Home DiMartedì Renzi cornuto e mazziato: ospite a DiMartedì ‘per colpa’ di Di Maio (che non c’è), ‘perde’ contro Floris

Renzi cornuto e mazziato: ospite a DiMartedì ‘per colpa’ di Di Maio (che non c’è), ‘perde’ contro Floris

Il commento all’intervista di Giovanni Floris a Matteo Renzi andata in onda a DiMartedì del 7 novembre 2017

pubblicato 8 Novembre 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 04:06

Se non fosse per la figuraccia rimediata a seguito della clamorosa rinuncia al confronto tv (motivato da strategie politiche e comunicative) che egli stesso aveva proposto, ci sarebbe da ringraziare Luigi Di Maio. Soltanto grazie alla sua sfida lanciata via Twitter, infatti, Matteo Renzi si è palesato a DiMartedì, programma che l’ex Premier ha sempre accuratamente evitato (e oggi capiamo una volta in più perché).

Il debutto del segretario del Pd nel talk di La7, a due giorni dalla pesante sconfitta elettorale in Sicilia, ha confermato in primis l’abilità di Giovanni Floris (noi di TvBlog l’avevamo sottolineato anche in occasione della one to one con Silvio Berlusconi datata 2013). Al conduttore va riconosciuto non soltanto il merito di aver compiuto una sorta di miracolo, accendendo ormai più di quattro anni fa il martedì sera di La7, mettendo alle corde prima Ballarò e poi Politics (ora vince quasi sempre contro Cartabianca), ma anche di possedere un perfetto mix di equilibrio e piglio giornalistico.

In oltre un’ora di intervista (filata, senza interruzioni pubblicitarie né servizi) il conduttore ha evitato eccessi nella forma e nei contenuti restando sempre sul pezzo, mostrandosi capace di arginare la dialettica (stavolta un po’ affaticata) dell’ex Premier, di avanzare obiezioni, di incalzarlo su temi spinosi e di porre la famigerata seconda domanda.

La palpabile tensione ha frenato la prima parte dell’intervista (il testa a testa è stato stranamente avaro di ‘cartelli’, da sempre tratto distintivo, anche graficamente, dei programmi di Floris), con i due protagonisti preoccupati soprattutto di studiarsi reciprocamente. Il cambio di passo è arrivato quando al dibattito si sono aggiunti Massimo Giannini di La Repubblica, Massimo Franco del Corriere della Sera e Alessandro Sallusti de Il Giornale (in collegamento) e quando i temi più strettamente politici hanno lasciato spazio a vicende più concrete (le banche, in primis).

Renzi non ha lesinato riferimenti ‘televisivi’ nei confronti degli interlocutori. Per esempio si è rivolto a Floris (“è da tanto che non ci vediamo“) ironizzando sul fatto che “sono io il responsabile del suo stipendio a La7“. Oppure accusando Giannini di ‘sporcare’ il dibattito con “fatti personali” evidentemente riguardanti la chiusura di Ballarò. In entrambi i casi i diretti interessati hanno glissato, preferendo il merito delle questioni alle chiacchiere di contorno.

La sensazione è che Renzi non possa ritenersi soddisfatto della sua perfomance, che di fatto apre la sua lunga campagna elettorale in vista delle politiche di inizio 2018. Può invece esserlo Floris. Sia per i risultati di ascolto che domani, salvo sorprese, ne certificheranno l’ennesima vittoria nella sfida a distanza con Bianca Berlinguer, sia per essere riuscito laddove tutti i giornalisti vorrebbero riuscire: mantenere il controllo dell’intervista dal primo all’ultimo minuto, limitando al massimo – peraltro con modi quasi mai ruvidi – i tentativi di divagazione dell’intervistato.

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