliare tramite auricolare da suggeritori a loro volta suggeriti da Sabelli Fioretti (il che, più che un’originale trovata autorale, denuncia gli effettivi limiti della sua conduzione). E, se ogni tanto la Parietti si concede uno scampolo di autonomia creativa, è per decantare edonisticamente i soliti aneddoti sulle labbra rifatte o sulle gambe accavallate.
Le sue interlocutrici della puntata erano tanto brillanti quanto svilite da un contesto banalmente ostile, fintamente riottoso ai limiti del caricaturale e così surrealmente costruito da non lasciar spazio al benchè minimo tentativo di riflessione. Wanna Marchi e Stefania Nobile raccontate nel loro presunto lato umano e tutelate fino a celebrarne la redenzione, Vladimir Luxuria usata come specchio per le allodole in contemporanea con la fine della partita, Sophie Marceau involgarita dal basso confronto con un passato remoto. Insomma, se Alba voleva fare la donna del peccato e ammiccare alle interviste Barbariche della Bignardi, senza la minima volontà di scavare nel profondo dei suoi personaggi e al solo fine di strumentalizzarli, tanto valeva riciclarsi nella versione italiana di Desperate Housewives, da cui è stato attinto l’ennesimo plagio della mela.
La prima battaglia, a colpi di puerili trasgressioni e mezzucci forzati (ma tutti bruciati), è stata vinta… Ne riparliamo alla vera guerra degli ascolti (confidando in un bruciante rogo).