Home Notizie Doc & Factual Agora, Gioia Avvantaggiato a TvBlog: “Puntiamo i riflettori su un genere di grande successo e in forte crescita. Rai e Mediaset dovrebbero osare di più e qualcosa bolle in pentola. Mission? Le generaliste ci provano a modo loro”.

Doc & Factual Agora, Gioia Avvantaggiato a TvBlog: “Puntiamo i riflettori su un genere di grande successo e in forte crescita. Rai e Mediaset dovrebbero osare di più e qualcosa bolle in pentola. Mission? Le generaliste ci provano a modo loro”.

La direttrice del Doc & Factual Agora intervistata da TvBlog.

pubblicato 15 Settembre 2014 aggiornato 3 Settembre 2020 00:31

Dal 16 al 18 settembre 2014, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, si svolgerà la prima edizione del Doc & Factual Agora, la prima conferenza internazionale dedicata alle serie di genere factual di cui vi abbiamo già pubblicato il programma e che TvBlog seguirà con un diario giornaliero.

TvBlog ha anche intervistato Gioia Avvantaggiato, direttrice del Doc & Factual Agora, che ha svelato gli obiettivi di questo evento e che ha parlato del genere factual e soprattutto delle sue molteplici sfaccettature.

Qual è il primo obiettivo che il Doc & Factual Agora si pone?

Il primissimo obiettivo è quello di puntare i riflettori su un genere che, nonostante tutti i detrattori, è un genere di grande successo, che fa ascolti, che si rinnova in continuazione, che ha anche delle ibridazioni pazzesche perché è un genere centrale, che interpreta tutte le forme della realtà corrente e si ibrida un po’ con il documentario puro, un po’ traendo risorse da Internet e rimandandole, un po’ anche con la fiction perché quando parliamo di factual non è solamente Cucine da Incubo… Factual e factual entertainment è tutto quel genere che intercetta la realtà, che va anche al documentario che noi definiamo specialist factual cioè quella forma di racconto della realtà tematica come il grande documentario sulla storia o il grande documentario sulla scienza, per esempio, raccontato attraverso il linguaggio della fiction. Quello che è già una realtà all’estero, e che spero diventerà presto anche da noi, si chiama factual drama che è il racconto di una storia, di un personaggio, di un periodo storico… La cosa importante è che al centro di tutto questo ci sia la storia e le diverse modalità di racconto. In pratica, il racconto di questa storia fatto attraverso la fiction. All’estero, tutto il racconto transita attraverso una fiction che non utilizza grandi facce e grandi nomi ma che si serve di bravi interpreti, non necessariamente costosi e famosi, e con dei budget, quindi, più ridotti. Comunque, sempre fiction è.

Considerando, quindi, che questo evento si svolge in concomitanza con il Roma Fiction Fest, la cosa in comune che lega un serial e un programma factual è proprio questo, la fiction?

Le cose in comune tra noi e il Roma Fiction Fest sono molte. Prima di tutto, c’è l’organizzatore, l’ispiratore o la casa di accoglienza di entrambi gli eventi che è l’APT. All’interno di APT, non ci sono solo produttori di fiction, anche se per molti anni sono stati la maggioranza assoluta, ma ci sono anche produttori di documentari e poi ci sono anche associati che si occupano di intrattenimento. Con l’Agora, abbiamo voluto provare questo: capire, in quale maniera, tutti i generi di produzione rappresentati dall’APT potessero trovare un luogo comune. Questo luogo comune è il racconto, al di là di tutto. Sono frequentissimi i casi in cui la fiction ci spiega la realtà e la realtà rimanda alla fiction. La scrittura è un altro elemento in comune tra fiction, documentario e reality. La scrittura non è fatta solo di sceneggiatura ma è fatta anche attraverso la ricerca, la costruzione di blocchi, la scelta dei protagonisti che è fondamentale, tanto per la fiction come per il reality. Se la famiglia di Pawn Stars (Affari di famiglia) non fosse stata accuratamente scelta, Pawn Stars non sarebbe arrivato all’undicesima stagione.

Gli ospiti del Doc & Factual Agora hanno tutti la stessa importanza ma qual è un nome di cui va particolarmente orgogliosa?

Bella domanda… E’ difficile non fare torto a qualcuno. Direi che devo nominare i tre degli eventi speciali. Una di queste è Sheila Conlin, che è una casting director di Los Angeles responsabile della scelta del casting di alcune tra le serie di reality più importanti negli Stati Uniti che sono arrivati anche da noi, tra cui Hell’s Kitchen e Utopia, reality appena partito su Fox Channel negli USA. Lei ci verrà a raccontare, per esempio, quali sono i segreti del casting director. All’interno di questa grande piazza, mi fa piacere che si incontrino non solamente i produttori di generi diversi ma anche un po’ tutte le figure professionali che girano in questo mondo e che spesso sono figure trasversali nei vari generi perché, appunto, i casting si fanno non solo per la fiction ma anche per il factual. Gli autori, e quindi chi scrive, non lo fa solo per la fiction, spesso lo fa anche per altri generi. Per esempio, l’importanza del montaggio: sono diversi i montatori che si sono iscritti alle masterclass del pomeriggio e mi fa un immenso piacere vedere dei montatori che partecipano perché finalmente anche loro hanno capito l’importanza del montaggio, non solo nella fiction ma anche nel factual. Vorrei usare il termine ecumenico nella sua accezione originaria: raccogliere un po’ tutti in questa grande piazza e interrogarci anche sullo stato in cui ci troviamo noi in Italia, su cosa fanno all’estero, su quali potrebbero essere le prospettive, le direzioni che potremo prendere in futuro oppure no, perché per esempio all’estero, dove si è provato un po’ tutto, adesso il giro riprende e quello che si è già fatto, tipo il dating show o il property ossia i programmi sugli acquisti delle case, si rifà ma con i protagonisti che sono nudi. Nel senso, siccome le abbiamo viste tutte, rifacciamo le stesse cose ma stupiamo lo spettatore inserendo questo elemento a sorpresa. Poi, siccome gli anglosassoni sono “oltre” però sono anche puritani, questi protagonisti sono nudi ma sono tutti pixellati nelle parti sensibili.

Il factual è un genere televisivo che predominerà nei prossimi anni o ha già raggiunto il proprio apice?

Non credo che abbia raggiunto il proprio apice però è sicuramente in fortissima crescita, è sotto gli occhi di tutti. Solo in Italia, il gruppo Discovery, ad esempio, in particolare Real Time, fa dei numeri da generalista. Non si parla del 10, del 15 o del 20% ma l’1 o l’1,5% e complessivamente il gruppo Discovery arriva anche al 3%. Rai 3, in alcune serate, ha fatto molto meno, addiritture con serie costosissime, mi ricordo il flop pazzesco di Newsroom anche se non dipende dal canale, dipende dai contenuti e le variabili sono infinite. Capita che serie supercool e supersofisticate come Newsroom facciano numeri bassi mentre la serie di totale evasione che va su Real Time o DMAX, come Chef Rubio che è diventato un mito assoluto facendo delle cose che non fanno proprio bene all’anima e che ti mandano a spasso il cervello, sia un successo. Se si deve parlare di cosa vuole il pubblico, è meglio non fare filosofia o fare etica dei media, non è questo il tema, stiamo solamente facendo delle riflessioni, per vedere cosa funziona e mi pare che i numeri siano in crescita. Ora, pensare che abbia raggiunto l’apice, guardando anche quello che succede all’estero, mi pare che noi abbiamo ancora moltissimo da fare. Il problema sarà rinnovarci, se farlo “all’italiana”, seguendo la nostra sensibilità, oppure traendo ispirazione da quello che succede all’estero.

Proprio per quanto riguarda le generaliste, il factual non ha ancora conquistato pienamente le reti generaliste Rai e Mediaset. E’ solo una questione di tempo o il factual resterà nei canali tematici?

E’ una domanda molto intelligente e interessante alla quale è difficile rispondere senza dire cose un po’ scomode. Diciamo che le stesse cose che vanno sulle tematiche non possono andare sulle generaliste. Diciamo, però, che le generaliste potrebbero osare di più, in qualche modo ogni tanto lo fanno però poi è come il discorso degli americani che fanno il reality con i protagonisti nudi e poi pixellano le parti intime… E’ la stessa cosa, a volte ci provano. Per esempio, Mission, il tentativo inqualificabile fatto su Rai 1, era ispirato ad un programma australiano che invece era straordinario, e che è alla seconda stagione, e che si tradurrebbe come “Tornatene da dove sei venuto”. E’ uno straordinario esperimento sociale che prendeva un gruppo di membri del parlamento, personaggi del mondo dei media e della tv, notoriamente xenofobi, e che li mandava a vivere senza documenti, senza risorse, senza tutte le comodità ai quali erano abituati, per un periodo di tempo, nel paese di origine di alcuni degli emigranti che loro avrebbero voluto allontanare dall’Australia, una specie di Isola dei Famosi di tutt’altro genere. Si può immaginare quello che ne esce fuori. Noi abbiamo cercato di fare un po’ di comunicazione/istruzione rispetto ai generi dei quali parleremo in questi tre giorni, pubblicando anche qualche clip provocatoria sui social network e anche attraverso il nostro canale YouTube e il nostro sito. Una delle clip che abbiamo mostrato, per fare vedere la differenza rispetto a Mission, riguarda proprio Go back to where you came from. Le generaliste, quindi, ci provano ma a modo loro. Io credo che i tempi siano maturi per fare un passo in più e credo che ci siano delle cose che stanno bollendo in pentola da qualche parte soprattutto in Rai e Mediaset. La7 ha fatto un’altra scelta ed è un po’ un peccato. Probabilmente dovranno trovare anche loro il loro linguaggio perché poi non dimentichiamoci che probabilmente il pubblico delle generaliste è anche un po’ diverso dal pubblico dei canali tematici.

Facendo riferimento ai protagonisti dei reality completamente nudi, il factual, in futuro, fin dove potrebbe spingersi?

Anche questa è una bella domanda alla quale non saprei rispondere. Intanto, bisogna dire che c’è qualcuno che dice di tornare alle origini e alla semplicità, io però non ci credo. Se è vero che il factual è un’immagine di rimando della nostra realtà, bisogna chiedersi fin dove arriveremmo noi e, di conseguenza, il factual. Non il contrario. Su questo, non ho una risposta. Mi sembra di cogliere che la quarta parete sia definitivamente crollata e che ci sia un travaso continuo tra il mondo del reality televisivo e il mondo reale in qualche modo. Fin tanto che siamo noi da questa parte, che siamo noi di questo mondo a ispirare i reality, va tutto bene. Il problema potrebbe essere il contrario. E in America, sta già succedendo. Quando, nell’ambito del reality, ci si spinge un po’ troppo oltre, questo “troppo oltre” ci viene rimandato di qua e lì cominciano i problemi. Quindi, bisogna sempre ricordarsi che è pur sempre solo televisione ed entertainment, al contrario del documentario di tipo tradizionale.

In alcuni programmi factual, che hanno l’obiettivo di raccontare la realtà, si nota che la realtà viene manipolata o perlomeno filtrata per motivi televisivi. In questo modo, il factual non perde il suo obiettivo primario?

Bisogna intendersi anche in questo caso su che cosa si parla, quando si parla di factual. Allora, lo specialist factual è un conto, il reality è un altro. Il factual che si avvicina di più ai modelli tradizionali di racconto documentaristico, solitamente, non è manipolato a meno che, ad esempio, in un parco in Africa la gazzella venga fornita al leone per riprendere la scena. Il factual entertainment, invece, è chiaramente intrattenimento e si distingue tra scripted e non-scripted. Un guru della produzione di reality come Troy DeWalt, ad esempio, direbbe che qualche forma di scrittura c’è. In un’ora televisiva, infatti, si deve condensare una serie di situazioni che si sviluppano nell’arco di una settimana e questo deve essere condotto, scritto, non manipolato ma condotto in qualche modo. Ad esempio, l’ora televisiva di Affari di Famiglia, è evidente che tu non puoi fare un documentario di osservazione, puntare la telecamera adesso, staccarla dopo un’ora e trovarti un’ora di racconto televisivo. Non è così che funziona. Non parlerei di manipolazione, parlerei di produzione.

L’Italia, rispetto ad altri paesi, è indietro nella produzione di format originali. Il Doc & Factual Agora può aiutare il nostro paese sotto questo punto di vista, a produrre nuovi format ed esportarli?

E’ esattamente uno degli obiettivi. Quando io dico riflessione e condivisione, è una modalità un po’ manichea di dire studiamo quello che si fa all’estero, capiamo quali sono i nostri punti di debolezza e proviamo a migliorarci. Questo è un processo lungo, il Doc & Factual Agora è alla prima edizione e le ambizioni sono tante. Bisogna anche fare i conti con i tempi che abbiamo avuto per organizzare questa cosa, abbiamo fatto un po’ come il famoso piccolo naviglio che in sette settimane ha navigato. Noi, in sette settimane e mezzo, abbiamo messo in piedi quest’operazione e mi auguro che ci saranno altre edizioni, mi auguro che ci saranno anche altre occasioni, tra un’edizione e l’altra, di fare anche formazione e migliorarci. Il senso delle masterclass è proprio questo. Imparare da Sheila, ad esempio, come si fa un casting di successo, imparare da Robert Thirkell come si fa una produzione di successo, imparare da Ed Simpson, uno dei produttori di Affari di Famiglia, come si fa un affare di famiglia di successo. Sulle co-produzioni riguardo il factual entertainment, lì è tutta da scoprire ed è un’altra domanda che ci facciamo. Solitamente, le co-produzioni sono più centrali nell’ambito dello specialist factual perché, non lo dimentichiamo, c’è anche quello, ci sono le grandi serie di storia, le grandi serie di scienza, al di là di quello che è puro intrattenimento. Quando noi troveremo dei character in Italia che sono tanto forti come la famosa famiglia dei venditori del banco dei pegni di Las Vegas, probabilmente potremmo esportare anche noi il nostro prodotto più che pensare a delle co-produzioni. Parleremo anche di come si esportano i format nostri e come si adattano quelli dall’estero. Ad esempio, Il boss delle cerimonie, un prodotto assolutamente italiano, direi partenopeo, sta andando in onda anche in Inghilterra. E’ un prodotto, non solo nostro, ma di una piccola società di produzione indipendente di Roma e non di un big come Magnolia, Endemol, Fremantle. Nonostante ciò, questo prodotto sta facendo il suo percorso, aiutato certamente dal fatto che è una produzione per Discovery che ha deciso di investire e scommettere. Un altro format nostro riadattato è Shopping Night, format originale di Magnolia. Il discorso è abbastanza ampio e il problema fondamentale è distinguere specialist factual, factual, factual entertainment fino ad arrivare all’intrattenimento puro. Non stiamo parlando esattamente della stessa cosa e le modalità e le prospettive non sono identiche per tutti.

Una piccola domanda provocatoria: il genere factual rischia di far estinguere la figura dell’autore televisivo? Un autore crea un programma, partendo da zero, mentre invece nel factual, la realtà è lì, non c’è bisogno di inventare…

No, assolutamente no. Il contrario. La realtà è lì ma bisogna scoprirla, poi bisogna studiarla, poi bisogna trovare la modalità migliore per raccontarla. Ripeto, se per autore intendiamo una persona che prende in braccio una telecamera e parte, quello non è un autore. Io sono contraria alle improvvisazioni. E’ una questione di professionalità e di talento. Bisogna studiare, fare i compiti a casa e partire preparati. Ci vuole il talento perché l’autore senza talento non esiste ma secondo me non esiste nemmeno il talento senza autore, senza preparazione. L’autore televisivo ha un enorme parte nel racconto, nel factual. L’autore deve scrivere i testi e fare il ricercatore. In Italia, appunto, la figura del ricercatore è una figura professionale molto poco sviluppata. Ci sono aree di figure professionali ancora da sviluppare in Italia, dove si può ancora crescere e dove c’è possibilità per i giovani e meno giovani. Qui, non stiamo parlando di documentario narrativo o di documentari da sala, è il genere di cui noi non ci occupiamo. Stiamo parlando di un prodotto puramente televisivo.

Il Doc & Factual Agora ha l’obiettivo di diventare un appuntamento fisso negli anni a venire?

Sì, direi di sì. Direi che dal 19 settembre, cominceremo già a capire cosa faremo l’anno prossimo, se saremo ancora una costola del Roma Fiction Fest. Peraltro, lo siamo perché uno dei maggiori sostenitori del Roma Fiction Fest, il governatore Nicola Zingaretti con la regione Lazio ha voluto così. Quindi, vedremo… Sicuramente organizzeremo una seconda edizione, probabilmente sempre all’interno del Roma Fiction Fest.