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I Medici, Philippe Daverio: “È una sconfitta della cultura”

I Medici, il giudizio di Daverio a Tv Talk è a dir poco tranchant.

pubblicato 22 Ottobre 2016 aggiornato 1 Settembre 2020 18:25

Pareri contrastanti dopo la prima de I Medici, coproduzione internazionale firmata da Rai e Lux Vide che ha conquistato i telespettatori con le prime due puntate – in onda martedì 18 ottobre -, ma diviso la critica tra ‘apocalittici’ e ‘integrati’, giusto per rubare una categorizzazione echiana e distinguere, quantomeno, i disgustati dalla ricostruzione storica da coloro che almeno si sono espressi sulla qualità del prodotto televisivo, al netto delle possibili incongruenze filologiche.

Al primo gruppo appartiene senza dubbio Philippe Daverio, ospite di Tv Talk di sabato 22 ottobre proprio per commentare – insieme allo scrittore Fulvio Abbate – le prime due puntate della serie tv.

“L’ho trovato orribile perché non è permesso falsificare la Storia. (…) Esiste una funzione didattica di chi ha la responsabilità culturale che non è permesso tradire. È una sconfitta della cultura”

dice Daverio, che aggiunge:

“La nostra identità è sacra, le nostre origini sono il ceppo su cui formeremo il nostro domani. Offrire ai giovani un’immagine così da paccottiglia di un passato glorioso è un crimine contro i beni culturali”.

Un giudizio sostanzialmente in linea con quello espresso dallo storico Franco Cardini su un paginone di Repubblica di giovedì 20 ottobre, in cui la critica tv è stata sostituita da un’analisi filologica della cornice storica e della ricostruzione visiva. Ma cos’è che ha infastidito principalmente Daverio?

“Tutte le case all’epoca erano colorate, tutti i vestiti erano colorati… qui vedo una roba che avviene in case monocromo, con dei signori vestiti di nero come se fossero preti in pensione…”.

Per dirla con Saussure, “è il punto di vista che crea l’oggetto”.  Il giudizio è assolutamente tranchant: legittimo, comprensibile, ma – mi sia permesso esprimere in coda una valutazione assolutamente personale – forse un tantino fuori focus rispetto all’industria tv del terzo millennio. Ma sicuramente mi sbaglio.

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