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Giorgio Comaschi: “Non ho mai chiesto raccomandazioni. Con Raffaella anni meravigliosi, grazie a La Zingara ho comprato casa”

Giorgio Comaschi: “Avrei potuto condurre Quelli che il calcio, ero in ballottaggio con Fazio. Carramba fu una bellissima esperienza, realizzai sorprese ovunque. Non ho mai voluto lasciare Bologna e non mi sono mai fatto vedere nei corridoi romani. Mi considero una mosca bianca”

12 Maggio 2024 08:56

Ancora mi riconoscono, anche se manco dalla tv da tantissimi anni. Forse è merito di Techetecheté, dove ogni tanto riappaio”. Giorgio Comaschi ci scherza su, ma un po’ si stupisce del fatto che, dopo tanto tempo, la gente si ricordi della sua faccia. “Anzi, ad essere rimasta impressa è soprattutto la mia voce, è clamoroso – dichiara a TvBlog – questo perché la televisione è fruita pure da chi è in cucina e i programmi li ascolta soltanto. Il mio timbro non è passato inosservato”.

Settant’anni compiuti lo scorso febbraio, Comaschi si definisce innanzitutto un “calciatore fallito”, con un’esperienza giovanile maturata tra le fila del suo amatissimo Bologna: “Arrivai alle soglie della Primavera. Ero molto tecnico, però non ero dotato fisicamente. Vinsi un campionato italiano allievi e non venni confermato. In seguito giochicchiai in categorie minori, divertendomi. Era soprattutto mio padre a sognare quel tipo di carriera”.

Papà Nino, cronista di nera e fotoreporter, aveva a lungo immortalato le gesta della squadra rossoblu: “Da piccolo mi portava con sé dietro la porta a scattare le foto. A dieci anni mi guardai tutte le partite interne della stagione dello scudetto. Ero una mascotte, a tal punto che diversi calciatori divennero miei amici. Giacomo Bulgarelli venne alla mia cresima”.

La passione per lo spettacolo, tuttavia, non tardò ad arrivare: “Iniziai a suonare la chitarra, a fare teatro comico e a frequentare le osterie, nel mito di Guccini. Nel frattempo studiavo, ma interruppi l’università dopo 2-3 esami”.

Come si avvicinò invece al giornalismo?

Grazie ad Italo Cucci ci fu il primissimo contatto con Il Resto del Carlino. La domenica realizzavo le classifiche calcistiche. Successivamente fui assunto a Stadio, dove diventai giornalista professionista nel 1978. Infine, passai a Repubblica e mi nominarono responsabile dei settori ‘sport’ e ‘spettacolo’. Nel frattempo proseguivo con il cabaret, facendo in pratica due lavori. I miei colleghi non gradivano, perché con le serate guadagnavo più di loro.

A quel punto si presentò l’occasione di Galagoal.

Nel 1992 mi giunse da Luigi Colombo e Bulgarelli la proposta di condurre il programma di Tmc, che era itinerante. Andavamo nelle piazze delle città in cui si svolgeva la partita più importante. Ma Eugenio Scalfari mi pose di fronte ad un aut aut: ‘o il giornale, o la televisione’. Lo stipendio a Repubblica era buono, non sapevo cosa fare. In tal senso fu decisivo Lucio Dalla.

Perché?

Gli chiesi un consiglio, essendo abbastanza in confidenza. Gli spiegai la situazione e lui mi illuminò con una frase folgorante: ‘è come se ti avessero detto di scegliere tra mangiare tre chili di pomodori o volare. Tu devi rispondere ‘volare’”. Due giorni dopo mi licenziai.

Quel Galagoal aveva appena salutato Alba Parietti.

Esatto. Oltre a Bulgarelli, c’erano Altafini, Chinaglia e Boskov, che in quegli anni coniò tutte quelle frasi per cui è rimasto celebre. In diretta era abilissimo, uno dei più grandi comici che abbia mai conosciuto. Ci divertimmo tantissimo.

Da Galagoal a Quelli che il calcio il passo fu breve.

Devo ringraziare Marino Bartoletti. Partecipai a 5-6 puntate da inviato. Una volta mi collegai dallo spogliatoio del Parma mentre la squadra stava giocando col Milan. Feci addirittura il bagno nella vasca idromassaggio. Era la prima volta che si entrava in quei luoghi e il privilegio mi venne concesso grazie alla mia amicizia con alcuni calciatori, come Minotti e Di Chiara.

E’ vero che in origine fu in ballottaggio con Fazio per la conduzione della trasmissione?

Me lo rivelò Bartoletti, che suggerì me e Fazio per la guida del programma. Ma Angelo Guglielmi, che già conosceva Fabio, probabilmente non volle rischiare. Comunque non ho alcun rammarico.

I collegamenti con Fazio, ad ogni modo, contribuirono a farla conoscere a Raffaella Carrà.

Mi vide proprio in occasione di quella puntata da Parma. Mi fece telefonare per parlarmi di Carramba che Sorpresa e pensai ad uno scherzo. Lei e Japino ritenevano che avessi i giusti tempi televisivi per fare l’inviato. Presi parte ad una televisione, quella di Rai 1, che mai mi sarei sognato di fare. Furono due anni meravigliosi, ma per me era un altro mondo. Venivo dall’universo delle osterie, del cabaret e dello sport, quella nuova realtà mi incuriosiva parecchio.

A Carramba rimase per due edizioni.

Fu una bellissima esperienza, realizzai sorprese ovunque. Raffaella non mi confermò, ma avevo ugualmente deciso di andarmene.

Come mai la Carrà decise di sostituirla?

Probabilmente perché stavo diventando troppo visibile. Non temeva che la oscurassi, ci mancherebbe. In quello stesso periodo avevo iniziato a condurre La Zingara e aveva bisogno di una persona più anonima. Al posto mio arrivò Walter Santillo, che aveva altre caratteristiche. Raffaella mi stimava, tanto che anni dopo mi richiamò per delle sorprese particolari e mi segnalò per un programma del sabato sera di Rai 1 che sarebbe partito a breve. Alla fine però non se ne fece nulla.

Che trasmissione era?

Segreti e Bugie, che poi condussero Michele Cucuzza e Katia Ricciarelli. Fu un insuccesso, quindi forse mi andò bene. Ma questo è un esempio per spiegare quanto Raffaella mi ritenesse adatto ad una prima serata del sabato. Mi considerava rassicurante ed era convinta che avessi acquisito il patentino di Rai 1.

Citava La Zingara. Lei condusse ben quattro edizioni.

Con quel gioco mi ci sono comprato casa (ride, ndr). In giardino avrei voluto posizionare due busti, uno di Raffaella e l’altro della Zingara. Era il classico tappabuchi, lo piazzavano quando non sapevano cosa trasmettere, eppure totalizzava ascolti altissimi. Antonio Ricci una volta mi svelò che era l’unico competitor che dava davvero fastidio a Striscia. Prima che arrivasse Affari Tuoi, ovviamente.

Nel 2000 approdò a I Fatti Vostri.

Sì, sempre con Cloris Brosca. Guardì mi propose 200 puntate quotidiane. Stavo dal lunedì al venerdì a Roma e nel weekend rientravo a Bologna. Presenziavo al gioco del ‘camioncino’ e facevo dei piccoli monologhi. Con Michele ho sempre avuto un bel rapporto, ma non c’entravo niente con quella televisione.

Diverso il discorso per Velisti per Caso.

Beh, quel progetto era più nelle mie corde. Ho viaggiato sulla barca Adriatica e sostituito Patrizio Roversi e Syusy Bladi quando non potevano spostarsi.

E’ stato il suo ultimo impegno televisivo.

Direi di sì. Sai, a Bologna ho la mia vita, le mie attività, scrivo testi. Non mi sono mai fatto vedere nei corridoi romani, mi considero una mosca bianca. Non ero uno con l’ansia della carriera a tutti i costi, se capitava bene, altrimenti amen. Non ho mai chiesto o avuto raccomandazioni.

Lucio Dalla, dicevamo, fu un suo grande amico.

In ambito televisivo ideò per me Taxi, un programma di Rai 3 ancora adesso molto amato da Renzo Arbore. Inoltre, grazie a lui presentai con Milly Carlucci un Capodanno da Assisi. Mi fece fare la tonsura da frate dal barbiere, una pazzia. Condividevamo la passione per il Bologna, per il divertimento e la goliardia. Con lui e altri amici ho vissuto l’amore del fare tardi la sera, dello stare insieme.

Per questo non ha mai lasciato Bologna?

Qui ci sto benissimo, non ho mai pensato di andarmene altrove. Ho sempre puntato alla qualità della vita. Quando ho capito che la tv avrebbe potuto cambiarmi e farmi diventare uno stronzo, avvisai i miei amici: ‘se dovessi trasformarmi, datemi due sberle’. Volevo rimanere me stesso e avere l’obiettivo di andare a letto contento. Se ci riuscivo, ero felice. Non ho mai sgomitato.

Gli appassionati de L’Ispettore Coliandro l’hanno ammirata pure come attore.

Ho interpretato il geometra Zoboli per diverse stagioni. I Manetti Bros rimasero affascinati dal cazzeggio della Bologna notturna. E’ stata una bella esperienza e siamo rimasti in ottimi rapporti.

La sua abitazione divenne un set.

Confermo. Il mio appartamento diventò la casa di Gambero, il collega di Coliandro impersonato da Paolo Sassanelli.

Al netto di Galagoal, abbiamo parlato esclusivamente di esperienze in Rai. Si sente un volto del servizio pubblico?

Hai ragione, non sono mai andato da altre parti. Non a caso, in molti pensavano che avessi un contratto fisso con la Rai, quando invece erano accordi a progetto. Mi hanno sempre identificato come uno della tv di Stato, anche se ad un certo punto non mi hanno più chiamato. Una volta Aldo Grasso scrisse che non ero né carne, né pesce. Facevo tante cose senza essere troppo definito. Era un’analisi veritiera. Se mi fossi concentrato su una roba sola, avrei conseguito il successo con quella roba lì. Invece mi sono mosso su più campi. Ma non ho rimpianti.

Mollata la tv, di cosa si è occupato?

Sono stato molto impegnato a teatro. Nel 2008 portai in scena uno spettacolo su Guglielmo Marconi, che sto ancora facendo. Lo ho proposto in tutto il mondo: Australia, Canada, Belgio, Inghilterra. Ora, in occasione del 150esimo anniversario della nascita, lo sto portando nelle scuole. Poi ho realizzato spettacoli su singoli personaggi, come ‘Commendator Paradiso’, dedicato a Renato Dall’Ara e allo scudetto del 1964. Lo riproporrò, visto che nel 2024 ricorrono i sessant’anni da quel trionfo.

Ha anche riabbracciato il giornalismo.

Per anni ho collaborato col Resto del Carlino, dove curavo la rubrica ‘La mosca’. Scrivere è la cosa che mi riesce meglio, ma attualmente lo faccio meno. Oggi mi potete trovare sul sito di Repubblica, con ‘I piatti degli altri’. Confeziono dei video sui ristoranti etnici di Bologna. Sono clip di quattro minuti che mi regalano molte soddisfazioni.

E’ molto attivo sui social.

Mi piacciono e mi assicurano un grandissimo indotto. Lì porto avanti la mia campagna contro gli inglesismi sforzati che ha ispirato un altro mio spettacolo, ‘Zin Zin’. E’ un monologo comico dove me la prendo con chi utilizza termini come ‘location’, ‘call’, ‘feedback’ e altro ancora.