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Reazione a catena, parla l’autore Christian Monaco: “Mi piacerebbe un’edizione natalizia, funzionerebbe”

Reazione a catena, intervista a Christian Monaco: “Il programma profuma d’estate, ma mi piacerebbe una versione natalizia, penso funzionerebbe”

24 Settembre 2021 12:31

Il fenomeno televisivo dell’estate, un successo che col passare del tempo non si appanna, anzi si rafforza. Reazione a catena sembra non conoscere ostacoli e, stagione dopo stagione, si conferma come punto di riferimento dell’intera offerta televisiva. Chi il game-show lo ha visto crescere, condividendone metamorfosi e mutazioni è Christian Monaco, autore casting che in quattordici anni ha visionato più di 10 mila squadre e accompagnato tutti e cinque i conduttori.

I motivi del successo? Secondo me è un discorso di clima, di aria che si respira – spiega Monaco a TvBlog – Reazione a catena rappresenta uno stacco mentale. Nel corso del tempo si è fatto percepire come un qualcosa che si discosta dalla normale quotidianità. La trasmissione viene identificata col senso di relax”.

In sella fin dalla seconda edizione, Monaco è una sorta di colonna, di punto fermo. Così come i giochi, raramente modificati in corso d’opera. “Qualche piccola variazione è stata introdotta, ma credo che non ci sia molto da cambiare. E’ il pubblico che alla fine decide, finché va bene restiamo così, programma che vince non si cambia. C’è gente che reputa noioso il ‘Quando, Dove, Come, Perché’. A me piace ed è difficilmente sostituibile. Non puoi proporre solo catene. Quel gioco ti consente di spezzare il ritmo delle catene, senza che ne risenta il gioco di squadra. E’ funzionale, è una macchina oliata, inoltre è il gioco dove il conduttore è più conduttore”.

Tutto parte dalla scelta dei concorrenti. Quando cominciano le selezioni?

Solitamente verso febbraio-marzo, ma da due anni a questa parte le iscrizioni ai casting sono aperte tutto l’anno. Chi si volesse iscrivere per la prossima stagione potrebbe già farlo sul sito dell’ufficio casting della Rai, che è uno dei perni del programma.

Con la pandemia di mezzo avete riscontrato problemi?

Siamo stati costretti a svolgere i provini online e abbiamo conosciuto i concorrenti solo al momento della scelta. Con le restrizioni e i divieti di spostamento tra regioni capitava che gli stessi componenti delle squadre si allenassero a distanza, soprattutto quando si trattava di amici. Il casting da remoto di un programma del genere è assai complesso. C’è qualcosa di inspiegabile che si può percepire solo in presenza. Abbiamo svolto provini immaginifici. Auspico che si torni quanto prima alla normalità, per chiunque faccia dei casting c’è una componente emotiva e diretta che non sarà mai sostituibile da remoto.

Selezionate le squadre basandovi esclusivamente sulla bravura?

Non esiste un’unica componente, è un mix. Per quel che mi riguarda, durante i provini chiudo gli occhi e immagino i ragazzi già dietro le postazioni. Contano le abilità nei giochi, ma è fondamentale anche la capacità di tenere un’ora di televisione, non è facile. Le squadre devono essere subito pronte all’uso, devono essere capaci di sopportare e supportare il gioco. I concorrenti più forti quasi sempre hanno un legame potente che arriva a casa. Può succedere che tra i tre ci sia quello che io definisco il ‘trascinato’. Può creare dei problemi. I due motivati possono portarlo dalla loro parte e a quel punto il team prende piede. Ma può anche succedere che il ‘trascinato’ sia la zavorra e porti giù gli altri due. Reazione a catena non è un gioco ad opzioni, richiede allenamento e chi si allena ha grosse possibilità di vincere.

Luci, clima, colori: Reazione a catena è un programma che profuma d’estate. Sarebbe immaginabile la collocazione in un altro periodo dell’anno?

È un programma stagionale, sa d’estate in ogni aspetto, ma questa non deve essere una diminutio. Tante trasmissioni nate in estate sono poi andate in onda d’inverno. Penso ad esempio a La Corrida. Bisogna valorizzare i programmi estivi e non campare di prodotti già visti. Va riconosciuto il merito a chi dà vita a prodotti originali.

Reazione a catena in onda a novembre sinceramente fatico a immaginarlo.

Vero, penso che sia un game stagionale e di atmosfera. Potrebbe partire prima, già da inizio maggio, ma non potrebbe andare oltre settembre. L’attesa dell’estate ti proietta all’estate, al contrario anche se fuori ci sono 30 gradi a settembre mentalmente si è già in inverno. Detto ciò, ammetto che mi piacerebbe vedere Reazione a Catena in onda durante le vacanze di Natale.

Strutturato così com’è?

Assolutamente no. Creerei un clima adatto, magari con uno studio rosso, con un’altra veste grafica. E’ un’idea mia. Dal primo dicembre fino all’Epifania potrebbe funzionare.

Il covid vi ha privato per due anni del pubblico in studio.

Il pubblico è sempre stato una parte fondamentale dello show. Il calore di Napoli è una marcia in più e spero che le porte si riaprano quanto prima. E’ un gioco che genera tifo e fazioni.

In compenso avete gli spettatori collegati da casa. Il loro supporto, tuttavia, è pari a zero.

Se ci sono ti chiedi ‘a che servono?’, se invece non ci sono ti accorgi che manca qualcosa. È una piccola finestra sul mondo.

Reazione a Catena

Pupo, Insegno, Amadeus, Corsi e Liorni. Cinque conduttori e altrettanti stili.

Mi sono trovato bene con tutti, sono sincero. Tutti hanno interpretato in maniera corretta il clima del programma, si sono lasciati trasportare. Ognuno ha portato il proprio metodo di conduzione senza snaturarsi. Nessun padrone di casa ha mai scimmiottato l’altro. Hanno sempre offerto una visione diversa della trasmissione cucendosi addosso il gioco. Sotto la guida di Amadeus sono venuti fuori i grandi campioni e si è compreso che Reazione a catena richiedeva allenamento. Dal gioco puro si è passati alla competizione, alla ricerca dei record. In quel periodo sono nate squadre divenute iconiche. Prima a L’Intesa Vincente si indovinavano dieci parole, adesso si supera quota 20 e il pubblico storce la bocca se si diventa campioni con appena 5-6 parole azzeccate.

Anche L’Ultima Catena è una vera e propria calamita, a prescindere da quanti soldi ci siano in palio.

Nel gioco finale l’obiettivo è indovinare la parola, i soldi sono la conseguenza. Lo ripeto sempre: se pensate ai soldi, perdete. Bisogna giocare con chi sta a casa, il denaro è il frutto della tua bravura, ma lo scopo è indovinare la parola misteriosa, a prescindere dal montepremi.

Come vi spiegate questo enorme successo?

C’è un bel clima in studio che penso arrivi a casa. Le squadre generano affezione e si percepisce l’armonia. I loro nomi nel tempo hanno assunto rilevanza diventando degli hashtag e andando in tendenza. Il game richiama tanti giovani, l’80 per cento delle iscrizioni arriva da under 40. Contemporaneamente, Rai1 riesce a mantenere intatto il suo zoccolo duro, il programma è molto visto dal pubblico tradizionale che va a sommarsi ai ragazzi.

Ascolti alti senza però una forte controprogrammazione, obietta qualcuno.

Non è vero. Spesse volte abbiamo aumentato il bacino proprio quando è tornata la concorrenza sulle altre reti. Siamo arrivati addirittura a 4,5 milioni di media.

Altrove la fascia del preserale viene spesso spenta, per poi riaccendersi a settembre. Quanto è importante l’occupazione del campo?

A mio avviso tantissimo. Sarebbe giusto presidiare costantemente le fasce di appartenenza per assicurarsi la fedeltà dei telespettatori. Parlo di presidio di genere. Su Rai 1 quando riparte L’Eredità non percepisci l’assenza di tre mesi. E’ una staffetta che si ripete da anni, secondo me corretta.

Le puntate registrate sono avanti mesi rispetto al giorno di programmazione. Essere al di fuori del contesto che vi ospita vi penalizza?

Capita che ci siano dei contrattempi. Nel 2016 ci furono l’attentato a Nizza, il tentato colpo di Stato in Turchia, il terremoto. Quest’anno abbiamo avuto le conferenze stampa di Draghi e l’improvvisa morte di Raffaella Carrà. La tv è questa, sappiamo che possono verificarsi degli imprevisti, ma i rimedi si trovano. Nei risvolti pratici questo aspetto non è rilevante. La televisione è estremamente pragmatica.

 E’ pure capitato che numerose puntate saltassero.

Sono i rischi del mestiere. Di fronte ad eventi importanti e inaspettati è giusto lasciare il passo, ancor più sul servizio pubblico. Mai ai fini della qualità del prodotto non incide più di tanto. il contrattempo può capitare anche se registri ventiquattr’ore prima e, a volte, persino in diretta.

Effettuate parecchi tagli in post-produzione?

No, giusto il necessario per far rientrare la puntata nel minutaggio richiesto. Onestamente c’è poco da tagliare. Al massimo bippiamo qualche frase se vengono citati dei marchi.

Il distacco dalla contemporaneità vi consente perlomeno di non essere condizionati dai social.

Sottoscrivo. Il live ti dà un approccio diverso ed impagabile. Il rovescio della medaglia purtroppo è questo condizionamento eccessivo dei social che non dovrebbe esserci. Non possono essere 100 commenti a cambiare la versione di un programma. I social sono un termometro interessante, ma non devono diventare un elemento condizionante.

Succede di affezionarsi ad alcuni concorrenti?

Certo, capita che nasca un legame, anche per un discorso di tempo passato assieme. Sono persone che comunque danno lustro al tuo lavoro, è normale che ci siano riconoscenza e affetto. Sono rimasto in contatto con tante squadre, da I tre forcellini a I tre alla seconda. Nel caso dei Tre di denari sono andato ai loro matrimoni, ho visto nascere dei figli e delle relazioni, come quella tra Marco dei Tre di denari e Rachele delle Regine di cuori. Stanno assieme ormai da quattro anni.

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