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RAI – Busi, Santoro, la legge bavaglio

Che ci sia una specie di emergenza-informazione televisiva in Italia, è cosa ormai acclarata. Dopo la vicenda-Santoro – comunque la si veda sulle posizioni del conduttore – ecco arrivare Maria Luisa Busi che abbandona la conduzione del Tg1 delle 20 perché non si riconosce più nella linea editoriale del tg e affigge una lettera in

pubblicato 21 Maggio 2010 aggiornato 5 Settembre 2020 15:33


Che ci sia una specie di emergenza-informazione televisiva in Italia, è cosa ormai acclarata. Dopo la vicenda-Santoro – comunque la si veda sulle posizioni del conduttore – ecco arrivare Maria Luisa Busi che abbandona la conduzione del Tg1 delle 20 perché non si riconosce più nella linea editoriale del tg e affigge una lettera in bacheca di redazione.

Una lettera che inizia così:

Caro direttore ti chiedo di essere sollevata dalla mansione di conduttrice dell’edizione delle 20 del Tg1, essendosi determinata una situazione che non mi consente di svolgere questo compito senza pregiudizio per le mie convinzioni professionali. Questa è per me una scelta difficile, ma obbligata. Considero la linea editoriale che hai voluto imprimere al giornale una sorta di dirottamento, a causa del quale il Tg1 rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di credibilità nei confronti dei telespettatori.

Cosa sta succedendo veramente? E cosa succederà? Nell’osservare un po’ troppo passivamente questa situazione si rischia di adagiarsi sul fondo molliccio di tutti coloro che non hanno reazioni, che scrollano le spalle, che pensano che sia tutto normale.

Su Antimafia 2000, qualche giorno fa, si poteva leggere una bella intervista a Pino Maniaci, giornalista antimafia nella terra che fu di Peppino Impastato e di Danilo Dolci. Giornalista che, con la sua TeleJato, trasmette un tg in cui si fanno nomi e cognomi dei mafiosi sul territorio.

Dice Maniaci:

Due settimane fa mi hanno invitato al festival internazionale del giornalismo di Perugia e davanti ad una platea colma di cronisti
internazionali ho rimproverato agli organizzatori di aver organizzato un festival e non piuttosto un funerale del giornalismo. Il giornalista
dovrebbe essere un cane da guardia del potere, ma in giro vedo troppo spesso tanti piccoli chiuaua.

Già. Qui, in Italia, si ribalta la logica che vorrebbe il giornalista cane da guardia del potere, e si fa diventare il potere museruola del giornalista.

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