Home Quelli che il calcio Ubaldo Pantani: “Quelli che… penalizzato dagli eventi, ma ci prendiamo le colpe. Spostamento al giovedì inizio della fine”

Ubaldo Pantani: “Quelli che… penalizzato dagli eventi, ma ci prendiamo le colpe. Spostamento al giovedì inizio della fine”

Ubaldo Pantani: “Quelli che… era nato per andare in diretta. Un filotto di eventi non ci ha aiutato. Lo spostamento al giovedì inizio della fine”

11 Dicembre 2021 20:06

Ora sono ufficialmente svincolato e a gennaio comincia il mercato di riparazione. Valuterò cosa fare”. Ubaldo Pantani sceglie la via dell’ironia per raccontare gli ultimi mesi per nulla in discesa vissuti a Quelli che…, tra rivoluzioni, contrattempi e difficoltà che hanno portato lo storico programma a sparire dalle scene lo scorso 2 dicembre.

Ci avevano detto che avremmo dovuto fare trenta puntate e che non dovevamo badare agli ascolti”, rivela l’attore e imitatore a Tv Blog. “Poi le cose sono cambiate. In fondo, la tv non è molto differente dal mondo del calcio. Quando una squadra va male l’allenatore viene sostituito”.

A Quelli che il calcio dal gennaio 2010, Pantani ha vissuto tutte le epoche della trasmissione, tranne quella di Fazio. “E’ stata la mia casa per dodici anni, ho fatto puntate più di chiunque altro nella storia del programma. Mi ci sono fidanzato, lasciato, truccato, travestito”. Fino ai tristi titoli di coda, che sostanzialmente hanno avuto un loro prologo la scorsa stagione, quando si decise di abbandonare il pomeriggio per tentare l’avventura suicida della prima serata.

Ci fu una proposta nell’ultimo mese di lavoro. Terminammo l’anno con l’idea che avremmo lanciato questo progetto. La nostra reazione fu un ottimismo molto cauto, che anni di lavoro mi hanno aiutato a sviluppare. Sapevamo che affermarsi in prima serata era difficile, eravamo consapevoli della difficoltà dell’operazione, anche se nessuno aveva pensato che il lunedì fosse un giorno sbagliato. La collocazione non era un nostro timore. Dal lunedì al venerdì c’è sempre qualcosa sulle altre reti. Come detto, la complicazione stava nell’operazione, non nel giorno di messa in onda.

Vi spiegarono il motivo dello spostamento?

Volevano cercare di allargare il pubblico, di far vedere Quelli che… a più persone. Volevano provare a dargli una visibilità maggiore.

La strada, invece, si è rivelata tortuosa fin dal primissimo momento.

Sì. Prima i ballottaggi delle amministrative, poi gli scioperi e l’obbligo a registrare. C’è stato un filotto di eventi che non ci ha aiutato. Il programma era nato per essere in diretta. Dopo quattro puntate ci eravamo già fermati due volte. In seguito è arrivato il passaggio al giovedì e la decisione di andare in differita.

Mi pare di capire che non fu una vostra volontà.

No, c’erano problemi logistici legati allo studio. Non so dire il motivo preciso, ma c’era una difficoltà oggettiva ad andare live. Anche volendo, non ne avevamo la possibilità. Volevamo tutti andare in diretta, purtroppo la questione non si è potuta risolvere. Questo non deve e non vuole essere un alibi.

quelli che

Emblematico fu l’episodio di Mastella, che svelò a sorpresa il suo numero di cellulare. Foste stati in diretta avreste potuto camparci per tutta la puntata.

Hai ragione. Io sono un fan della diretta, la registrazione ci penalizzò. Ma noi ci abbiamo messo del nostro.

C’è stato un momento in cui avete capito che la situazione non era più recuperabile?

Per quel che mi riguarda quando ci hanno spostato al giovedì. E’ stato l’inizio della fine. Non è il giorno che fa il programma, quando ci prospettarono il lunedì nessuno disse che era una serata sbagliata. La verità è che il programma dovevamo farlo meglio noi, non vanno cercate giustificazioni.

Speravate che vi dessero più tempo?

Se fai ascolti troppo bassi è normale che ti chiudano, sarebbe stato strano il contrario, lo ammetto. Se fossimo rimasti al lunedì, senza soste per 5-6 puntate, forse saremmo potuti crescere. La storia però non si fa con i se. Potrebbero sembrare scuse e io non le cerco.

Alla fine gli ascolti bassi sono stati determinanti.

Non è che facessimo il 2% in una rete con la media a due cifre. La televisione si deve abituare a questi bassi ascolti. I numeri del passato sono impossibili da ripetere, dobbiamo imparare a non gridare al flop se ti guardano 500 mila persone. Parlo in generale, anche di altre trasmissioni. La tv è talmente frammentata che fa meno della metà degli ascolti di dieci anni fa.

La sensazione è che a Quelli che… mancasse un pretesto. Non si capiva a chi e di cosa volesse parlare.

Questo è un lavoro che lascio ai critici. Da parte mia dico che senz’altro è mancato qualcosa e il pubblico ce lo ha comunicato attraverso il suo comportamento. Ci ha detto che non avevamo una identità. Quelli che il calcio alla domenica pomeriggio era diventato un appuntamento storico, un’abitudine. Potevi non fermarti per tutto il tempo, potevi evitarlo, ma sapevi che c’era. Spostarci è stato un errore.

Gli spin off di Quelli che… in altre fasce orarie non hanno mai portato bene.

Quelli che il calcio era stato chiuso, questa era un’altra roba. Mi viene in mente Quelli che dopo il tg. In quel caso l’esperimento funzionò, perché lo show aveva un’identità definita, precisa. Era un post tg. In fin dei conti eravamo sempre noi, ma dopo un secondo capivi il senso del programma.

Potevi essere coinvolto di più?

Le mie apparizioni sono andate di pari passo all’excursus del programma. Con una impostazione differente sarebbe stato più semplice mantenere alcuni personaggi per tutta la serata. Ma sono dettagli tecnici. Ad un certo punto nessuno avrebbe potuto salvare il trend. E’ mancato il gioco di squadra.

Sui volti dei conduttori, negli ultimi tempi, si notava rassegnazione.

Io la mia faccia non l’ho mai mostrata, visto che impersonavo sempre qualcun altro. Ce l’ho sempre messa tutta e non mi permetto di giudicare i miei colleghi.

Al di là del flop di Quelli che…, in molti pensano che Quelli che il calcio avrebbe comunque necessitato di un restyling. Percepivate un certo appiattimento?

Finiti i settennati di Fazio e Ventura, la politica dell’azienda è stata quella di cambiare ogni 2-3 anni. Cabello, Savino e Gialappa’s, Luca e Paolo. Probabilmente questo sarebbe stato il destino del nostro gruppo. Non perché mancasse la bravura, ma perché dopo un po’ è anche giusto dare la possibilità ad altri di formarsi. Quelli che il calcio è stato un laboratorio e trampolino per molti volti tv.

Non ritieni che abbandonare la domenica proprio nella stagione in cui Sky aveva perso i diritti e una nutrita platea al pomeriggio era fuggita dalla pay tv sia stato un errore?

Rispondo di sì, con rammarico. Col senno di poi si sarebbe potuto effettuare un tentativo. Io quello che potevo fare l’ho fatto. Mi dispiace.

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