Home Ci tocca anche Vittorio Sgarbi è soppresso. Conferenza stampa in diretta: “Il delitto di Melania prevale sulla bellezza. Dovevo ascoltare Presta dopo il fallimento di Bonolis”. Polemica: festa di produzione da Berlusconi, c’era anche Morgan

Ci tocca anche Vittorio Sgarbi è soppresso. Conferenza stampa in diretta: “Il delitto di Melania prevale sulla bellezza. Dovevo ascoltare Presta dopo il fallimento di Bonolis”. Polemica: festa di produzione da Berlusconi, c’era anche Morgan

L’8.27% di share con poco più di due milioni di telespettatori (2.064mila): questo l’infausto verdetto del colossale flop di Ci tocca anche Vittorio Sgarbi (qui l’ottima recensione di Malaparte). L’ufficio stampa della Rai annuncia la sospensione del programma:“La decisione è stata comunicata al Professor Sgarbi che l’ha condivisa”.La sospensione del programma è legata esclusivamente ai

pubblicato 19 Maggio 2011 aggiornato 5 Settembre 2020 06:23


L’8.27% di share con poco più di due milioni di telespettatori (2.064mila): questo l’infausto verdetto del colossale flop di Ci tocca anche Vittorio Sgarbi (qui l’ottima recensione di Malaparte). L’ufficio stampa della Rai annuncia la sospensione del programma:

“La decisione è stata comunicata al Professor Sgarbi che l’ha condivisa”.

La sospensione del programma è legata esclusivamente ai bassi ascolti ottenuti mercoledì sera nella puntata di esordio. Stando all’Agi la sospensione riguarderebbe una sola puntata perché ne erano previste due in questa fase, per poi ripartire a settembre con altre quattro.

Sgarbi è in questo momento in conferenza stampa, in diretta streaming su Corriere Tv dall’Hotel Nazionale di Roma, ubicato a Piazza Montecitorio. Si difende parlando di riferimenti troppo alti per il pubblico televisivo. E, alla polemica di un giornalista sullo spreco di budget (circa 1 milione di euro per un 8%, contro i 120mila di Exit che ha fatto il 6% parlando della Banda della Magliana), risponde in pieno delirio di onnipotenza:

“Io ci vado e ci tornerò in prima serata. Non è mica detto che non riprendiamo. Chi lo dice che sono soldi buttati? Io per dieci anni sono andato gratis in Rai, in cambio di centinaia di ospitalità avevo solo un libro in mano. Non venivo mai pagato come Santoro e Costanzo. La mia è stata una rivoluzione del linguaggio televisivo paragonabile al futurismo. Sono sopravvissuto dai tempi di Costanzo perché, più che l’opinionista, ho fatto una tv di creatività. Se tutti ricordate la lite con la Mussolini è perché è stata incisiva, come ‘capra capra’. La cultura costa e costa anche in televisione. I programmi fatti in economia sono puro orrore. Fai una cosa ambiziosa perché credi che la cultura possa prevedere un investimento. Cosa costa La Scala? La Banda della Magliana interessa più di Piero Della Francesca? Guardì ha detto che ho fatto la più bella pagina di televisione che abbia mai visto. Mi ha detto che ho smentito anche lui che si occupa di Melania. Io non mi sottraggo alla tv trash a cui porto ascolti, ma non è che siccome va bene Avetrana va fatta in prima serata. Perché a scuola si studia il latino e non Avetrana o non si fa l’audience di una lezione di biologia? Chi esclude che io diventi direttore generale della Rai? La tv farà l’8% e sarà in passivo come La Scala”.

Sgarbi dà ai giornalisti degli ignoranti e questi ultimi gli rinfacciano di far cultura riproponendo le sue risse, per poi metterlo di fronte al suo fallimento (“con ascolti del genere l’azienda Rai chiude”).

A proposito della polemica sulla presenza del figlio riconosciuto, ma da lui abbandonato, Sgarbi precisa:

“La figura del padre incentrata sulla mia esperienza biografica è discutibile, ma è un tema di interesse sociale. Oggi il padre è Morgan, espropriato della paternità e combatte. Qualcun altro per viltà è contento che i figli siano delle madri. Io sono felice di non aver fatto il padre”.

sgarbi conferenza soppresso






Il critico si paragona a una terza pagina, retrocessa a fine giornale. Lui la vuole in prima:

“Oggi la terza pagina esiste ancora. Forse io ho preso male la misura. Non possono essere intesi come temi di attualità quelli che mi sono cari. Quindi non riesco a darmi una ragione in base al modo di propormi. Generalmente in contesti molto degradati ho sempre avuto alti ascolti. Forse il contrasto serve quando si discute di Avetrana e uno vuole parlare di Lorenzo Lotto. Ci sarà una ragione per cui Giletti e la d’Urso hanno fatto 60 puntate di Avetrana. Una volta non sono andato a Domenica In. Volevo parlare di Lorenzo Lotto e Mazza mi disse che ero in contrasto con la linea editoriale di RaiUno. Allora non posso preoccuparmi rispetto a quello che io sono e anche rispetto ai contenuti. Mi viene da pensare che probabilmente neanche io posso prevalere su una attenzione che è evidentemente così limitata”.

Poi aggiunge:

“Chi l’ha visto e Melania sono superiori alla difesa del paesaggio, ad Arbore, alle mille polemiche che ho sempre fatto sulla bellezza minacciata. Io ho ricevuto un sacco di messaggi totalmente positivi. A queste persone quel modello di esposizione è piaciuta. La quantità di persone che si sono sentite spaesate ha portato al tema di Chi l’ha visto, che mi sembra la migliore prova della bontà della mia trasmissione. Ho fatto con la Rai non un matrimonio, ma un funerale e ho convenuto sulla chiusura per bassi ascolti. Forse il mio spazio potrà andare prima di quello di Marzullo. Aveva ragione Presta, che ha visto Bonolis fallire in prima serata con un programma da seconda. Per margini di sicurezza mi aveva detto di andare su RaiDue, ma io non ho ascoltato il suo consiglio”.

Prosegue con pesanti riferimenti alle vicende legate a Salemi e alle minacce di mafia ricevute ogni qualvolta si è esposto sul fotovoltaico. E poi ritorna a disquisire in merito al programma:

“La puntata successiva, che non ci sarà, avrebbe avuto un’illustrazione dell’arte occidentale e di un monologo su Dio relativo al Ghetto di Varsavia. Questi temi avrebbero preso una dimensione distante dalla mia figura. Mi è sembrato interessante nella prima puntata parlare dei miei riferimenti culturali e di quello che ho fatto in televisione. Se questi argomenti interessano meno di Chi l’ha visto ne prendo atto. Io sono come la terza pagina del Corriere, a pagina 55. Non ci si arriva sino a quella pagina. E’ dopo la cronaca, ci sarà una ragione”.

Non potevano mancare le stoccatine su Berlusconi e Saviano:

“E non ho citato una sola volta Berlusconi. Se non lo citi non susciti curiosità, ma a me non sembrava un argomento necessario e urgente in una trasmissione che voleva denunciare la distruzione dell’Italia con il miraggio dell’energia pulita. Se però Saviano ha successo parlando di mafia, e non parla mai di energie rinnovabili, vuol dire che abbiamo visioni diverse”.

Anche stavolta un lungo monologo, che continua senza alcuna volontà di resa del critico d’arte:

“Prendo atto, ma non piego il capo. Sono convinto di quello che fosse giusto fare in televisione. Evidentemente altri sono gli interessi prevalenti. Non ho intenzione di cedere”.

Poi, però, lo vediamo finalmente alle prese con un momento di autocritica:

“Affidarsi a me è stato un atto di fiducia sproporzionato. Sono un solista, un tenore, che non sono un direttore di orchestra e un coro. Avrei dovuto chiedere di fare la trasmissione che fa Ferrara e lasciare a Ferrara una trasmissione di più ampia architettura. Il secondo blocco era tutto su lezioni d’arte, ma grazie al Fatto e a Repubblica ho continuato il mio monologo per difendere la dignità di Salemmi. Ho, così, prolungato l’invettiva televisiva. In me c’è anche televisione, oltre che arte. Ieri sera abbiamo fatto due blocchi di quattro, una doppia coppia. Ho spiegato il mio ritorno con un po’ di compiacimento e poi i quotidiani mi hanno fatto amplificare i blocchi”.

C’è spazio anche per le polemiche: l’intero staff della trasmissione, “comunisti compresi”, è andato a festeggiare al termine della puntata a casa di Berlusconi:

“E’ un nostro amico, non il presidente del consiglio. Ci vado a cena tre volte a settimana, dov’è il problema? Ieri Berlusconi ha brindato perché il programma andasse bene. Neanche lui si aspettava un ascolto così basso. C’erano anche Morgan e Tatti Sanguineti. Non avendo Berlusconi alcun potere decisionale, noi abbiamo accettato la censura senza chiedergli nulla. In compenso, fare le puntate su Ruby e su quello che succede ad Arcore è uno scandalo contro la cultura. Dove mette il caxxo Berlusconi è un problema suo. E’ chiaro che sono molto in controtendenza. Ho sbagliato, dovevo portare le mie riflessioni sulle abitudini sessuali di Berlusconi. Per il resto non è detto che io non vada a Mediaset. Non sono affatto preoccupato del mio futuro. Se costo io costa tutta la cultura, anche Muti”.

Gli hanno anche rinfacciato gli ascolti culturali di Benigni:

“Benigni è un comico, io diventerò un comico così vediamo se funziona. Credo sia meglio di lui Sermonti, che però non fa ascolti. Bisogna fare i buffoni e avere una cultura clownesca. Forse io ho sbagliato a personalizzare troppo la prima puntata. Tutti gli errori sono miei, gli altri, dal Vescovo a Morgan, da mio figlio a Vulpio, sono stati formidabili.”.

Infine, qualche riferimento al cambio di dirigenza…

“Sono amico di Masi da molti anni. Ieri gli avevo chiesto di venire. Con la Lei ho comunque sempre avuto ottimi rapporti quando non era alla Direzione, ma non ci siamo mai parlati. Non si è posta il problema del contrasto con Masi, ma del rischio della presenza di Matthew Fox. Non abbiamo mai parlato direttamente, ma mi ha fatto presente i problemi del titolo e dei contenuti con una posizione fortemente negativa verso un terreno scivoloso. Allora sono andato a trattare con Mazza e Marano, senza la Lei, e abbiamo rimandato la puntata di Dio. Non me la prendo con la Lei”.

E pronta è anche la replica all’autore defilato, il notissimo artista e fotografo Oliviero Toscani:

“Oliviero Toscani ha chiesto 500mila euro, gliene proponevano 80mila. Però sul Fatto ha dichiarato di non essere berlusconiano. Non capisco perché ha lavorato 10 giorni con me, l’aria non era cambiata”.

Un’ultimissima dichiarazione di grande effetto, dopo un’interminabile conferenza stampa di due ore:

“Il mio programma è morto, non sono morto io”.

Rai 1