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Rosy Abate: l’evoluzione di un format, da L’ultimo padrino a Squadra antimafia

Domenica parte Rosy Abate, la serie spin-off di Squadra Antimafia, che a sua volta nacque come ‘costola’ de L’Ultimo Padrino

pubblicato 9 Novembre 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 04:01

Lo spin-off di una serie televisiva è ormai pratica nota; lo spin-off di uno spin-off rappresenta invece un fatto quasi inedito. Stiamo parlando di Rosy Abate, prodotto di punta dell’autunno Mediaset che prenderà il via domenica 12 novembre su Canale 5.

Cinque episodi con al centro Giulia Michelini, interprete del personaggio simbolo di una fiction, Squadra Antimafia, spremuta per otto stagioni, prima di una derivazione che potrebbe regalare nuovi spunti narrativi o, al contrario, porre la pietra tombale su un’avventura che ha appassionato e fidelizzato milioni di spettatori.

Quello che forse non tutti ricordano è che Squadra Antimafia è figlia di un’altra produzione risalente a quasi dieci anni fa. L’Ultimo Padrino, miniserie in due puntate con Michele Placido e Daniele Pecci trasmessa nella primavera 2008, raccontò i giorni che anticiparono la cattura del super-latitante Bernardo Provenzano. Gli ascolti furono soddisfacenti (media di 6 milioni, 23% di share) e confermarono la tendenza positiva del genere che pochi mesi prima aveva sbancato l’Auditel con Il Capo dei Capi.

Nonostante non si possa parlare di un prequel vero e proprio, Squadra Antimafia rappresentò inizialmente la prosecuzione di quell’esperienza, con la Taodue che decise di mettere ancora al centro della scena le avventure della squadra Duomo di Palermo, tanto che parte del cast della prima annata – e annessi personaggi – proveniva proprio dal progetto precedente: Ninni Bruschetta-Alfiere, Raffaele Vannoni-Gigante e Marco Leonardi-Africa. Mutò semmai il punto di vista. La costruzione narrativa fu infatti impostata sul rapporto tra la poliziotta Claudia Mares, arrivata da poco a Palermo, e la mafiosa Rosy Abate.

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Nemmeno Squadra Antimafia rimase uguale a se stessa. Identico titolo (eccetto il ‘trasloco’ in corsa da Palermo a Catania), ma una trama passata dal racconto semi-puro della criminalità siciliana della prima stagione al tratto surreal-fumettistico in stile James Bond, tra uccisioni a valanga, evasioni inverosimili, costanti inseguimenti e una Rosy rapidamente trasformatasi da vittima a carnefice.

Già dal 2010 lo schema virò da verticale, con la storia diluita su un’unica puntata, a orizzontale: quindi operazioni a lunga serialità, un unico nemico da sconfiggere ed enigmi da risolvere. Decisivi in tal senso furono gli innesti di Marco Bocci e Paolo Pierobon, nei panni del vice-questore Domenico Calcaterra e del cattivo e immortale Filippo De Silva. Immortale in tutti i sensi, anche sul fronte della sceneggiatura, dato che come una sorta di Caronte condurrà Rosy Abate nella sua seconda vita.

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Da domenica il tempo scorrerà in avanti di circa un lustro. La Duomo sarà un lontano ricordo e ci si imbatterà in una Rosy fuggita in Liguria sotto l’identità di Claudia (la Mares che torna). Innamoratissima e rigenerata, sarà costretta a rivivere il passato, da cui riemergeranno segreti, rancori e vendette, oltre al segreto legato all’amato figlio Leonardino, fino a quel momento creduto morto.