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Antonio Campo dall’Orto: “La Rai manderà in diretta su Raiuno la prima della Scala”

La prima della Scala su Raiuno, la Rai e Matteo Renzi: Antonio Campo dall’Orto si racconta.

pubblicato 22 Giugno 2016 aggiornato 1 Settembre 2020 23:23

Dall’ufficio posto al settimo piano del palazzone di viale Mazzini, il direttore generale Antonio Campo dall’Orto si è raccontano a Sara Faillaci sulle pagine di Vanity Fair. Figli, amori e aneddoti di vita privata, ma anche tanta Rai. “Ci ho pensato molto quando mi è stata proposta la Rai”. Già in passato aveva rifiutato (era il 1999 e la proposta per dirigere Rai2 arrivò da Pier Luigi Celi). Poi è arrivata la proposta di Matteo Renzi (“Non pensi a frequentazioni assidue: quando mi ha chiamato per la Rai, non ci vedevamo da un anno”): “Se ho accettato è perché credo che ciascuno debba provare a restituire un po’ di quello che ha ricevuto. Se il Paese vive un cambiamento e arriva la proposta di farne parte, per me – che alla funzione sociale della tv credevo anche quando lavoravo per quella commerciale – è stato naturale dire di sì”.

Certo, qui ha trovato un’azienda diversa da quella che si aspettava. “Nel bene e nel male. L’attaccamento dei dipendenti è più forte di quanto immaginassi, ma è anche più grande la distanza dalla cultura digitale. Il mio obiettivo è trasformare la Rai in una media company, che poi significa renderla più aderente alla realtà di oggi”. Il difetto peggiore dell’azienda del servizio pubblico è “viversi solo come televisione. A Mtv avevamo il pubblico dei millennials, la generazione nata dagli anni ’80 e segnata dalla tecnologia, dagli smartphone, dai tablet. Non puoi pensare di ignorare trasformazioni tanto importanti”. D’altronde, “cambiare significa sopravvivere”, sostiene il dg.

Intanto il 28 giugno saranno presentanti i palinsesti (forse solo quelli fino a dicembre). “La Rai manderà in diretta su Raiuno la prima della Scala, e non succedeva da molti anni”, anticipa. Il resto sarà annunciato dai direttori di rete: “Andrea Fabiano, il più giovane direttore della storia di Raiuno, non lo conoscevo prima. E quelli con cui avevo già lavorato li ho scelti perché li stimo. Sono fiero di aver nominato due direttori donna. Non ce n’era mai stato neppure uno. Ho sempre pensato che l’ambiente della tv fosse troppo maschile”.

“Il contesto che ruota intorno alla Rai è fortemente litigioso, e questo non fa piacere, ma credo di essere abbastanza zen – chiosa, parlando delle critiche -. Anche perché so che, dopo, tornerò a fare la vita che facevo prima, una vita che mi piace molto più di questa. Ho bisogno di essere in contatto con il mondo, di prendere la metro, di vivere una quotidianità che in questo ruolo non mi è concessa. Ma, se tutti si facessero i fatti propri, le cose non cambierebbero. Meno qualità della vita, più impegno: è questo che ho chiesto anche agli ‘esterni’ che sono venuti a lavorare con me. Ha senso farlo a tempo determinato, il contrario del posto fisso”.

Daria BignardiRai 1