Home Interviste Giammarco Sicuro: “L’evacuazione dalla Russia? Eravamo pronti anche a rimanere. A breve tornerò sul campo”

Giammarco Sicuro: “L’evacuazione dalla Russia? Eravamo pronti anche a rimanere. A breve tornerò sul campo”

Rientrato ieri dopo il ritiro dalla Russia, Giammarco Sicuro, inviato del Tg2, racconta a TvBlog la sua esperienza sul campo in questi giorni.

8 Marzo 2022 10:21

Fra i quattro inviati Rai presenti in Russia lo scorso sabato quando la Rai ha deciso il loro ritiro c’era anche Giammarco Sicuro, inviato di esteri per il Tg2. Ecco il suo racconto degli otto giorni trascorsi a Mosca e dell’evacuazione avvenuta nel pomeriggio di sabato.

Quando arriva la decisione di partire per Mosca?

Noi siamo partiti venerdì 25 febbraio, proprio all’indomani dell’invasione, perché avevo già i visti, dato che era comunque già stato messo in programma di andare.

Il rimanere a Mosca per tutto il periodo però non è stata una vostra scelta.

L’obiettivo iniziale, prima dell’invasione russa, era andare in Donbass. Il visto giornalistico di Roma però non era sufficiente: serviva la tessera stampa che viene rilasciata dal ministero degli affari esteri russo e permette di lavorare in tutto il paese. Purtroppo però con l’invasione hanno bloccato tutte le pratiche e la tessera non mi è mai stata data.

Qual è la situazione che hai trovato una volta arrivato in Russia?

La situazione è degenerata progressivamente nei giorni successivi all’invasione: quando siamo arrivati ancora non era stata presa nessuna decisione restrittiva nei confronti dei media. Tutto è precipitato poi dopo, a partire dal crollo del rublo e dagli effetti delle sanzioni internazionali.

Domenica 26 febbraio sei stato fermato dalla polizia russa.

C’era una fortissima sensazione di ostilità da parte delle forze di polizia nei confronti di noi giornalisti che riprendevamo le immagini degli arresti.  Ci trovavamo a documentare questi arresti quando cinque, sei agenti russi molto armati ci hanno preso da parte, con modalità piuttosto minacciose. Ci hanno chiesto diverse volte i documenti, che noi ovviamente abbiamo mostrato perché eravamo del tutto in regola per poter lavorare a Mosca. Poi siamo stati di fatto minacciati: se avessimo continuato con le riprese, avrebbero arrestato me e la producer. A quel punto ce ne siamo dovuti andare. Quello stesso giorno dei colleghi americani sono stati arrestati: devo dire che siamo stati fortunati.

Hai raccontato anche sulle tue stories Instagram che nei giorni dopo hai svolto sempre i collegamenti fuori dal tuo hotel su un una stessa mattonella. È stata più una scelta logistica o per tutelare la vostra sicurezza?

Sicuramente ci sono entrambe le motivazioni. Per logistica, date le numerose richieste di collegamenti che arrivavano, era certamente meglio rimanere vicini al luogo dal quale montavamo anche i servizi, ovvero l’hall dell’albergo. Al di là di quello, il tema fondamentale era la sicurezza, soprattutto a partire da venerdì scorso quando è stata approvata la legge che punisce fino a quindici anni chi diffonde quelle che il Cremlino giudica come “false informazioni”. Una mattina c’è stato un blitz della polizia all’interno di un’organizzazione non governativa che si occupa di diritti civili: io volevo andare lì per fare delle riprese, ma sono stato fermato. Bisognava cercare di farsi vedere il meno possibile dalla polizia. Stava così già diventando impossibile lavorare.

Come avveniva invece il coordinamento fra voi giornalisti Rai presenti in Russia?

Con Marc Innaro c’era un coordinamento costante perché all’interno delle edizioni del Tg2 lui trattava i temi più di politica internazionale, mentre io mi occupavo principalmente dei dissidenti interni.

Quando e come vi è stata comunicata la decisione da parte della Rai di abbandonare la Russia?

Dopo le decisioni assunte venerdì pomeriggio dalla BBC e dalla CNN, abbiamo avuto un lungo incontro fra noi giornalisti Rai che ci trovavamo in Russia per capire come continuare a lavorare nel paese. La decisione ovviamente non spettava a noi. Il giorno seguente dopo il tg delle 13:00 sono stato chiamato dal mio direttore che aveva ricevuto l’ordine da parte di Fuortes di sospendere ogni attività. Siamo stati tutti richiamati in albergo e ci siamo messi subito alla ricerca del primo volo.

Sei tornato a Roma dopo aver preso un aereo per Dubai. C’è stata inizialmente apprensione per il vostro rientro?

Viaggiare per la Russia e dalla Russia in questo momento è molto difficile perché diversi paese hanno chiuso lo spazio aereo della Russia e molti russi invece vogliono andarsene. Per noi le uniche alternative erano Istanbul, per il quale tutti i voli erano pieni, o Dubai, disponibile solo per il giorno successivo. Abbiamo così fatto sei ore di volo domenica da Mosca a Dubai e poi altre sei da Dubai a Roma.

Siete quindi tutti rientrati in Italia? Marc Innaro e Sergio Paini, i due corrispondenti Rai dalla Russia, sono invece rimasti ancora là?

La sede Rai a Mosca è momentaneamente chiusa e le attività sono bloccate fino a nuova decisione dell’azienda. Marc e Sergio sono stati messi immediatamente in ferie ed essendo Mosca il loro luogo di lavoro non hanno dovuto lasciare la Russia. Noi inviati invece siamo tornati tutti insieme sullo stesso volo, ad eccezione di Nico Piro che si trovava a Rostov.

Nell’incontro che si è svolto venerdì pomeriggio fra voi giornalisti Rai non è emersa nessuna particolare volontà fatta presente poi all’amministratore delegato?

Noi eravamo disponibili sia a continuare sia a rientrare nel caso in cui l’azienda ce l’avesse richiesto. La decisione che è stata poi presa il giorno seguente non è sicuramente arrivata da un nostro input.

Da cronista ti sarà dispiaciuto lasciare però momentaneamente il racconto sul campo.

Noi eravamo disponibili a continuare anche con i rischi che correvamo perché mi dispiace ora, visto anche quello che continuiamo a ricevere dai nostri collaboratori in Russia, non poter dare una voce più indipendente rispetto alla propaganda russa. Capisco però perfettamente la decisione presa dalla Rai, che dà il senso della gravità e della grandezza del conflitto.

Tornerai a breve a raccontare questo conflitto sul campo?

Essendo un inviato di esteri credo che tornerò presto sul campo, essendo questo un conflitto destinato a durare, almeno sicuramente nelle sue conseguenze, che saranno a lungo termine. Mi sposterò a breve su un altro scenario di questo conflitto.