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Giovanni Toti, direttore di Studio Aperto, sulla sentenza Dell’Utri

Dopo aver parlato del modo in cui il Tg1 di Minzolini ha parlato della sentenza Dell’Utri, vale la pena di spendere due parole anche a proposito dell’editoriale di Giovanni Toti, direttore di Studio Aperto.Il quale coglie due piccioni con una fava e si preoccupa di mettere insieme, come se le due cose avessero una qualche

pubblicato 30 Giugno 2010 aggiornato 5 Settembre 2020 14:36


Dopo aver parlato del modo in cui il Tg1 di Minzolini ha parlato della sentenza Dell’Utri, vale la pena di spendere due parole anche a proposito dell’editoriale di Giovanni Toti, direttore di Studio Aperto.

Il quale coglie due piccioni con una fava e si preoccupa di mettere insieme, come se le due cose avessero una qualche attinenza, come si trattasse di un teorema orchestrato dalle magistrature di tutta Italia, la sentenza Dell’Utri e quella che riguarda Massimo Tartaglia, ritenuto dai giudici incapace di intendere al momento dell’aggressione al premier Silvio Berlusconi in quel di Milano.

Basterebbe il video (dopo il salto), senza commento. Ma commentare è doveroso. Come è doveroso dire che, oltre all’accostamento delle due sentenze, appare quantomeno singolare una presa di posizione dello stesso Toti che definisce il reato di concorso esterno in associazione mafiosa un reato francamente discutibile (sic).

Ora. Senza voler scendere in particolari da giurista che non competono né al sottoscritto né a questo blog, giova comunque ricordare, per amor d’informazione, quale sia l’utilità del suddetto reato in uno Stato come il nostro. Uno Stato in cui le cosche mafiose hanno – lo testimoniano le relazioni annuali dei Servizi segreti, non certo illazioni di questo o quell’esponente politico – un forte interesse predatorio in una serie notevole di attività.

L’utilità, che non dovrebbe essere messa in discussione, deriva dal fatto che, verosimilmente, le cosche mafiose si avvalgano del supporto di soggetti che non sono affiliati alle cosche stesse. E così, con il 416-bis, che Toti definisce francamente discutibile, si può punire

la condotta di soggetto esterno all’associazione a delinquere (e quindi di soggetto a cui non è richiesta l’adesione al vincolo associativo) che apporti un contributo effettivo al perseguimento degli scopi illeciti dell’associazione (dal Manuale breve – diritto penale – S.D.Messina/G.Spinnato – Edizioni Giuffrè – 2009).

Non è cosa da poco. E bisognerebbe darne conto molto più spesso di quanto in realtà non si faccia. Il 416-bis nasce fuori dalla televisione. Non è un articolo del codice penale italiano nato in seguito a fantasie isteriche di qualcuno. E’ un fondamento indispensabile per la lotta alle mafie.