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La fiction di Provenzano

C’è che uno pensa sempre di scrivere banalità gratuite e si fa scrupoli: che bisogno c’è di dire certe cose? No, certo che no. Infatti, si pubblica un pezzo sulla pubblicità e si ricevono critiche di superficialità, di banalizzazione. In effetti però, l’impressione è che il messaggio – banale – arrivi decentrato e deformato, alla

15 Aprile 2006 10:43

Banalità C’è che uno pensa sempre di scrivere banalità gratuite e si fa scrupoli: che bisogno c’è di dire certe cose? No, certo che no. Infatti, si pubblica un pezzo sulla pubblicità e si ricevono critiche di superficialità, di banalizzazione. In effetti però, l’impressione è che il messaggio – banale – arrivi decentrato e deformato, alla fine. Si scrivono osservazioni meno scarne di banali comunicati stampa che si trovano in giro, e sembra di andare a rivangare concetti già presenti a tutti, già noti. Ma poi ci si confronta con il lettore, con il commentatore medio e si scopre che non è così. Proprio per nulla.
Uno degli obiettivi di questo blog dovrebbe essere quello di scavare un po’ più in profondità nel magico mondo della televisione, un medium che amiamo e odiamo allo stesso tempo.
E’ chiaro che ci si riesce raramente e che per farlo occorrerebbe tempo e molti più capitali di quanti il nanopublishing consente di portare a casa. Perché scavare? Banale anche questo: perché la penetrazione del mezzo televisivo ha una portata enorme in Italia e nel mondo. Perché l’unico modo per difendersi dall’abilità dei comunicatori-imbonitori è conoscerne i linguaggi e i meccanismi. Allora, forse, le banalità non sono così inutili.

Prima banalità: tutto ciò che è filtrato attraverso l’ottica di una telecamera è diverso dalla realtà e tende alla fiction.


Ecco che i volantini di Cuffaro trovati nella masseria che per chissà quanto tempo ha ospitato il superboss Bernardo Provenzano devono essere aperti e posizionati in bella vista sul comodino. Senza che questo – osserva, giustamente, Michele Serra nell’Amaca di oggi – contribuisca veramente a combattere i rapporti fra la mafia e la politica. Quei volantini rimossi dal loro sito naturale e messi a favore di camera sono fiction, e in qualche modo aggravano, inquinano il messaggio. Chiusi in un cassetto, nascosti, potevano avere un significato. Dispiegati per i vouyeur catodici ne hanno subito un altro.
Ecco che lo speciale La Rosa sul campo diventa poco più interessante di un The Blair Witch Project, dove la strega in realtà è un orco, che non c’è più. Quindi, niente giornalismo, niente narrazione filmica, niente documentario. Ma messa in scena. Finzione.
D’altra parte, la finzione è parte integrante di qualsiasi genere televisivo, giornalismo, informazione e documentari inclusi.