Sembra esserci una regola non scritta riguardante i programmi televisivi di approfondimento politico: inserire un comico, infilare, tra un dibattito e l’altro, tra una discussione e l’altra, un personaggio comico, meglio se satirico (in Italia, difficilissimo trovarne uno…), al fine di allentare la tensione causata dagli argomenti trattati o analizzare quanto dibattuto fino al quel momento.
Il merito, o la colpa forse, della necessità di mettere un comico in un talk show politico, è della celebre copertina di Maurizio Crozza a Ballarò, il programma di Giovanni Floris, andato in onda su Rai 3. La copertina di Crozza, da questo punto di vista, è diventata iconica, “televisivamente” parlando.
I tentativi di imitarla sono stati tanti: Giorgio Montanini a Ballarò, Paolo Hendel a La Gabbia, Gene Gnocchi a DiMartedì, Saverio Raimondo a La Gabbia, Il terzo segreto di Satira a Piazzapulita, Fabrizio Colica e Liliana Fiorelli a Matrix, Liliana Fiorelli a Povera Patria, Rosanna Sferrazza a L’Arena, Enzo e Sal a Virus, Paolo Hendel a Quarta Repubblica e altri ancora.
Considerando che già la copertina satirica di Maurizio Crozza, più che satira, consisteva in una serie di sfottò fatti bene, come nello stile classico del comico genovese, tutti gli altri tentativi di fornire al telespettatore una seconda chiave di lettura dei fatti politici, oggettivamente, sono stati tutti dimenticabili. I motivi sono stati molteplici: comici non più attuali, qualità insufficiente dei contenuti comici, contesti non adatti a comici validi.
Dritto e Rovescio, il nuovo programma di Paolo Del Debbio, in onda su Rete 4, farà affidamento a Giovanni Vernia dopo aver recato un danno, involontariamente perché non si è trattato certo di un agguato televisivo, a Giorgio Montanini, con quanto accaduto durante la prima puntata.
Come ricordiamo, il comico marchigiano si è esibito con un suo famoso monologo riguardante la prostituzione, dinanzi ad un pubblico perplesso, definiamolo così, che ha fissato l’attore per tutto il tempo, neanche provenisse da chissà quale corpo celeste. L’episodio più fastidioso è stato quando Paolo Del Debbio ha interrotto anzitempo Montanini, manifestando l’intenzione di liquidarlo il prima possibile, resosi conto, presumibilmente, dell’inadeguatezza del comico fermano, non lasciandogli nemmeno il tempo di terminare la sua performance.
In realtà, in questo caso, non è discorso di inadeguatezza: il problema ha riguardato soprattutto la scarsa coesione tra la cornice televisiva messa in piedi da Del Debbio e il contenuto comico di qualità ma, al contempo, non immediato, che Montanini può e sa offrire. I comici satirici hanno bisogno di tempo per carburare, non sono macchine da sketch da dieci secondi, come vediamo a Colorado o Made in Sud.
Farne esibire uno e pretendere che butti giù studio e pubblico in trenta secondi significa solo una cosa: di quel comico, non sai nulla.
E’ giusto, però, aggiungere che un artista dovrebbe anche valutare più attentamente i contesti televisivi nei quali decide di esibirsi. La visibilità televisiva fa sempre comodo, certo, ma un’apparizione che non va come dovrebbe finisce per essere tutt’altro che producente.
Ad un pubblico poco attento, Giorgio Montanini è apparso come un comico che non fa ridere. Questa è la ciccia.
E come accaduto a Le Iene, nello spin-off Pregiudizio Universale, dove Montanini fu sostituito con il ben più accessibile Maurizio Lastrico, a Dritto e Rovescio, stando a quanto pubblica Tv Sorrisi e Canzoni, il comico marchigiano verrà rimpiazzato da Giovanni Vernia, comico e imitatore decisamente più pop.
La storia, tristemente, si ripete: si prova ad alzare il livello, il pubblico si ribella, si fa finta che nulla sia accaduto.
Vernia, stando sempre a quanto pubblica Sorrisi, fornirà un suo commento ironico sull’attualità. Vedremo…
Il problema, però, è un altro e l’abbiamo posto ad inizio articolo.
Se inserire i comici nei programmi di approfondimento politico è una regola non scritta significa che non è una regola.
Non è indispensabile, non è obbligatorio, non lo ordina il medico.
Considerando, poi, che alcuni dibattiti politici o inerenti l’attualità si rivelano involontariamente comici, la presenza di un comico vero diventa straniante e si fa fatica perfino a notarla.
Il problema di fondo è che il processo di involuzione della comicità in Italia è tuttora in atto.
Laddove ci sono spazi televisivi degni, manca la qualità, laddove c’è la qualità, mancano spazi televisivi degni.