Home Notizie Deal With It, Gabriele Corsi a Blogo: “Il Covid non ha cambiato lo spirito del gioco, anzi: c’è ancora più voglia di divertirsi”

Deal With It, Gabriele Corsi a Blogo: “Il Covid non ha cambiato lo spirito del gioco, anzi: c’è ancora più voglia di divertirsi”

Alla vigilia del debutto, una chiacchierata con Gabriele Corsi sulla seconda stagione di Deal With It e soprattutto sulla tv, al di là del Covid…

pubblicato 31 Agosto 2020 aggiornato 5 Aprile 2021 15:14

Fortunato“: se c’è un aggettivo che Gabriele Corsi usa con gran frequenza per raccontarsi è proprio questo. Un uso linguistico che testimonia però soprattutto altro, ovvero il suo modo di rapportarsi al lavoro, alla vita, allo ‘showbiz’ che sa anche di umiltà e consapevolezza. “Ma sai, alla fine la gente ha altri problemi… se anche domani dovessi fare qualche altra cosa o non comparire in tv per un po’ ma sai alla gente cose gliene importa…“, dice sorridendo. E chi bazzica l’ambiente sa come la presa di coscienza di sé nell’universo sia una qualità rara da trovare (e non solo in tv). ‘Costanza’ e ‘coerenza’ sarebbero altre due parole chiave che userei per delineare il profilo di un professionista che ha sempre messo la faccia in quello che ha proposto al pubblico, radiofonico, web o televisivo che fosse, e che torna questa sera su Nove con la seconda stagione di Deal With It – Stai al gioco, in onda dal lunedì al venerdì alle 20.30, in quell’access prime time che resta una delle fasce più pregiate e competitive dei palinsesti tv. E che vede Discovery partire con un po’ di anticipo sulle generaliste.

Per questa seconda stagione – firmata sempre da Banijay Italia per Discovery Italia – sono state realizzate 45 puntate, alcune delle quali girate prima del lockdown e che quindi ci riporteranno a una convivialità ormai superata, mentre altre realizzate con le nuove regole anti-Covid. Altre 45 sono in lavorazione per la terza stagione che debutterà nel 2021. La vera novità di questo secondo blocco è nelle trasferte a Napoli e in una località marittima ancora segreta che aggiungono a Roma e a Milano come cornice alle trappole che Gabriele e i suoi ospiti ordiscono alle spalle di inconsapevoli vittime, chiamate in causa da ‘amici’ e conoscenti. Tra i nomi che affiancheranno Corsi in questa seconda stagione ci sono Elio, Ciccio Graziani, Paolo Calabresi, Matteo Branciamore, i ritorni di Frank Matano, Lucia Ocone, Scintilla, The Show e l’immancabile Trio Medusa, mentre la tranche napoletana porta nel programma The Jackal, Marisa Laurito, Francesco Paolantoni, Gigi e Ross, Tosca D’Aquino e Fatima Trotta. E sono solo alcuni dei nomi che vedremo all’opera da questa sera.

Ma al di là di un format che torna, questo inizio di stagione segna anche la ripartenza di un intero settore, quello dell’intrattenimento tv, che ha dovuto fare i conti con una ridefinizione delle procedure produttive, con l’adozione di protocolli sanitari, col rispetto delle norme di distanziamento fisico che diventano un ‘ostacolo’ nella scrittura di programmi che, come questo, fanno della convivialità, della complicità, della spontaneità uno dei principali motori d’azione e racconto. E di tutto questo abbiamo parlato con Gabriele Corsi, che riesce ad essere trascinante, sorridente, coinvolgente anche al telefono in un bollente pomeriggio di fine agosto.

Innanzitutto come stai? La domanda è d’obbligo, non solo per il periodo, ma anche per capire come sta andando questo ritorno al lavoro, anche se va detto che non ti sei fermato molto, neanche nel periodo del lockdown.

Come sto? Non posso lamentarmi, dai. Il periodo è senza dubbio complicato, ma guardiamo sempre avanti. Come dicevi io non mi sono mai davvero fermato: l’impegno in radio è continuato, fortunatamente, anche perché per me è stato importante per me riuscire a far compagnia alla gente in un momento così complesso. Uso un termine improprio, lo so, ma è stato ‘bello’ stare vicino alla gente sia su Radio Deejay e poi con Amore in Quarantena, un programma di cui sono davvero contento. E’ stato un format per certi versi ‘ricoluzionario’ per Rai 1, che ha fatto il 9.5% a ridosso del lockdown. Un’esperienza incredibile, davvero, al netto dei risultati, ma proprio per la risposta avuta dai telespettatori.

Ora però si riparte in una situazione ancora diversa da quella dell’immediato post-lockdown…

Riprendere tutto quello che è stato lasciato in sospeso non è proprio facilissimo, ma per carità non sono certo questi i problemi portati dalla pandemia: c’è chi non ha lavoro, chi ha difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena… Affrontare una stagione tv diversa dalle altre non è davvero così importante.

Guardiamo avanti, dicevi, e a dare un’occhiata al promo della nuova stagione di Deal With It viene da dire che nonostante il periodo, il programma è cresciuto.

Intanto le prime puntate in programma sono quelle realizzate prima del lockdown e quindi vedrete cose che poi non sarà più possibile fare, come toccarsi, andare in giro per i locali o avere due o più ospiti in cabina, come successo con gli amici del Trio Medusa, Gigi e Rosso o The Jackal per esempio. Nelle puntate ‘post’ mentre bisognerà mantenere la distanza, differenziare i microfoni, insomma tutta una serie di accortezze che permettono di lavorare in sicurezza, ma non cambia lo spirito del gioco. Anzi. Devo dire che alla vigilia temevo un cambio di clima e invece nelle puntate realizzate dopo ho riscontrato ancora più voglia di giocare, di divertirsi, di scherzare, come se questa esperienza ci avesse dato più consapevolezza di quel che abbiamo quotidianamente. Eravamo liberi e non lo sapevamo. Speriamo che la lezione duri a lungo, ma a guardarmi intorno direi che non c’è molto da sperare…

Ovviamente l’attenzione di questo kick-off stagionale è rivolta ai cambiamenti imposti dalle norme anti-Covid: quali sono stati i principali?

Come ti dicevo, lo spirito del programma non è cambiato, sono cambiate le ‘tecniche’ di lavoro e le routine:ormai facciamo tutti il tampone quasi tutti i giorni e il sierologico quasi a cadenza settimanale. Tante le accortezze nella scrittura del programma, e con scrittura intendo nella definizione del canovaccio che fa da traccia alle dinamiche dei concorrenti e all’improvvisazione. Per fare un esempio non possiamo più dire al concorrente di alzarsi dal tavolo e dare una pacca sulle spalle al cameriere, dobbiamo sempre creare dinamiche tenendo le giuste distanze: in questo, quindi, le differenze si sentono, ma sull’umore, sul mood per fortuna non è cambiato nulla. è un gioco nel quale devi divertirti per divertire.

Quanto conta la ‘location’ nella riuscita della puntata?

Guarda, Napoli ha dato grandissime soddisfazioni (sorride). E poi la possibilità di girare per il Paese dà l’occasione anche di incontrare persone e situazioni che altrimenti non avresti incrociato e di giocare con dialetti ed espressioni sempre diverse. In ogni puntata, inoltre, la scelta del ‘set’ è strategica: scegliere piazza Gae Aulenti a Milano vuol dire ‘pescare’ anche turisti, così come è successo anche a Napoli.

Ma è capitato che abbiate dovuto rifare pezzi, tagliare scene per ‘eccesso’ di confidenza?

L’attenzione è massima. Direi che più fuori dal set si avverte una sensazione generalizzata di volersi lasciare tutto alle spalle, di attivare un meccanismo di rimozione, ma il Covid c’è, ci dobbiamo convivere senza patemi d’animo, senza fobie, ma consapevoli che ne va della salute nostre e delle persone che ci sono vicine. Io non mi posso permettere di ammalarmi e magari passare il virus ai miei genitori, che non sono più giovanissimi, condannandoli a morte. Il problema è che si sentono dichiarazioni irresponsabili motivate da interessi politici ed economici e questo è davvero grave.

Dicevi all’inizio che per te è stato bello tenere compagnia al pubblico nel periodo del lockdown. Questo periodo ha cambiato il tuo approccio al lavoro?

Io ho avuto la fortuna di avere, ogni tanto, degli schiaffi dalla vita. Dico davvero ‘fortuna’ perché quando arrivano al momento giusto ti aiutano a farti capire chi sei, che posto hai nel mondo, quanto il successo sia relativo, quando i veri problemi siano altrove, nei villaggi africani che ho visitato col Trio Medusa per il CESVI. Io ho lavorato tanto, arrivavo a casa esausto e ho sempre ringraziato per avere avuto questa fortuna, mentre tantissimi stanno in cassa integrazione, hanno chiuso negozi che non sanno se riapriranno e ho anche la fortuna di poter stare a casa…

In che senso?

Nel senso che non per tutti stare a casa è un vantaggio. Anche per questo devo ammettere che non ho fatto moltissimi appelli per lo stare a casa: per carità, li abbiamo fatti ed è stato importante, ma non è una cosa che si può dare tanto per scontata. Ci arrivavano messaggi che raccontavano di otto persone chiuse in case di pochi metri quadri, situazioni molto più frequenti di quanto non si pensi e di cui i segnali ci sono e arrivano. Se li sai leggere allora capisci anche che anche in appelli come questi bisogna avere un po’ di tatto nell’entrare nelle vite degli altri e un po’ di considerazione della realtà di chi ti ascolta più di chi ti circonda… E’ una questione di educazione, di classe se vuoi, ma anche di sostanza.

A proposito di sostanza, se c’è una cosa che ti si deve riconoscere è la coerenza nelle scelte di lavoro e anche la lucidità e l’attenzione nel costruire i tuoi programmi perché siano a loro volta coerenti a te. E immagino che questo sia costato, anche in termini professionali…

Guarda, niente è gratis nella vita, niente. La mia più grande fortuna è sempre stata quella di avere la possibilità di scegliere. Diciamoci la verità: se avessi avuto bisogno di dare da mangiare ai miei figli avrei accettato tutto quello che mi veniva proposto, mi sarei fatto andare bene qualsiasi tipo di programma. Ho avuto la fortuna di poter scegliere e ho fatto delle scelte che sono state non dico coraggiose ma, come dici tu, coerenti. Ho detto dei gran no, anche di grande visibilità, alcuni per i quali mi si potrebbe dire che sono matto, ma ho detto no anche a cose che non credevo di essere in grado di fare, sinceramente. Anche recentemente ho detto no a programmi che tutti magari vorrebbero, su emittenti anche importanti, ma cerco di fare cose che mi corrispondono e cerco anche di non tradire la fiducia e la credibilità che mi sono guadagnato negli anni presso quella piccolissima porzione di mondo che mi segue. Cerco di non deludere, così come non vorrei che i personaggi che amo mi deludessero: poi magari non ci riesco lo stesso, ma almeno ci ho provato. E con una mia ‘coerenza’.

C’è qualcosa che ti hanno insegnato queste due stagioni di Deal With It?

Per prima cosa che siamo un popolo di improvvisatori e di bugiardi (ride); la seconda è che abbiamo una goliardia innata, una capacità di scherzo, di zingarata alla Amici Miei che non trovo in nessun’altra versione di questo format, che ha comunque adattamenti in mezzo mondo.

Devo dire che Deal With It è uno di quei programmi adatto a te e che ti sei anche tagliato su di te….

Beh, diciamo che ho la fortuna, e a volte anche la lucidità, di scegliere format al loro debutto italiano. Quando tu subentri a qualcun altro è ovvio che scattino i paragoni, mentre quando parti con un programma nuovo hai la possibilità di dare il tuo stile, la tua impronta al format, anche se è un acquisto.

Beh, questo è un programma che in mano a un altro potrebbe essere tutt’altro, molto più imbarazzante, cattivo, per certi versi ‘violento’…

Sicuramente. Come dice Frank Matano lo scherzo è una cosa cattiva, anche sadica. Noi invece mediamo, rendendo tutto molto più smussato e divertente. Va detto che c’è un’attenzione maniacale sui contenuti: se qualcuno non ne esce bene sono il primo a volere che non vada in onda, a suggerire al protagonista di non firmare la liberatoria se non si sente a proprio agio dopo aver visto il montato. Io, con tutta la squadra sia chiaro, non voglio che i concorrenti abbiano il pur minimo rimpianto e non voglio che la partecipazione comporti imbarazzo o anche la minima sofferenza, tantomeno per un programma tv. Voglio che vadano via di qua sorridendo. E’un gioco e tale deve restare.

Una cosa per certi versi ‘rivoluzionaria’, ma che rientra nella logica dell’impronta e della coerenza di stile, in fondo. E in questo gioco ci metti la faccia, sotto tutti i punti di vista….

Non è questione di essere ‘rivoluzionario’, le rivoluzioni, lo sappiamo, sono altre. Il ragionamento è semplice: qui da me si cucina così. Quel tipo di televisione, che fa leva sulla sofferenza, non mi appartiene. Attenzione, non è un giudizio di merito: se la volete fare, fatela pure, ma io personalmente non la faccio perché sono il primo ad esserne imbarazzato. Per il resto ho sempre messo la faccia nelle cose che faccio e me ne sono sempre preso le responsabilità: se il programma va bene è merito della squadra, se va male è colpa mia..

Al netto dei no detti a tante diverse proposte, c’è qualche progetto non solo televisivo che accarezzi?

Guarda, mi piacerebbe molto tornare al cinema, davvero molto. Mi manca la vita da set. Devo dire che mi piacerebbe anche tornare a teatro, però c’è bisogno di una preparazione, di impegno, di tempi davvero complessi. Insomma, l’esperienza attoriale pura mi manca molto. In tv invece sarei felicissimo di riportare dei format storici anni ’80, come Il Pranzo è servito per intenderci.

Eh vabbè, i grandi classici proprio! Sfondi portoni apertissimi qui…

Guarda, anche per Deal With It ho voluto delle ‘citazioni’ di quella tv, diciamo così. Nonostante oggi ci siano delle telecamere ottime poco più grandi di uno spillo, ho richiesto che ci fossero delle vere e proprie camere, in omaggio a Specchio Segreto di Nanni Loy, alla cui tradizione in fondo il programma si ispira. E poi c’è la regia di Matteo Martinez: è uno dei pochi programmi di candid camera con delle immagini pulitissime. Anche questo è un omaggio a quella tv che ha fatto storia…

Noi non possiamo che ringraziare Gabriele per la disponibilità e per la chiacchierata. E anche per questi dettagli più tecnici che ci dimostrano come, al netto del format leggero, ci siano modi e forme per costruire una tv leggera, ma non querula. Il riferimento alle camere è un richiamo alla tradizione, che viene rinnovata e soprattutto ricordata. In fondo nessuno inventa (più) nulla (o quasi), ma (ri)conoscere la storia e citarla nei programmi di oggi è una ricchezza che va, secondo noi, sottolineata. E fa parte di uno stile di racconto: quello di Gabriele Corsi è senza dubbio riconoscibile, all’insegna della misura, sempre divertente ma mai sopra le righe, di un’eleganza contemporanea e mai pedante e del rispetto per sé, per il proprio lavoro, per il pubblico e per chi gioca con lui. E sono doti rare, come dicevamo, non solo in tv.