I Mondiali e quell’oasi felice chiamata Gialappa’s Band

La Gialappa’s (in versione a due) commenta i Mondiali su Twitch. Al fianco di Santin e Gherarducci c’è di nuovo Pellegatti, già rivelazione agli Europei

 

L’oasi felice di questi Mondiali, ancora una volta, si chiama Gialappa’s Band. Fuori da radio e televisione, il trio – nel frattempo divenuto duo – ha trovato riparo su Twitch, come era già accaduto in occasione degli Europei, un anno e mezzo fa.

Versione ridotta, dicevamo, con i soli Marco Santin e Giorgio Gherarducci pronti a commentare le partite a partire dagli ottavi di finale. Carlo Taranto non c’è e l’assenza ormai non è più un mistero. La sua “pigrizia”, accompagnata ad un distanziamento fisico dagli altri componenti che dura da quattro anni, è di dominio pubblico e se da un lato ha disilluso i fan più romantici, dall’altra ha perlomeno ufficializzato la nuova formazione che, in Twitch dire Mondiali, si è (ri)avvalsa di un altro Carlo, di cognome Pellegatti.

Sorpresa indiscussa agli Europei, l’ex telecronista rossonero si sta ripetendo ad altissimi livelli. Perfettamente inserito negli ingranaggi, Pellegatti è una spugna che assorbe tutto: ironia, sfottò, prese in giro, anche le più crudeli.

Una vita per il Milan, condizionata dal Milan, svolta in funzione del Milan. E così ecco i viaggi all’estero con la moglie legati ad una trasferta della sua squadra, la visione pure delle amichevoli più inutili e un tabù chiamato Inter, ovviamente cavalcato da Marco e Giorgio: “E se tua figlia ti presentasse come fidanzato Lukaku?”. Pellegatti sbianca e, manco a dirlo, arriva il carico: “Pensa a quando ti chiamerà papà”.

Pellegatti è l’ultra boomer nel canale dei super-giovani. Cita film degli anni sessanta, segnala somiglianze di calciatori con attori sconosciuti e regala aneddoti a valanga. Come quello del soprannome di Ruud Gullit in Giappone, scoperto nel 1990 quando il Milan andò a giocarsi l’Intercontinentale: “Dagli spalti urlavano fritto”. E di fronte ai dubbi della Gialappa’s, Pellegatti piglia il telefonino e senza esitazioni contatta Alberto Cerruti della Gazzetta dello Sport. Che conferma la ricostruzione.

Tutto va in scena mentre sul tavolo è costantemente esposto il libro autobiografico “Mai dire noi”. Oltre 400 pagine che racchiudono trentacinque anni di carriera. Capace di arricchirsi di un capitolo nuovo.

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