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Sergio Zavoli è morto: con i suoi programmi ha definito il giornalismo tv italiano

Da Processo alla Tappa a La Notte della Repubblica: Sergio Zavoli ha definito le forme e i modi del giornalismo tv italiana.

pubblicato 5 Agosto 2020 aggiornato 29 Agosto 2020 22:41

Il giornalismo italiano perde uno dei suoi decani e la tv uno dei suoi ‘padri’: Sergio Zavoli è morto nella serata del 4 agosto nella sua casa romana. Aveva 96 anni. Oggi sarà allestita la camera ardente in Senato, mentre la salma sarà tumulata nella natìa Rimini.

Scrittore, giornalista, politicamente impegnato fin da giovane, Sergio Zavoli ha firmato alcuni dei programmi più rappresentativi della storia della televisione italiana e ha definito gli stilemi delle inchieste storiche e documentaristiche per il piccolo schermo e anche per la Radio, che fu il suo primo incarico Rai nel 1947. Nel 1962 ha l’idea del Processo alla Tappa per il Giro d’Italia, che resta uno dei capisaldi del racconto sportivo in Italia; 10 anni dopo arriva il ciclo Nascita di una dittatura, prima de La Notte della Repubblica, uno dei documenti più significativi sull’Italia degli Anni di Piombo andato in onda in 18 puntate su Rai 2 tra la fine del 1989 e l’inizio del 1990 dopo due anni di lavorazione (disponibile su RaiPlay). Un documento d’inchiesta all’epoca e a suo modo un documento storico oggi, in sé potenziale fonte e nello stesso tempo oggetto di studio per ricostruire dove si era arrivati all’inizio degli anni ’90 nella riflessione su uno dei periodi più bui della storia d’Italia, quella delle stragi, del terrorismo, della contestazione, cercando di ricostruire i passaggi e i collegamenti esistenti – socialmente e politicamente – tra fenomeni complessi come le Br, i mancati golpe, la strategia della tensione. E il titolo è rimasto tra le espressioni d’uso per rappresentare i momenti neri del recente passato.

Ma tra i format ideati vanno ricordati TV7, AZ, Controcampo, formule presenti ancora nei nostri palinsesti e ancora Viaggio nel sud (1992), Nostra padrona televisione (1994), Credere, non credere (1995).

Ha segnato anche la seconda età d’oro della serialità italiana, spingendo per una produzione fictional di respiro internazionale durante il periodo della sua presidenza in Rai, dal 1980 al 1986. Una carriera giornalistica rivolta al racconto civile della società e della recente storia italiana e una lungimiranza televisiva che ha definito i palinsesti dei decenni successivi.