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IL FLOP DI UN DIO MINORE

Premessa. Penso che Paolo Mieli sia un bravo direttore del “Corriere della Sera”, giornale che sta cercando di svecchiare e di rendere mordente. Penso anche che Mieli, storico, appassionato di tv dove non disdegna di comparire, abbia opportunamente il desiderio di muovere le acque della stagnante cultura nazionale; e che, per questo,non perda occasione per

12 Gennaio 2006 11:30

Premessa. Penso che Paolo Mieli sia un bravo direttore del “Corriere della Sera”, giornale che sta cercando di svecchiare e di rendere mordente. Penso anche che Mieli, storico, appassionato di tv dove non disdegna di comparire, abbia opportunamente il desiderio di muovere le acque della stagnante cultura nazionale; e che, per questo,non perda occasione per lanciare spunti anche fortemente polemici, incaricando i suoi redattori di svilupparli sulle pagine dei giornali. Uno di questi redattori è il bravo Dino Messina che, come si desume dal Corriere, aveva avuto l’incarico di svolgere un’inchiesta sugli intellettuali. Fine della doverosa premessa. In tempi in cui la tv, anzi le tv, si uniscono ai giornali (che peraltro sono più spregiudicati) per guardare dentro i fatti degli scandali finanziati spuntati da ogni parte, era ed è corretto sforzarsi di capire che cosa ci sia nella testa delle teste d’uovo. Non so se la partenza della inchiesta sia stata fatta col piede giusto. Messina ha intervistato Franco Cordelli, critico teatrale del giornale, scrittore disimpegnato da sempre che ha riscoperto l’impegno con un libro senza fortuna su Berlusconi. Cordelli è un mio vecchio amico che non si è ancora rimesso dal trauma provato quando si è accorto che l’avanguardia teatrale in cui credeva non c’è più e ha dovuto fare i conti con la noia teatrale e letteraria con cui ha invano tenta di curare il suo trauma. Ma non è questo l’aspetto più importante.
Cordelli, con Messina, ha sparato a zero contro Eco, Tabucchi, Loy, De Carlo che sarebbero bravi ad attaccare Berlusconi e la destra ma non ad attaccare la propria parte e cioè la sinistra quando, come sta avvenendo, la sinistra fa la morale a tutti e dimentica di farla a se stessa. Messina ha poi intervistato Erri De Luca, scrittore che apprezzo ma che- come dice Goffredo Fofi- oggi “se la tira”, ovvero parla in modo oracolare, e sembra avere una vena creativa affievolita. De Luca, ex Lotta Continua e studioso della Bibbia e di lingue antiche, si ricorda della parola “embedded”, e cioè “coinvolti”, che è stata usata in Irak per i giornalisti al seguito dell’esercito alleato guidato dagli americani. “Embedded”, forse anche nel senso di coinvolti e venduti, gli intellettuali, i sostenitori della sinistra, e cioè quelli che abbiamo sopra citato, da Eco a Tabucchi. Mah. E boh. Le opinioni vanno sempre bene, specie se sono firmate come in questo caso. Le accuse vanno pure bene , e meglio, se vengono raccolte dagli accusati e si crea, come si dice, un dibattito. Invece niente, solo qualche spezzone ancora, qualche riga dedicata a Fulvio Abate che se la prendeva sul conformismo di sinistra in un libro di cui è l’autore, lui che collabora all’Unità. E basta, se non mi è sfuggito qualche altro capitolo della inchiesta. Nessuno ha raccolto la sfida. Nessuno degli accusati ha accusato il colpo. Nessuno ha risposto o partecipato. Silenzio peraltro dei lettori. Hanno taciuto e tacciono gli opinionisti.Muti sono rimasti i coristi della polemica a getto continuo. Un vero e proprio flop. Domanda. Gli intellettuali , scelti per animare la scena, sono ormai figli di un dio minore, il dio dei confronti creati spesso dal nulla o dal desiderio di attizzare scontri di fuochi fatui o dalle fascinazioni pettegole e telesiviva? Altre domande. Che significa questa mancanza di sviluppo del dibattito,mentre divampano, bruciano le pagine dei giornali e gli schermi delle tv nel vulcano delle rivelazioni, intercerttazioni, smentite, partenze e ripartenze? Non andava da principio l’idea di accendere il fuoco sotto il sedere dei cosiddetti “embedded”? Sono stati scelti male gli interlocutori? Non so e non voglio saperlo. Credo che una cosuccia la si possa dire. Gli intellettuali “embedded” o non “embedded” si sono rivelati cattivi protagonisti dello scontro mediatico . Recalcitrano sulle questioni generali o si limitano ad innescare una polemica per amor di presenzialismo o di ordini dei superiori. Reagiscono solo quando si mette in discussione il loro ultimo libro o la loro ultima apparizione in tv. Insomma, credo che gli intellettuali si siano rassegnati ad essere sempre meno protagonisti. In cuor loro, forse, sognano Pasolini e i suoi scritti corsari, ma sono- malgrado le intenzioni – le marionette di un teatrino giornalistico e televisivo , servovo per lanciare una polemica,per fornire qualche battuta perfida, per sfogare qualche rancore o frustrazione. Meno male però che certe inchieste franano. Esse entrano di diritto nella documentazione del nostro tempo, un tempo in cui le zuffe si possono tranquillamente organizzare a tavolino, e magari avendo i motivi per farlo, per poi scoprire che nessuno o solo qualche figura o figurina vi vuole partecipare. La informazione, alla luce di ciò, ne esce tuttavia ripulita. Non tocca leggere o sentire altri inutili grida che diventano fastidiosi e improvvisati rumori di fondo. Ce ne sono già tante di grida , in questa prima fase di campagna elettorale ai veleni e in salsa tv. La lunga,snervante marcia sugli schermi delle personalità politiche o parapolitiche è cominciata. I leader hanno l’agenda colma di inviti a questa o quest’altra trasmissione. Saranno mesi duri e appassionanti (?). Una folla di addetti- truccatori e parrucchieri, comparse e figuranti da mettere negli studi a fare massa, conduttori di ogni sesso e grado, dirigenti, pirtavoce ,eccetera- sono pronti, anzi sono già scattati. Da dietro le quinte, verso questo mondo, gettano un’occhiata languida, per scarsa partecipazione, gli intellettuali del flop, figli di un dio minore.
ITALO MOSCATI