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Giancarlo Magalli a Blogo: “La conferma de I Fatti Vostri, la cronaca, Adriana Volpe, i format e i social”

Giancarlo Magalli si racconta in una lunga (ed onesta) intervista.

pubblicato 25 Maggio 2016 aggiornato 2 Settembre 2020 00:28

Ho sempre apprezzato particolarmente Giancarlo Magalli. L’ho sempre trovato un conduttore garbato, preparato e accogliente per chi ogni mattina segue I Fatti Vostri su Rai 2. Ma anche ironico, tagliente e senza peli sulla lingua per chi lo segue sui social o altrove, dove anche negli ultimi anni si è fatto apprezzare. Grazie a queste caratteristiche Magalli, oggi, è amato da tutti: dalla nonnina settantenne al nipote neppure ventenne.

Giancarlo, facciamo un bilancio del tuo ultimo anno lavorativo?

“Ho fatto alcune cose fuori dalla tv. Il doppiaggio de Il Libro della giungla mi ha dato grandi soddisfazioni perché ha avuto una buona critica. Mi ha fatto piacere sapere che sia venuto bene. La mia stagione televisiva, invece, ha coinciso con I Fatti Vostri. E’ andato bene se consideriamo che è il 25esimo o forse il 26esimo anno, ho perso il conto. E’ andato, aggiungo, inspiegabilmente bene: la nostra media è sopra il 10% di share, siamo arrivati anche oltre il 12%, che per Rai 2 è qualcosa di prodigioso”.

Da anni il programma è sempre uguale a se stesso.

“Qualcosa è cambiato ma non tantissimo. E’ come un quotidiano. Il Corriere della Sera è in edicola da più di cento anni, non si compra perché ci si aspetta delle novità ma perché è un veicolo: sono importanti le notizie. Il problema si porrebbe se ci fossero ogni giorno le stesse notizie. Da noi ogni giorno cambiano i fatti e le rubriche”.

Non ti sei stancato di farlo?

“Beh, un pochino sì. Sono otto anni di fila, due ore al giorno per 180 puntate a stagione. Non è poco. Fino a qualche anno fa facevo il quotidiano, poi mi fermavo e facevo I Cervelloni, Fantastica Italiana, poi ricominciavo per un altro anno I Fatti Vostri, quindi mi fermavo di nuovo e facevo Domenica In. Alternavo. Adesso sto facendo sempre questo, alla fine la ripetizione la senti”.

Il programma è confermato per il prossimo anno. E’ confermato anche il conduttore?

“Sicuramente sì. D’altronde, o cambi completamente il programma o, se lo confermi, il conduttore è importante. Qualche anno fa hanno provato a cambiare tutto, conduttore compreso, ma hanno fatto il 6% di share”.

Con l’arrivo di Antonio Campo dall’Orto tanti sostenevano che I Fatti vostri non sarebbero stati confermati in favore di uno svecchiamento di Rai 2, anche nella fascia mattutina. Sbaglia chi considera ‘anziano’ il vostro programma?

I Fatti Vostri vanno in onda da 26 anni, è quasi un record. Non si può considerare un programma fresco. Ma ogni due anni, quando vedo arrivare nuovi direttori, sento sempre parlare di rinnovamento. I nuovi arrivati dicono le stesse cose: ‘Rai 1 è la rete generalista, Rai 2 la rete del rinnovamento per i giovani, Rai 3 la rete culturale’. Ogni volta mi spavento quando sento la parola rinnovamento perché noi, appunto, andiamo in onda da 26 anni: ‘Ci manderanno ai lavori forzati’, penso sempre. In realtà non lo fanno perché è una responsabilità togliere un programma che va così bene e costa poco. Altri programmi che sono costati molto di più, hanno fatto molto meno. Poi il nuovo direttore, Dallatana, ha ragione: I Fatti Vostri intercetta, nell’ora in cui va in onda, il pubblico che è davanti alla televisione. E’ inutile andare a cercare un pubblico che non c’è. Mi sembra un ragionamento sensato”.

C’è anche la cronaca nera a I Fatti Vostri. Tu vieni dall’intrattenimento, è uno sforzo occuparsene?

“La difficoltà sta nel passare dalla battuta al delitto, cambiare registro. Molti mi dicono che riesco a passare dalle cose scherzose alle cose più serie con un certo garbo: non so se hanno ragione, sicuramente mi fa piacere sentirmelo dire. Cerco di occuparmene senza far finta di piangere”.

La cronaca nera viene spesso trattata in un certo modo in tv.

“Ci sono esempi su altre reti concorrenti di cronaca nera fatta in maniera fintamente struggente con coinvolgimenti esagerati da parte del conduttore o della conduttrice che si strappa i capelli e finisce per sembrare la sorella della vittima. Quello è troppo, il telespettatore non ci crede. Bisogna occuparsene con distacco, serietà, rispetto. Si può essere dispiaciuti, addolorati, indignati… ma non bisogna esagerare, il pubblico non è stupido”.

L’oroscopo è un elemento fisso della vostra trasmissione. Qualche settimana fa ha fatto parlare il ‘diverbio’ con Paolo Fox. Come possiamo definire quel momento?

“E’ stata una fregnaccia (ride, ndr). Non è andata come è stata raccontata. I giornali hanno scritto ‘Fox massacra Magalli’, ‘Scontro fra Fox e Magalli’: non è vero, Paolo non ce l’aveva con me, ero assolutamente innocente. Aveva solo richiamato all’ordine Marcello Cirillo, seduto vicino a lui, che a un certo punto si era girato per dire una cosa alle ragazze del pubblico. Il fatto che Marcello gli parlasse nell’orecchio, gli ha dato particolarmente fastidio. Il momento dell’oroscopo è un organetto per noi: se siamo in ritardo o in anticipo, cambia il tempo riservato alla rubrica. Quel giorno era uno spazio particolarmente corto, uno dei pochi giorni in un anno, e Fox doveva raccontare dodici segni in meno di dieci minuti. Un po’ nervosetto, Fox, lo è”.

Al tuo fianco, da anni, c’è Adriana Volpe. “Oggi in un’intervista Adriana Volpe ha dichiarato che io e lei non ci frequentiamo nella vita privata per via della differenza di età. A parte il fatto che quelle due ore alla mattina bastano ed avanzano, ha comunque ragione: io nella vita privata frequento donne più giovani (e più mature)”, avevi scritto sui social qualche tempo fa. Non vi siete mai amati?

“No, mai. Questa è la verità ed è inutile negarla perché si vede. C’è addirittura un gruppo su Facebook che si chiama ‘Perché Magalli non guarda mai la Volpe quando parla?’ o qualcosa del genere. Non l’ammazzerei, per carità: ci lavoro, la sopporto, ma alcune sue prerogative non mi rendono contento. Non ci posso far niente. Ho avuto tante partner nella mia carriera, sono sempre andato d’accordo con tutte. Le uniche tre con cui non sono andato d’accordo sono la Falchi, la Parisi e la Volpe ma per motivi diversi. La Parisi era capricciosa, arrivava tardi e faceva come le pare; ho sempre detto, però, che quando lavorava era di una bravura che le si perdonava tutto. Alle altre due, ecco, manca quest’ultimo aspetto”.

E poi, accanto alla tv, c’è il web. Lì hai trovato una seconda giovinezza?

“Il web mantiene giovani. Io mi trovo bene con i ragazzi, mi diverto, cerco di parlare il loro linguaggio e usare la mia ironia. Rispondo, scrivo… ogni giorno dedico almeno un’ora al web. Ma non ho mai usato questi strumenti per essere simpatico, avere popolarità, farmi degli amici o invitare la gente a venirmi a vedere a teatro o in televisione. Io, anzi, mi faccio usare dal web come è successo con la vicenda del Presidente della Repubblica”.

Com’era nata quella storia?

“I ragazzi volevano lanciare un messaggio contro i nomi ufficiali che si facevano nell’occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica. In un sondaggio erano venuti fuori Prodi, Amato e i ragazzi sbottarono: ‘No, piuttosto Magalli’. Era un’indicazione di protesta, è chiaro che nessuno – me per primo – ha mai pensato che potessi diventare Presidente della Repubblica sul serio. Forse il messaggio era arrivato perché poi hanno eletto Mattarella, un nome fuori da quella nomenclatura. Farsi usare dal web può essere divertente. Al contrario, non riesco ad usare il web per pubblicare foto dove sbuccio i piselli”.

Ti riferisci a Gianni Morandi?

“Lui, come altri, hanno una forte preoccupazione di apparire sul web. Morandi ha 2 milioni di follower ma, se esce con un disco nuovo, quei seguaci non valgono 100 dischi in più. Non funziona. E allora qual è lo scopo di fare la fatica di andare ogni giorno a fare una foto con i piedi nel ruscello? Per dare un’immagine di te? Dopo cinquant’anni di carriera la gente già dovrebbe avercela un’immagine ben chiara di quel che sei. La considero una fatica inutile. Io sono lì per divertirmi e divertire senza nessuno scopo commerciale”.

Mi sembra che la tua ironia venga più valorizzata dai The Pills che dagli autori televisivi. Ti senti sottovalutato dalla tv?

“Beh, oddio. Mi piacerebbe fare anche altre cose, non l’ho mai nascosto. Cose che spesso fanno altri. Spesso bene, altre volte meno”.

Per esempio?

“Il programma di Cattelan, E poi c’è Cattelan, mi sarebbe piaciuto farlo in Rai. Prima di lui ci avevano provato altri, anche in Rai, e mi dispiaceva vedere che veniva data una possibilità a persone che sprecavano un’occasione. Cattelan è il primo che lo fa bene in Italia”.

Magalli è anche, forse soprattutto, un autore. C’è spazio in Italia per idee originali?

“Non c’è spazio, infatti sono un autore disoccupato. Lavoro come conduttore, doppiatore, attore cinematografico, ospite di Pechino Express… ma non come autore. Ero convinto del fatto che sarei durato pochi anni come conduttore e ho sempre considerato il mio mestiere principale quello di autore. Ora mi rendo conto che, quando smetterò di fare il conduttore, sarò disoccupato perché il mestiere dell’autore – inteso come lo facevo io – non esiste più. Non esiste più quello che scrive due paginette per proporre la realizzazione di un programma”.

L’ultimo programma proposto da autore?

“L’ultimo programma proposto è uno che non si è fatto. Non ne propongo più. Oggi si producono solo format comperati all’estero perché danno una certa garanzia. I dirigenti ricevono il dvd del format e vedono già le luci, l’atmosfera, la regia, la scenografia. Non se lo devono immaginare come succedeva una volta, lo vedono. Non solo, hanno anche i dati di ascolto degli altri Paesi. Davanti a queste certezze, chi rischia per un programma nuovo? Addirittura vanno a rifare Rischiatutto“.

A proposito, avevi dichiarato: “Il Rischiatutto di Fazio sarà un flop e inutile”.

“Fazio non ne è uscito in forma smagliante, le critiche su di lui sono state feroci e concordi. C’è stata molta curiosità e nostalgia, ma l’hanno anche pompata a mille. Sono state due puntate, non so come andrà sulla lunga distanza. Non lo dico per cattiveria, odio o antipatia nei confronti di Fazio. Lo dico perché anche io ho fatto Lascia o Raddoppia? tanti anni fa e non fu un successo. La Rai si era fissata di riproporlo ma la nostalgia non ha mai funzionato, hanno riprovato a fare tutto. C’è una sola eccezione: la Corrida, che oggi si ricicla come Italia’s got talent, funziona sempre”.

“In Rai mi fanno pagare ancora il 13% di Mi gioco la nonna“. E’ ancora così?

“Spero che se lo siano scordato, sono cambiati tre direttori da allora (ride, ndr). Visti oggi, i risultati del quiz Mi gioco la nonna erano buoni risultati: oggi il 13%-14% è considerato un risultato dignitoso, non una vergogna. Onestamente il format non era un granché. L’autore che era in me voleva modificare la formula: ci lavorai, poi scoprii che si poteva modificare solo una piccola parte del format. Era un quiz tedesco e si sa che i format tedeschi sono rigidi, sono fermi a Auschwitz. Io cambiai il 30%, di più non si poteva, ma volevo cambiare tutto il resto ed i giochi che erano idioti. Era anche un programma difficile, le registrazioni durano fino all’una di notte perché i giochi andavano montati e smontati… intanto i concorrenti erano distrutti, io non sapevo neppure più come mi chiamavo. Però mi ha fatto piacere farlo”.

Hai rimpianti nella tua carriera?

Don Matteo è un rimpianto. Rifiutai perché non me la sentivo di stare otto mesi lontano da casa, allora avevo una famiglia e non volevo rinunciare a mia moglie e mia figlia. Di questo non sono affatto pentito”.

Rimorsi?

“Non tanti. Certo, Lascia o Raddoppia? e Mi gioco la nonna non sono andati bene, ma sono due programmi su più di cinquanta. Gli altri sono andati tutti dal bene al molto bene, non mi posso lamentare. Come dice Pippo Baudo: ‘Il nostro lavoro è come Il Giro d’Italia, non bisogna vincere tutte le tappe. Vince chi ha la media migliore'”.

Ti senti un personaggio Rai o faresti qualcosa altrove?

“Lavoro in Rai dal 1964 e sono sempre stato in Rai. Mamma Rai? Non l’ho mai considerata una mamma, né lei ha mai considerato me come un figlio. Forse è più una moglie: ogni tanto ti tradisce, ti fa arrabbiare, poi ci fai pace e ti ci rimetti insieme. Non so con chi la Rai sia stata una mamma, credo nessuno. Però è un’azienda con la quale mi fa piacere lavorare e mi fa piacere farne parte. Ogni volta che sono andato a Mediaset, pur nel rispetto della loro professionalità, mi sono sempre sentito estraneo. Ho fatto una sola trattativa con Giorgio Gori, allora direttore di Canale 5, e accettai di aprire una trattativa con loro perché la Rai l’aveva fatta grossa. Alla fine riuscirono a ricorrere ai ripari, si fecero perdonare e rimasi tranquillamente qui”.

Cosa ne pensi della Rai di Campo dall’Orto?

“Campo dall’Orto è, nel bene e nel male, espressione del renzismo. Vuole fare, decide, dice: lui qualche decisione l’ha tirata fuori e messa in pratica. Non tante, forse, come chi l’ha eletto avrebbe voluto. So chi lo rimproverano di non aver fatto poi tanto in questi mesi. La Rai è un’azienda gigantesca, non si può cambiare premendo un tasto. Il problema dei direttori generali è che siccome non si riesce a rimettere la Rai del tutto in piedi, allora bisogna fare le cose più urgenti, quasi sempre legate ai soldi. E quindi tagliano i costi al prodotto: i programmi si fanno con le scenografie povere, senza pubblico o senza orchestra, il balletto ormai risale alle preistoria. Ma se togli i soldi al prodotto, diventa difficile venderlo. Mi sembra logico”.

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