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CLAUDIO, LA VOCE DI GOMMA…

Lo faccio malvolentieri. O meglio ricordo volentieri Claudio Capone che se n’è andato a soli 55 anni in un albergo della Scozia, paese dove stava lavorando a un documentario. Ma lo faccio malvolentieri perchè ho incontrato Claudio pochissimi giorni fa al Centro di produzione del Salario, a Roma, e non so rassegnarmi alla sua morte.

25 Giugno 2008 21:03

Claudio Capone Lo faccio malvolentieri. O meglio ricordo volentieri Claudio Capone che se n’è andato a soli 55 anni in un albergo della Scozia, paese dove stava lavorando a un documentario. Ma lo faccio malvolentieri perchè ho incontrato Claudio pochissimi giorni fa al Centro di produzione del Salario, a Roma, e non so rassegnarmi alla sua morte. Ci si incontrava spesso al Salario, a Saxa Rubra e in tutti quei siti dove c’era impetuoso bisogno della sua voce per doppiare telefilm come “Beautiful”, insieme a tanti altri film per il cinema e ancora per la tv; o documentari con o senza Angela, molte volte documentari naturalistici in cui leoni e altri animali dalle unghie e dai denti più forti seviziavano innocenti e tenere gazzelle, o placidi bovini selvaggi.

Quella voce era fantastica. Di gomma. Gomma liquida. Dura, resistente più quella dei copertoni di qualsiasi ruota della vita. Era una voce capace di modulare intonazioni con grazie, tenerezza, commozione, intensità, drammaticità senza incrinarsi mai, senza avere un cedimento, ma solo carezze nei momenti più crudeli ed emozionanti o brividi negli attimi di sentimento e di coinvolgimento psicologico. La sua carriera aveva spaziato tra grandi e piccoli schermi ma era sempre stata fedele alla tv, questa gran macchina di traduzioni, montaggi, doppiaggi che sfama o arricchisce attori-doppiatori di grande valore che non sempre, anzi raramente, hanno avuto la possibilità di esibirsi con la loro immagine.

Poteva accadere negli anni della gioventù e poi, magari, con le prime incrinature sul volto o nel corpo questi prodigi di voce o meglio di voci venivano costretti a rifugiarsi nella stretta cameretta della fonica dove, al lume di fioche abat jour, facevano vivere amore, delitti, passioni, lacrime, abiezioni e misticismi sublimi.
C’è stato un periodo in cui non volevo prendere Claudio a lavorare con me perchè lo sentivo inflazionato, presenzialista, prezzemolino di fiction e di doc. La sua voce elastica mi pareva suonasse falsa perchè troppo usata, e persino troppo convenzionale. Non so se avevo ragione o torto. Ne parlammo con franchezza.

Fumava sigari toscani e la nostra conversazione si svolse in piene nuvole, entro le quali mi parve di scorgere nel suo volto – un bel volto pulito, occhi e capelli vivi – una rassegnazione dovuta più che altro al fatto che comunque lavorava, lavorava bene, guadagnava. Cosa poteva rappresentare per lui un’occasione perduta?
Ma l’occasione venne. La volevamo entrambi. Ce la offrirono e accettammo. Ci incontrammo, dopo esserci compiaciuti a vicenda per il ritrovamento che aveva atteso un po’ troppo, a un bar per scambiarci opinioni sul lavoro da compiere. Nulla sembrava accaduto. Nulla aveva lasciato tracce. Come se l’opportunità fosse desiderata e favorita, si fa per dire, da un segno del destino.

Diede ancora una volta una prova straordinaria. Il consunto dall’uso ci tenne a dimostrare che era integro, che i molti turni non lo avevano fiaccato, che l’entusiasmo non aveva perduto freschezza. Gliene fui e gliene sono grato.
Un reincontro che mi porto dentro. Se accendevo il televisore continuavo a sentirlo nei mille e uno canali degli zapping senza motivo,ed eccolo tra i pesci nei fondali marini, negli spazi nelle rievocazioni dei voli spaziali, nelle più diverse e funamboliche trasformazioni tenute a bada da uno stile sicuro, svelto, partecipato.
Era una voce che non ritorna in altri. Come non tornano gli acuti di certi tenori.

La sua voce dava il meglio quando era tenuta ai toni bassi, sommessi, intimisti. Ma erano pur sempre acuti.
Claudio, non mi preoccupo. Mi addolora quel che all’improvviso ci è accaduto. Ma non mi preoccupo. Ti sentirò e ti risentirò. Un eterno ritorno. Ogni volta ti sarò grato e mi commuoverò. Non poco.
ITALO MOSCATI