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Carlo Verdone contro la cattiva cultura tv al Bifest: “Nuti dalla d’Urso se lo potevano risparmiare”

Carlo Verdone, oltre che monumentale attore e regista sempre in grado di sorprendere, è un attento osservatore della realtà contemporanea, filtrata dalla critica sociale dei suoi film. Non a caso ha speso delle riflessioni importanti sulla televisione, stamane, in occasione della lezione di cinema aperta al pubblico del Bifest di Bari. In quanto collega e

pubblicato 24 Gennaio 2011 aggiornato 5 Settembre 2020 09:16

Carlo Verdone, oltre che monumentale attore e regista sempre in grado di sorprendere, è un attento osservatore della realtà contemporanea, filtrata dalla critica sociale dei suoi film. Non a caso ha speso delle riflessioni importanti sulla televisione, stamane, in occasione della lezione di cinema aperta al pubblico del Bifest di Bari. In quanto collega e amico di Francesco Nuti, non ha potuto fare a meno di commentare quanto accaduto due domeniche fa a Stasera che sera:

“Sono andato sul programma della d’Urso e ho visto Nuti, se lo potevano risparmiare. Magari più avanti, e noi tutti lo speriamo, Francesco potrà tornare a essere un interlocutore. Ma in quel momento non lo era. Quando feci ‘Perdiamoci di vista’ mi chiamavano un sacco di conduttori per la mia critica alla tv del dolore, dicendo che avevo esagerato. A quanto pare ho precorso i tempi, visto che ‘il nuovo film di Nuti’ andato in onda su Canale 5 è andato 100 volte oltre”.

Per Verdone il riscontro appannato del cinema d’autore è imputabile, tra gli altri fattori, soprattutto a una ‘cattiva cultura televisiva’:

[Leggi il resto dell’intervista su Cineblog]

“La televisione resta la prima educatrice, ma vanno in onda programmi dove vinci solo soldi, soldi. Tutto ciò ha portato al sopravvento di valori effimeri, oltre che di personaggi trasgressivi che fanno dell’essere scorretti un modo per risultare interessanti. Mancano punti di riferimento forti ed eticamente inattaccabili, personaggi dotati di autorevolezza”.

A tal proposito, Verdone ha risposto alle provocazioni del pubblico sul record di incassi nel cinema italiano battuto da Checco Zalone:

“Lui ha dato al pubblico quello che vuole in questo momento: una chiave favolistica rassicurante dove sono tutti buoni. Sarà il tempo a fargli dimostrare che può fare altro e con una maggiore robustezza, se sarà intelligente come credo che sia. Lui è un personaggio nuovo che vive di consensi dell’audience. Anch’io ho iniziato in tv, con la differenza che il regista di No Stop era un intellettuale, mentre Zalone ha una formazione diversa perché la tv di oggi è diversa. Negli anni ’70 il pubblico era più educato perché la televisione non era brutta”.

A proposito di compromessi del mestiere di attore, Verdone ammette di aver costantemente rifiutato un contratto da testimonial per uno spot pubblicitario:

“Il non aver mai fatto pubblicità è una scelta etica. Dissi di no alla pubblicità della Uno, mi chiamò Agnelli in persona. Significava stare per un anno sugli autobus, nei cartelloni. Non che non si debba fare, ma per il percorso che avevo in mente mi sembrava una cosa che non andava bene. Volevo acquisire autorevolezza nel tempo. Certo, poi dipende dallo stile di vita che un attore ha, ma secondo me c’è una questione di rigore che il nostro mestiere impone. A me un senso di equilibrio, di non sentirmi mai arrivato, è stato inculcato dalla mia famiglia”.

Perché suo padre, defunto durante la lavorazione del suo ultimo film, non gli ha mai chiesto di raggiungere la fama o i titoli sui giornali, ma la dignità.