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La tv nuovo humus per i film, svolta!

Fino a ieri la tv era la bestia del cinema. Non è detto che non lo sia ancora. Ma qualcosa è cambiato. Rispetto a “Quinto potere”, 1976, in cui il protagonista- un conduttore- si affacciava al video per chiedere al pubblico di affacciarsi alla finestra di casa e di urlare tutti insieme: “Sono inc…” Rispetto

5 Marzo 2009 20:30


Fino a ieri la tv era la bestia del cinema. Non è detto che non lo sia ancora. Ma qualcosa è cambiato. Rispetto a “Quinto potere”, 1976, in cui il protagonista- un conduttore- si affacciava al video per chiedere al pubblico di affacciarsi alla finestra di casa e di urlare tutti insieme: “Sono inc…” Rispetto a “Truman Show”, 1998, che presentava il grottesco percorso di un impiegato finto con finta famiglia finta casa dalla finta nascita in quanto ripreso costantemente dalle telecamere, sotto la guida da un finto dio che era il regista della grande finzione da real politik del reality a tutta vita.

In queste settimane ho pensato che sia cambiato qualcosa d’importante perchè ho visto cinque film importanti. Non mi sono piaciuti allo stesso modo ma hanno suscitato il mio interesse non solo perchè faccio e mi occupo di televisione, ma perchè sto cercando di dimostrare che la tv è un nuovo humus di esperienze e di spunti, un humus quanto mai criticabile e tuttavia appassionante, intrigante, vario ,persino indispensabile (se lo si sa usare) perchè complesso e sfuggente.

Non voglio qui proporre un’analisi approfondita. Voglio fare un rapido accenno. Il lavoro, nel senso che ho detto, è appena all’inizio e spero che non ci trovi tutti d’accordo proprio per discutere e cercare di capire cosa sta accadendo.

Dunque, la tv compare in vario modo nei cinque film che ho visto in uno stretto giro di tempo. In quello di Oliver Stone dedicato all’ex presidente Bush la tv è una presenza costante, una spia, un basso continuo, un tormentone anche quando non si nota. Bush aveva delle idee controverse da proporre, e lo sapeva. Se non avesse avuto i megafoni tv per diffondere la sua idea dei “paesi canaglia” contro cui scatenare due guerra, i servizi segreti, politici e professori d’università, Bush avrebbe potuto fare due interi mandati? Qui l’humus è sì un megafono per il potere ma la tv è il corpo fatto e scolpito dei messaggi senza i quali un presidente come Bush non avrebbe potuto durare a lungo, con le campagne in video sulla patria, la creazione di eroi a getto continuo, la difesa dell’occidente e del mondo cristiano. Temi e questioni importanti- le religioni, i conflitti fra est e ovest, tra fanatismo e democrazia- che sono stati in grado di far germinare scelte da cui oggi il nuovo presidente Obama sta cercando di prendere le distanze , e non sarà facile.

Il film “Frost/Nixon” richiama l’intervista dello showman David Frost al presidente Nixon costretto a dimettersi dopo lo scandalo Watergate. Un gran bel film. Perchè, a differenza di quello di Stone (valido , non riuscitissimo), va più a fondo, illustra in modo scaltro e veloce i retroscena della vicenda, scoprendo l’ambiente dell’illustre “pensionato” per forza e del suo intervistatore, facendo luce sulla preparazione, i consulenti, la costruzione di una “sceneggiatura” della realtà che si evolve davanti alla telecamere. Uno spettacolo nello spettacolo. Un’occhiata acuta nei laboratori dell’humus che manipola ma costruisce, reinventa ma inventa anche in diretta il pentimento spettacolare, un’autoassoluzione, di Nixon.

“Milk” è il più tradizionale del gruppo dei film. Descrive l’ascesa politica di un leader dei gay americani. Senza lo scandalo tenuto vivo dalle tv, il signor Milk, personaggio che ha valso un meritato Oscar a Sean Penn (il trucco forse eccessivo), non avrebbe aperto la strada al riconoscimento dei diritti dei gay, ovunque.

In “Walzer non Bashir”, cartone di rara intensità, sono bellissime le scene della violenza degli scontri di guerriglia “pedinate” dalle telecamere. Bellissime perchè essenziali eppure impotenti. Le immagini le vediamo ieri e oggi nei tg, in tempi di morte a Gaza, ma non le vediamo tutte, essendo esse selezionate, controllate, filtrate. Ci avviciniamo ai fatti e a personaggi che non sono di cartone, eppure il film ci aiuta a comprendere nell’humus della tv continuano ad esserci censure sempre più sofisticate, telecameramen che muiono pur di girare un’inquadratura, occhi loro e di noi spettatori che scivolano (purtroppo) su una realtà che si complica e di cui non vediamo la fine. Nell’humus della tv c’è anche la presenza di una impotenza, di una cecità che sono l’illusione tecnica ci impedisce di vedere.

Infine, “Slumdogs millionaire”, carico di Oscar, molto criticato da Salman Rusdie che non ha riconosciuto la sua India, grande paese da cui si allontanò da giovane e in cui si è formato come scrittore di vaglia (condannato a morte per un suo romanzo considerato blasfemo da alcuni capi mussulmani). Eppure, nonostante la stima che ho per Salman,mi sento di difendere il film. Lui lo considera inattendibile, falso, lontano da quel che ricorda. Io ho avuto la certezza di vedere nel film una grande provenienza, al di là della geografia. O meglio vi ho visto la geografia letteraria dei Victor Hugo, di Charles Dichens, di John Steinbeck- penne formidabile nel descrivere la corte dei miracoli della povertà e dello sfruttamento crudele dei ragazzi. Inoltre, ecco la tv con la versione indiana del quiz che in Italia viene condotto da Scotti: il luogo della magia in cui un ragazzo ignorante proprio per il caso e la magia vede precipitargli addosso il miracolo in cui si è specializzata al tv, ovvero il rapporto fra esistenza e apparenze.

Il campione del quiz vince per una concatenazione di prodigi che il prodigio della sua testa riesce a cucire insieme. Come per dire: l’humus della tv è quello di accettare il gioco, stare al casinò delle opportunità, sfruttare (magari senza saperlo) la tv, trama e fionda per gli ingenui spettatori che cercano di prendere il largo, sapendo bene che la tv è la casa del padrone, il padrone delle emozioni di massa su sui tentare la scalata dal basso della corte dei miracoli. Un falso più vero della realtà.

Italo Moscati