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Liberi di giocare, su Raiuno una storia di calcio “pulito”

La coincidenza ha voluto che la fiction in onda stasera e domani in prima serata su Raiuno dal titolo “Liberi di giocare” tratti un tema più che attuale: il calcio pulito, opposto a quello che è stato coinvolto nei tragici fatti della settimana appena trascorsa, iniziati proprio sette giorni fa con la scomparsa del giovane

pubblicato 18 Novembre 2007 aggiornato 6 Settembre 2020 06:05

La coincidenza ha voluto che la fiction in onda stasera e domani in prima serata su Raiuno dal titolo “Liberi di giocare” tratti un tema più che attuale: il calcio pulito, opposto a quello che è stato coinvolto nei tragici fatti della settimana appena trascorsa, iniziati proprio sette giorni fa con la scomparsa del giovane tifoso Gabriele Sandri.

Se è vero che ormai esiste un calcio fatto di interessi extra-agonistici, di tifosi che poi si rivelano delinquenti, di trasmissioni sportive che danno sempre più spazio alla parola aggressiva che ad una lucida analisi, e in generale di un sistema che ha perso i fondamentali che ogni sport dovrebbe avere (ovvero la cosiddetta “sana competizione”, limitata al campo da gioco), è anche vero che c’è un calcio che viene giocato per il semplice gusto di giocare, appunto, risaltandone le caratteristiche di aggregazione e di educazione al rispetto delle regole.

Sembra essere questo il messaggio che il regista della fiction Francesco Micciche’ ha voluto trasmettere, prendendo spunto da una storia vera, da lui già trattata quando era alla regia del programma “Sfide” di Simona Ercolani. La storia in questione risale al 2002, quando la squadra composta dai detenuti del Carcere di Opera di Milano, dopo essere stata ufficialmente riconosciuta dalla Federazione Italiana Calcio, riesce a vincere il campionato di terza categoria. Una storia di calcio ma anche di umanità, che mostrava come la volontà, il desiderio di rifarsi una vita e l’amore per lo sport non si erano perduti del tutto.
La trama del film-tv prende spunto proprio da questa vicenda per sviluppare non solo, però, una storia che ruota attorno al difficile tema delle carceri e della riabilitazione dei detenuti, ma anche storie di vita vissuta di personaggi che devono fare i conti col proprio passato.

E’ proprio così che inizia la vicenda, quando il protagonista Stefano Mariani (Pierfrancesco Favino), allenatore di una squadra di serie B, si trova costretto a tornare nel suo paese natale, Pesaro, a causa di un grave malore del padre. L’occasione gli permette di fare i conti con un passato che l’ha portato ad allontanarsi dai suoi cari, soprattutto dal fratello Carlo (Edoardo Leo), rinchiuso in carcere perché accusato di rapina e componente della squadra di calcio dei detenuti, che gioca senza però ottenere risultati brillanti.
L’incontro con la direttrice del carcere Silvia (Isabella Ferrari), che gli propone di allenare la squadra, porta Stefano a ricominciare da capo ed a dedicarsi alla nuova sfida, non senza difficoltà.

Le vicende private dei personaggi (Stefano, suo fratello, con cui non ha un buon dialogo, Silvia e il suo rapporto problematico col figlio che non ha superato il trauma della separazione dei genitori) hanno così come sfondo un calcio simbolo di speranza e di libertà, di riscatto e voglia di cambiare, non solo per i detenuti, ma anche per gli altri protagonisti. Proprio sul coinvolgimento totale nella storia di ogni personaggio, indipendentemente dal suo ruolo, ha focalizzato l’attenzione il capo struttura Fiction Rai Francesco Nardella, che in conferenza stampa ha dichiarato (alla luce degli episodi accaduti domenica scorsa):

“Dopo la morte di quel povero ragazzo, Gabriele Sandri, sembra strano sentire la parola ‘giocare’ legata calcio. E invece in ‘Liberi di giocare’ lo sport fa da ‘lievito’ alla crescita individuale dei protagonisti”.

Non manca anche qualche polemiche lanciata al sistema penitenziario. A dire la sua a proposito è stato l’attore protagonista, Pierfrancesco Favino, che per questo ruolo ha vinto lo scorso luglio il Premio Maximo Award come Miglior attore al Roma Fiction Fest (ed ora impegnato sul set del film di Spike Lee “Miracolo a Sant’Anna” e nelle riprese della fiction dedicata al sindacalista Giuseppe Di Vittorio e prossimamente al cinema nel sequel de “Le cronache di Narnia”), dalle pagine di “Tv Sorrisi & Canzoni”:

“Noi non abbiamo cercato di risolvere il problema della detenzione, non è il nostro compito. Però credo che chi lo vedrà non potrà fare a meno di porsi qualche domanda. Tipo, è questa la giusta modalità di detenzione?”

La carne sul fuoco è molta, la concorrenza, soprattutto domani con l’ultima puntata di “Distretto di Polizia 7” (che ora si trova contro l’ex commissario Scalise- Isabella Ferrari), potrebbe allontanare qualche telespettatore, ma le premesse per un buon successo, e soprattutto per un buon prodotto, ci sono tutte. L’unico augurio da farsi è che tutti questi elementi trattati non rendano la trama troppo complicata o sbrigativa.

Il soggetto del film-tv, una produzione Grundy Italia con RaiFiction, è di Francesco Micciche’, Nicola Baldoni, Piergiacomo Durzi e Marcello Olivieri, con la sceneggiatura di Donatella Diamanti e Giovanna Koch.