Home Porta a porta Bruno Vespa, Porta a Porta e il plastico della casa di Brenda il trans: quando lo studio televisivo si trasforma in Tribunale

Bruno Vespa, Porta a Porta e il plastico della casa di Brenda il trans: quando lo studio televisivo si trasforma in Tribunale

Bruno Vespa potrebbe aver violato il Codice di autoregolamentazione in materia di rappresentazione di vicende giudiziarie nelle trasmissioni televisive. Se lo ha fatto, lo ha fatto scientemente, consapevolmente, forse per dare nuova aria editoriale al suo ultimo libro, forse perché ha una trasmissione – Porta a Porta – a cui servono numeri forti e che

pubblicato 24 Novembre 2009 aggiornato 5 Settembre 2020 20:59


Bruno Vespa potrebbe aver violato il Codice di autoregolamentazione in materia di rappresentazione di vicende giudiziarie nelle trasmissioni televisive. Se lo ha fatto, lo ha fatto scientemente, consapevolmente, forse per dare nuova aria editoriale al suo ultimo libro, forse perché ha una trasmissione – Porta a Porta – a cui servono numeri forti e che ieri sera, su RaiUno, si è trasformata vergognosamente in un’aula di Tribunale anziché rimanere laddove sarebbe giusto che un programma tv rimanesse, cioè nei limiti della decenza deontologica: la ricostruzione, in sede televisiva e non giudiziaria, dell’omicidio di Brenda, il trans invischiato, suo malgrado, nell’affaire Marrazzo, è stato l’ultimo capitolo di una serie di leggerezze sfama-auditel di Vespa. Attenzione ai tempi, perché vi diranno che tanta “prescia” è dovuta all’esigenza della cronaca: Brenda muore giovedì notte. Ieri, lunedì, la trasmissione era pronta (è possibile rivederla per intero a questo indirizzo). Con tanto di plastico. Il plastico della casa di Brenda, luogo di una morte triste, solitaria e tuttora sotto l’embargo di un’inchiesta giudiziaria in corso. Il messaggio della puntata di ieri verteva su un’unica questione: dimostrare (attenzione ai termini: dimostrare) che la morte di Brenda si fosse verificata in seguito a un banale incidente domestico dovuto alla “dabbenaggine” della vittima. Sono state numerosissime (troppe: tre solo nei primi cinque minuti di trasmissione) le volte in cui sia Vespa che l’ospite in studio – di cui vedremo tra poco – si sono intrattenuti a discutere di quanto bevesse il trans morto. Può darsi, per carità, può darsi che Brenda sia deceduta per una svista o per suicidio o chissà come: ma questo spetta alla Giustizia dimostrarlo. Non ad altri. Certamente non a Bruno Vespa e non a Porta a Porta.

Il Codice di autoregolamentazione, entrato in vigore giusto cinque mesi fa, rappresentava un punto di arrivo non fraintendibile della gestione dei fatti oggetto di inchiesta: basta con le ricostruzioni, si diceva in sostanza, ci si limiti alla pura cronaca. Allora, giusto in proposito, Bruno Vespa aveva dichiarato ufficialmente:

“Poiché la distinzione dei ruoli tra accusa e difesa e il chiarimento di tutte le posizioni processuali è stato sempre alla base dei criteri di comunicazione di Porta a porta, se questa è la raccomandazione del documento varato dall’Agcom, siamo perfettamente d’accordo”.

Peccato che ieri sera, come detto, sia andata in onda una puntata vistosamente allergica al rispetto di tale Codice. Un plastico in scala dell’abitazione di Brenda campeggiava al centro dello studio.

Plastico

Ospite di puntata anche “China”, una transessuale amica della vittima. Le domande rivolte da Vespa a “China” erano da pubblico ministero, dove non da giudice. Il conduttore ha fatto da accusa e da difesa, ha preso le parti del magistrato e della parte civile, ottenendo da “China”, cioè una potenziale teste importante di un caso di morte ancora sotto i sigilli dell’inchiesta giudiziaria, frasi e rivelazioni quanto meno dubbie, se non fuorvianti ai fini della stessa indagine. “China” ha raccontato della maestria di Brenda nell’usare il computer (computer trovato immerso in acqua sulla scena del crimine), ha dichiarato di essere sicura della non esistenza di alcun filmato, “altrimenti io l’avrei saputo” e ha detto di essere stata la prima ad essere informata dell’esistenza di foto compromettenti relative all’ex governatore della Regione Lazio. La puntata di Porta a Porta è stata un susseguirsi di domande dirette, atte a produrre rivelazioni e notizie sull’omicidio di Brenda. “China” rivolge anche precise accuse (a “Natalie” e “Giosy”) in merito alla vicenda Marrazzo: vale la pena ricordare che questi nomi fanno riferimento a soggetti potenzialmente a rischio, essendoci già stati, nell’arco di questa triste questione, due morti violente e sospette. L’ospite chiave di Porta a Porta ha anche detto, puntigliosamente incalzata dal conduttore, che l’ex governatore avrebbe consegnato a Brenda un assegno di 28mila euro: è stata questa una delle poche affermazioni contestabili (e infatti contestate), visto che il legale di Marrazzo era presente in studio.

Vespa, a un certo punto, ha anche assunto il ruolo dell’investigatore quando ha ipotizzato che le porte doppie dell’appartamento di Brenda – visualizzate comodamente sull’apposito plastico presente in studio – potessero servire “per far uscire qualcuno mentre qualcun altro entrava”.

“China” fa anche date, ricostruisce, propone, analizza, stimolata dal conduttore implacabile: parla di telefonate arrivate in Regione e specifica i giorni, prova a ricordare e da tali ricordi la trasmissione azzarda ricostruzioni. Com’è possibile che tutto ciò venga fatto liberamente su una televisione di Stato? Com’è possibile essere così poco accorti nei confronti di un cadavere ancora caldo? Com’è possibile che nessuno abbia pensato a tutelare il nome e il ricordo di Brenda, morto in una vicenda dalle tinte cupe e grottesche? Com’è possibile strumentalizzare a fini di audience una vicenda prima di tutto dolorosa, ancor prima che insidiosa dal punto di vista del procedimento giudiziario? Com’è possibile lasciar passare frasi di Bruno Vespa come: “Beveva sempre, Brenda, vero?”: sono utili a cosa, queste frasi, se non alla costruzione di un personaggio “maledetto” mediaticamente avvincente?

Vediamo, infine, quali potrebbero essere i punti traditi dalla puntata di Porta a Porta di ieri. A questo indirizzo è possibile consultare il Codice di autoregolamentazione per intero. Orbene, nelle trasmissioni radiotelevisive che abbiano ad oggetto la rappresentazione di vicende giudiziarie, le parti si impegnano a:

  • a) curare che risultino chiare le differenze fra documentazione e rappresentazione, fra cronaca e commento, fra indagato, imputato e condannato, fra pubblico ministero e giudice, fra accusa e difesa, fra carattere non definitivo e definitivo dei provvedimenti e delle decisioni nell’evoluzione delle fasi e dei gradi dei procedimenti e dei giudizi;
  • e) controllare, nell’esercizio del diritto di cronaca, la verità dei fatti narrati mediante accurata verifica delle fonti, avvertendo o comunque rendendo chiaro che le persone indagate o accusate si presumono non colpevoli fino alla sentenza irrevocabile di condanna e che pertanto la veridicità delle notizie concernenti ipotesi investigative o accusatorie attiene al fatto che le ipotesi sono state formulate come tali dagli organi competenti nel corso delle indagini e del processo e non anche alla sussistenza della responsabilità degli indagati o degli imputati;
  • f) non rivelare dati sensibili o che ledano la riservatezza, la dignità e il decoro altrui, ed in special modo della vittima o di altri soggetti non indagati, la cui diffusione sia inidonea a soddisfare alcuno specifico interesse pubblico.
  • [segnaliamo che l’Agcom, organo emanante del Codice di autoregolamentazione, è stato contattata da TvBlog ma ha preferito non rilasciare dichiarazioni ufficiali, prima che venga emessa un’istruttoria in merito alla puntata in questione di Porta a Porta]

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