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Paolo Borsellino – Adesso tocca a me, su Raiuno un docufilm per ricordare la strage di via D’Amelio

Su Raiuno Paolo Borsellino-Adesso tocca a me, docufiction che racconta con testimonianze e documenti il lavoro del giudice dopo l’attentato di Capaci, consapevole che la criminalità organizzata lo aveva nel mirino

pubblicato 19 Luglio 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 07:47

La docufiction si riappropria della prima serata di Raiuno, nell’occasione dell’importante anniversario dei 25 anni dalla strage di via d’Amelio in cui furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta Claudio Traina, Agostino Catalano, Walter Cosina, Emanuela Loi e Vincenzo Li Muli. Paolo Borsellino-Adesso tocca a me, in onda questa sera alle 21:30, unisce -come già avvenuto in Io sono Libero– documento e finzione per portare in tv il racconto dei 57 giorni in cui Borsellino, consapevole che dopo Giovanni Falcone sarebbe stato il prossimo nel mirino della mafia, non ha smesso di cercare la giustizia.

Scritto da Sandrone Dazieri, Giovanni Filippetto e Francesco Miccichè, quest’ultimo anche alla regia, il racconto si avvale della testimonianza dell’unico sopravvissuto alla strage, Antonio Vullo che, come voce fuori campo, ricostruisce la vicenda partendo proprio dal 19 luglio 1992, dando conto di tutti quegli elementi della cosiddetta “Vicenda Borsellino”, fino a quanto stabilito nel “Borsellino Quater”, primo grado dell’ultimo processo.

Tanti i momenti toccanti che saranno raccontati, così come i dubbi che rimangono a tanti anni dalla strage, in primis la sparizione dell’agenda rossa. Per ricostruire le vicende, la parte fiction seguirà così le vicende di Borsellino (interpretato da Cesare Bocci), determinato a non smettere di lavorare e convinto di essere vicino al colpo di grazia da sferrare alla criminalità organizzata.

Un lavoro, il suo, che coinvolge anche il Commissario Rino Germanà (Ninni Bruschetta) ma anche la sua sfera privata, con la moglie Agnese (Anna Ammirati) pronta a sostenere il marito. A 25 anni di distanza, la docufiction cerca così di ricordare un uomo entrato nella Storia ed il suo coraggio di andare avanti nonostante la consapevolezza dei rischi a cui stava andando incontro. Un racconto civile che, come ha spiegato il direttore di Rai Fiction (che produce il docufilm con Aurora Tv) Eleonora Andreatta durante la conferenza stampa, deve essere centrale nel servizio pubblico:

“Il racconto civile è uno dei perni fondamentali della linea editoriale del servizio pubblico. Questo film racconta i valori in cui tutti si possono riconoscere. Racconta figure non distanti da noi, ma di cui avvertiamo eredità e capacità di trarne un esempio per il nostro presente”.

Miccichè, invece, ha sottolineato la presenza nel progetto di Vullo (interpretato nel film-tv da Giulio Corso) e la collaborazione con i familiari di Borsellino:

“Quando lo abbiamo conosciuto, abbiamo subito capito che Antonio è un uomo semplice e tranquillo, per questo non ha mai fatto pubblicità alla propria condizione di reduce, per questo in tutti questi anni si tiene in disparte e non ama essere al centro dell’attenzione quando si ricorda la strage. (…) Oggi Antonio ha accettato di raccontare la storia dal suo punto di vista perché, proprio come tutti i familiari delle vittime, vuole la verità per sapere perché e chi ha spezzato la vita delle sei persone che erano con lui quel maledetto 19 luglio. Ricordare questa storia significa per lui ricordare che dopo tutti questi anni ancora non è tutto chiarito. L’altro fondamentale incontro che ci ha aiutato a costruire la nostra docufiction è stato con Manfredi Borsellino, il figlio del giudice, oggi dirigente del Commissariato di Cefalù. Che lui abbia deciso di diventare un poliziotto nonostante tutto quello che è accaduto sia prima che dopo la strage, sembra quasi un paradosso ma spiega molto bene chi è Manfredi e il profondo senso delle istituzioni che ha ereditato dal padre.”