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Alessandro Cecchi Paone a Blogo: “La settima porta, il ritorno della scienza in prima serata, Tg4, il rilancio di Rete 4, Mattino 5 e i reality”

L’intervista al giornalista che da mercoledì 30 novembre condurrà La settima porta su Rete 4

pubblicato 28 Novembre 2016 aggiornato 1 Settembre 2020 16:55

Una prima serata di scienza vera, senza trucchi e trucchetti“. Così Alessandro Cecchi Paone lancia La settima porta, la nuova trasmissione di Rete 4 che condurrà a partire da mercoledì 30 novembre. Si tratta di una versione 2.0 di La Macchina del tempo, con documentari, servizi, talk in studio ed esperimenti con un giovanissimo chimico. Nella prima puntata dibattito sulla differenza tra l’astrologia e l’astronomia con Enrica Bonaccorti e Piergiorgio Odifreddi in rappresentanza della quota “pop sostenibile, come lo chiamiamo noi“, nella seconda sulla nuova sessualità nell’epoca di internet, di tradimento e fedeltà con Vittorio Sgarbi e Annamaria Bernardini De Pace. Otto le puntate previste, 4 prima di Natale e altrettante a gennaio 2017. Ad affiancarlo Vincenzo Venuto e Carolina Rey. Hashtag #ioamolascienza e #lasettimaporta.

Blogo ha intervistato il giornalista che per il ritorno in prima serata con un programma dedicato alla scienza ha lasciato la conduzione del Tg4. Senza polemiche, perché “al di là di qualche rigurgito manovrato da lontano da Emilio Fede“, il rapporto con la redazione è buono e con il direttore Mario Giordano il “feeling è perfetto“.

Che cosa è La settima porta?

È l’evoluzione e l’aggiornamento di La macchina del tempo, il programma a cui sono più affezionato, quello di divulgazione scientifica e culturale di maggior successo, insieme a Superquark, negli ultimi decenni nella tv italiana, il programma nel quale più il pubblico mi identifica. Da qualche anno a Mediaset non c’era una prima serata di questo tipo, nel frattempo il pubblico ha perso l’abitudine di seguire un documentario per intero (un’ora) in prima serata. Per questo a La settima porta i documentari sono intervallati da miei interventi con esperti. Il ritmo è più serrato, anche per fronteggiare la concorrenza variegata. E abbiamo riportato in prima serata ospiti che non siano soltanto famosi, come si usa in altri programmi, ma che sono anche non famosi ma esperti. Per usare uno slogan: tornano gli scienziati e i ricercatori in prima serata!

Ma ci saranno anche ospiti ‘pop’?

Sì. I protagonisti sono scienziati e ricercatori, affermati o giovanissimi, italiani o stranieri. Al momento dell’approfondimento di temi popolari con taglio e tono – pacato – della scienza, su sei ospiti due saranno pop. Servono, sono importanti per l’identificazione del pubblico. In totale in ogni puntata su dieci ospiti, due saranno ‘da talk show’.

Cosa succederà in studio?

In studio faremo esperimenti e ci saranno animali – nel rispetto di tutte le regole – come cani, gatti, pitoni di 4-5 metri, rantole, scorpioni, draghi barbuti e dei corpi umani plastinati per capire l’anatomia umana.

Ci saranno anche documentari della BBC…

Sì, come accadeva in La macchina del tempo abbiamo rapporti con i più grandi produttori mondiali di documentari. In questo caso con la BBC, in assoluta esclusiva e anteprima per l’Italia. Sono particolarmente fiero del documentario sul cervello con la guida di David Eagleman, neuroscienziato della Stanford University, e di quello sui segreti degli animali domestici: avremo le risposte a domande come ‘Gli animali pensano? Cosa pensano? Sognano? Cosa sognano? Come vedono?’. Insomma, un bel mix di scienza alta e scienza quotidiana.

Il programma sarà in diretta?

Diciamo che è fatto come se fosse in diretta, ma il lavoro di postproduzione e di confezione ci costringe a registrare qualche giorno prima.

Oggi in tv c’è chi ripropone trasmissioni storiche conservandone i titoli (Rischiatutto, Cultura moderna) e chi preferisce cambiarli (Selfie-Le cose cambiano, Faccia a Faccia). Come mai avete scelto di non richiamare in maniera esplicita il brand La macchina del tempo?

Perché, senza giudicare in nessun modo le scelte altrui, in accordo con il direttore Sebastiano Lombardi – a cui sono grato per il ritorno in prima serata della scienza – abbiamo voluto dare il segnale che la nostra non è una replica, non è un tornare indietro. Dichiariamo che su quella tradizione molto amata dal pubblico abbiamo fatto un lavoro di evoluzione e di aggiornamento durato quasi 10 anni. Ne La macchina del tempo usavamo il 3D per ricostruire gli antichi siti archeologici, qui per la prima volta in prima serata in televisione per motivi scientifici usiamo la realtà virtuale con io stesso protagonista di viaggi virtuali. Ecco, non facciamo finta che il tempo non sia passato, non ci accontentiamo di rifare un grandissimo successo del passato.

Con te ci saranno Carolina Rey e Vincenzo Venuto. Cosa faranno?

Vincenzo Venuto è la continuità, è un mio allievo, si è formato a La macchina del tempo. È stato uno dei volti del canale La macchina del tempo. Da biologo è diventato un volto della divulgazione sul campo. Continuerà a fare questo: l’ho mandato tra le orche in Norvegia, in un branco di lupi che gli ha insegnato a ululare. Insomma, il divulgatore all’inglese o all’americana che in prima persona si scapicolla tra gli animali nelle situazioni più sfidanti. Carolina Rey è la richiesta che ho fatto al direttore di rete di avere una partner femminile. È essenziale, perché le donne salveranno il mondo. Lombardi l’ha scelta ed è una scelta perfetta. Con Carolina conosceremo le donne – poco note per i motivi culturali che sappiamo – che mandano avanti il progresso dell’umanità.

Se dico che La settima porta doveva andare in onda il sabato, ma è stato spostato al mercoledì per evitare di scontrarsi con Ulisse dico il vero?

Il direttore di rete è un mago del marketing televisivo, Marco Paolini, capo della programmazione, anche. Giuro che io non ho messo bocca. Quando mi hanno detto ‘sabato’ io ho risposto ‘va bene, mi fa paura perché c’è l’ira di Dio dalle altre parti, ma va bene’. Il mercoledì va bene uguale perché mi ricorda La macchina del tempo, andato in onda per 12 anni proprio il mercoledì. Ci ha portato fortuna, speriamo che sia un segno.

Sugli ascolti che indicazioni ti hanno dato?

Non me ne hanno date. Riportare la scienza in prima serata è una scelta di riposizionamento e di immagine della rete. Di solito vengo utilizzato perché si sa che faccio ascolti, porto pubblicità e porto immagine, solidità e posizionamento che acquisisce un peso specifico che va oltre gli ascolti. L’idea è che Rete 4 torni ad essere una rete di informazione di qualità e di spessore. È chiaro che facciamo molto affidamento sul pubblico tradizionale di Rete 4 che, grazie al direttore Lombardi, si è irrobustito e stabilizzato, ma tentiamo di riportare sulla televisione generalista il pubblico più giovane che tendenzialmente la sta abbandonando.

Come mai la tua esperienza da anchorman al Tg4 si è conclusa dopo pochi mesi (aprile-luglio 2016)? Ti aspettavi qualcosa di più?

Non si è interrotta. Da parte del direttore Lombardi e di Pier Silvio Berlusconi, in accordo con la struttura che si occupa di informazione, c’è stata l’idea di usarmi per dare il segnale che Rete 4 non era soltanto un canale dove vedere una bella soap opera tipo Tempesta d’amore, ma anche per informarsi, approfondire e imparare alcune cose. È un disegno che non riguarda solo me, ma anche Costanzo e Quarto Grado per esempio. Mi è stato chiesto di riportare il Tg4 in posizionamento di telegiornale istituzionale, più in linea con i tempi, ho rimesso a posto la scenografia, ho dato più ritmo, l’ho resa una Macchina del tempo dell’informazione raddoppiandone la durata. Ma nel pacchetto c’era anche riportare la scienza in prima serata. E non si potevano fare le due cose insieme.

Insisto sul Tg4. La sensazione è che un po’ tutti – te compreso – non siate stati in toto soddisfatti del lavoro fatto.

Io ho fatto 120 puntate filate, ho fatto tutto quello che volevo e potevo fare. Diciamo che mancano degli snodi. La cronaca nera è una importante branchia del giornalismo, ma nel Tg4 ce ne era troppa, aveva troppa centralità. Incidere in questo senso però non si può fare in soli 4 mesi. Così come dare una maggiore attenzione verso la politica internazionale, che richiederebbe l’apertura di nuove sedi e l’aggiornamento dei corrispondenti. Sono tutte cose che restano e che io ho sospeso per tornare al primo grande amore, ossia la scienza in prima serata. Poi vediamo, io sono sempre pronto a ricominciare. Ecco, è stato un primo assaggio, ce ne saranno altri se si può incidere su cronaca nera e politica internazionale.

Eri in procinto di affiancare Federica Panicucci a Mattino Cinque. Poi cosa è successo?

Era una delle ipotesi, ne sarei stato entusiasta – nel 1986 ho lanciato Unomattina. La Panicucci è una delle colleghe che stimo di più, siamo molto amic e con la testata Videonews ho fatto le cose migliori negli ultimi anni. Il problema è che Canale 5 ha meno bisogno di Rete 4 del mio sforzo. Siamo stati tutti d’accordo sul non interrompere il mio contributo per il rilancio di Rete 4.

La tua carriera è molto variegata. Tra Unomattina e La Macchina del tempo ci sono state le partecipazioni ai reality e ai talk con momenti discussi e discutibili. Alti e bassi. Come hai fatto a conservare comunque la tua credibilità di divulgatore?

In 40 anni, in effetti, ho fatto cose in parte eccentriche. Ma il pubblico e i dirigenti televisivi, soprattutto di Mediaset, hanno riconosciuto la mia disponibilità nel garantire il massimo della affidabilità in termini di informazione e di divulgazione – nessuno può mettere in dubbio che io prima di dire una cosa non mi sia attentamente preparato – e la mia disponibilità al linguaggio popolare. Ho fatto i reality perché la televisione generalista in Italia non tramonta. Nel resto del mondo tutti hanno puntato sulla televisione tematica, mentre in Italia la centralità televisiva resta quella della tv generalista. In passato ero accusato di essere una specie di piccolo Piero Angela, di essere troppo rigido e distaccato. Per questo ho accettato di fare i reality e di partecipare ai talk show e ai game di Scotti. È stato un percorso guidato dall’editore e dai dirigenti Mediaset negli ultimi 10 anni. Ha funzionato.