Sandro Piccinini: “No, niente telecronache su Sky (e nemmeno un programma mio). Ma dall’anno prossimo se chiama Amazon…”

C’era curiosità da parte mia sul come mi sarei trovato. Ma c’erano garanzie di partenze: il direttore di Sky Sport Federico Ferri mi aveva garantito massima libertà, il conduttore Fabio Caressa è un fratellino, ha cominciato con me nelle tv locali, Paolo Di Canio era con me a Controcampo, il programma già lo conoscevo… insomma, c’erano tanti tasselli di sicurezza, non è stato un salto nel vuoto“. Inizia così il bilancio di Sandro Piccinini dopo i primi due mesi da opinionista di Sky Calcio Club, il programma di Fabio Caressa in onda su Sky la domenica sera, subito dopo il posticipo di Serie A:

Dopo un paio di mesi il bilancio è positivo, comincio a divertirmi. All’inizio c’era un minimo di rigidità, in un ambiente nuovo sono abituato ad entrare in punta di piedi. Adesso c’è complicità, anche in onda.

Il tuo arrivo ha equilibrato gli eccessi di tecnicismi del Club.

Al Club fino all’anno scorso c’erano in studio solo ex calciatori o ex allenatori e si faceva un approfondimento tecnico. Quest’anno Ferri e Caressa hanno voluto inserire qualche elemento nuovo, ossia la mia figura, quella di un giornalista, ma anche ospiti di spettacolo, come Marcorè e Pezzali, che sono venuti nelle ultime settimane. L’esigenza è di andare incontro ad un pubblico un po’ più vasto e di uscire da un discorso prettamente tecnico. Io ho sempre ragionato da generalista, Controcampo era uno show da generalista, con molto pubblico in studio, calore, personaggi di diversa estrazione. Il senso è: se c’è da commentare un aspetto tecnico, Bergomi può dire la sua con più autorevolezza, se c’è da analizzare la normativa sul caso Juve-Napoli viene più fuori un giornalista. Fabio è stato bravo a trovare una buona intesa con tutti, sa distribuire bene il pallone, ecco.

Nel 2018 a TvBlog dicesti: “Tutto quello che c’è dopo l’evento mi annoia. Mi rendo conto che per i tifosi il dopo partita è comunque affascinante, ma oggi l’80% di quei programmi vive sulla moviola e questo mi annoia veramente tanto“.

Quella frase era figlia anche della stanchezza che mi portò poi a lasciare Mediaset, ma era la verità: per me il Club è diverso dagli altri programmi, perché non insegue la solita linea della polemica, molto spesso legata alla moviola. Al Club si riesce a parlare di calcio, senza forzare la litigata e il confronto acceso. Ognuno fa il programma che crede, per carità, ma il Club è il programma più vicino al mio gusto e alle mie esigenze.

Ma il rischio di annoiarti c’era o non c’era?

Era tra i dubbi della vigilia, certo, ma rispetto a quella dichiarazione è cambiato anche il mio atteggiamento. Negli ultimi due anni sono più le partite che non ho visto di quelle che ho visto. E intanto mi era tornata la voglia di rientrare, di rimisurarmi con le analisi delle partite.

A Blogo dicesti anche che “se io fossi un direttore di Rai o di Sky onestamente non andrei a prendere il simbolo della concorrenza, mancherei di rispetto ai miei giornalisti. Io non lo farei“. Ed ancora: “Dopo 30 anni nella stessa azienda, Mediaset, non ho voglia di andare a Sky o in Rai, non mi ci vedrei“.

Non ho cambiato idea. Infatti, non sono andato a Sky a fare telecronache o programmi. Faccio l’ospite del programma di Caressa. Non ho rubato il lavoro ad altri. Il patto col direttore Ferri è chiaro: su Sky non farò telecronache, non farò programmi. Né ora, né più avanti. Un patto chiaro e consensuale. A Sky potevo accettare solo un ruolo di opinionista, un ruolo che non contrasta con le professionalità interne all’azienda e che stimola me.

Però, dimmi la verità, sinceramente: considerate le tante partite a disposizione di Sky, non è un controsenso che tu, che sei considerato il più bravo o comunque tra i più bravi, non faccia telecronache?

Ti ringrazio per la gentilezza, ma a Sky non mancano i telecronisti bravi. Molti di loro hanno iniziato con me, mi sentirei anche in imbarazzo a rompere le uova nel paniere. Il problema non si pone.

Con le telefonate di protesta delle società di calcio come siete messi al Club?

A me quest’anno non è mai capitato di riceverne, mi capitava quando ero curatore di Controcampo. Magari sono arrivate a Ferri e a Caressa, non lo so, in genere so che accade. Il discorso con Ferri è chiaro dal primo giorno, la libertà di espressione da parte mia è totale.

Dopo il caso Juve-Napoli, le tue domande in diretta al Presidente bianconero Agnelli sono state interprete da molti tifosi antijuventini come una prova di forza contro un intoccabile.

Ho fatto le domande che andavano fatte, il mio ruolo è fare domande e dare opinioni. Curioso che sia stata vista come una intervista aggressiva, ho solo chiesto se non gli dispiace vincere una partita a tavolino e se al posto del Napoli avrebbe fatto la stessa cosa. Agnelli ha balbettato? Ma solo perché non aveva la risposta pronto. Io penso di essere stato rispettoso. Mi fa sempre ridere quando uno juventino mi accusa di essere antijuventino, ripensando alla storia di mio padre che nella Juve ha giocato.

A proposito del ritorno alle telecronache, a Blogo dicesti anche ‘magari, se un giorno, tra tre anni, arriva un nuovo editore, un nuovo gruppo televisivo… un Amazon, un Google, un Facebook, allora, se non ho cambiato vita, faccio ancora in tempo a fare un giro’.

Che uno di questo colossi sarebbe entrato nel calcio italiano era una previsione troppo facile. Per adesso si parla di Amazon per Champions e campionato, ma non c’è ancora nulla di ufficiale.

La telefonata di uno di questi colossi ti è già arrivata?

No, non ancora (ride, Ndr).

Possiamo però dedurre che il tuo ritorno alla telecronaca sarà in uno di questi nuovi editori?

Al 99% è così. Non mi ci vedo telecronista in Rai, a Mediaset o a Sky. Per motivi diversi. In Rai non prendono esterni, Mediaset è una bella favola che si è chiusa, con Sky il patto è chiaro. Poi, può succedere qualcosa di strano, per carità, ma la situazione al momento è questa.

È una smentita alla recente indiscrezione di Dagospia, secondo cui molto presto avrà più spazio a Sky, con telecronache o un programma tutto tuo.

Dagospia sa cose che io non so. Mi lusinga che se ne parli, ma onestamente non c’è nulla. Da 30 anni faccio il freelance con contratti annuali. Ho sempre parlato dell’anno successivo il giorno dopo l’ultima giornata di campionato. Qualunque proposta dovesse arrivare, adesso è troppo presto. Poi, se la Rai si privatizza e assume esterni e mi chiama per i Mondiali, non posso non prenderlo in considerazione… (ride, Ndr).

La telecronaca si può fare finché si ha la lucidità fisica, non c’è un limite. Fino ai 60, 61, 62 anni. È una questione fisica, non solo di vista. È una questione di riflessi“. Lo dicesti tu, che oggi hai 62 anni. Quindi?

Che dipenda dalla condizione fisica lo confermo. Ma confermo anche il resto: per il momento mi sono fermato a 60 anni, quando ho fatto l’ultima telecronaca, cioè la finale del Mondiale. Poi mi sono fermato, mi sono riposato per due anni, quindi ho ancora due annetti da spendere (ride, Ndr). A parte gli scherzi, non escludo assolutamente di tornare a fare telecronache. Il prossimo triennio televisivo me lo potrei concedere, ecco. Ma non c’è ancora nulla di deciso.

Come te la immagini la tua ultima telecronaca?

Mi sono cautelato: l’ultima, per ora, è stata la finale del Mondiale (ride, Ndr). Se ci fosse una proposta importante, ripartirei. Certo, non deve essere a tutti i costi, non per l’amichevole estiva Milan-Monza, ecco. Con tutto il rispetto.

Non ho trovato nessun telecronista che parli male di te. Come è possibile?

Innanzitutto, molti telecronisti oggi affermati hanno iniziato con me o comunque sono stati aiutati da me. Insomma, mi sono riconoscenti. Massimo Marianella e Fabio Caressa sono nati con me a TeleRoma 56, idem Riccardo Gentile e Alberto Rimedio, Pierluigi Pardo l’ho praticamente portato io a Mediaset, Marco Foroni ha lavorato con me a Controcampo, Massimo Callegari è quello che sento più vicino a me come stile di telecronaca. La stima dei colleghi fa piacere, la competizione rimane, ma il rapporto è sempre stato di correttezza.

A proposito di competizione, ricordo la rivalità Sandro Piccinini-Bruno Longhi.

Sì, l’ho vissuta tantissimo per qualche anno, pur nel massimo rispetto. Ettore Rognoni, storico direttore dello sport di Mediaset, per gestire la rivalità tra di noi, ebbe l’idea di affidarci la finale di Champions League un anno a testa. Io ero arrivato un anno prima di Longhi e nel 1995 feci la prima finale di Champions. Tutti mi dissero che ero stato bravo, erano contenti, ma nel 1996 la finale, Juve-Ajax, fu assegnata da Rognoni a Bruno Longhi. Io non la presi benissimo. Al punto che fu lì che decisi di dimettermi da Mediaset. Ero dipendente, avevo tre programmi di successo. In quel momento iniziai la mia carriera da freelance. Tornai a TeleRoma 56. Fui un pazzo, avevo 38 anni e un mega mutuo sulle spalle. Ad Ettore questo non gliel’ho mai confessato, l’ho sempre rispettato per le sue scelte. È la persona che nella mia carriera ho stimato di più e alla quale voglio più bene. E poi quella scelta fu la mia fortuna. Due anni dopo, infatti, proprio Ettore mi chiamò per il progetto Controcampo e da freelance guadagnai cifre che da dipendente mi sarei sognato.

Anche con Pardo vi siete alternati in Champions.

Sì, ma la prima voce ero io, le finali le ho sempre fatte io. Lui era arrivato da poco, il dualismo non c’è mai stato, assolutamente.

Persino Paolo Ziliani parla bene di te su Twitter, dove riserva critiche a quasi tutto il giornalismo sportivo, eccezion fatta forse per Maurizio Pistocchi, altro collega che conosci bene.

Ziliani bastona spesso anche il Club, è vero. È stato curatore insieme a me di Controcampo, firmava le pagelle, abbiamo condiviso tanta roba. Io sono caro amico anche di Pistocchi e mi dispiace che viva questo momento con Mediaset (c’è un contenzioso legale tra giornalista e azienda, Ndr). Ha fatto la storia della redazione sportiva di Mediaset, ha firmato i programmi di maggiore successo. L’azienda dovrebbe avere più considerazione di lui.

Hai mai avuto un vero amico nel mondo del calcio?

Ho avuto simpatia per alcuni allenatori o calciatori, ma mai amicizia. In telecronaca ero un po’ in imbarazzato a criticare Ancelotti e Inzaghi, che stimo molto. Ma se sbagliavano, lo dicevo. E comunque c’è modo e modo di dirle le cose. A me non piace, come fanno alcuni telecronisti trentenni, irridere chi sbaglia. Ci vuole sempre rispetto.

L’intervista è finita, ci ritroviamo quando Amazon annuncerà il tuo ingaggio, ok?

(ride, Ndr). Se conosci Jeff Bezos, me lo presenti.